LA SOCIETÀ FEUDALE
Nei molti secoli durante i quali
il feudalesimo rimase in vigore in Europa, la società era rigidamente divisa in
tre gruppi, chiamati ordini:
- i nobili, chiamati anche
cavalieri, poiché combattevano a cavallo
- i lavoratori, in grandissima
maggioranza contadini
- gli ecclesiastici, cioè coloro
che appartenevano alla Chiesa (sacerdoti, vescovi, cardinali, monaci e
monache), che si dedicavano alla vita religiosa.
Tra un gruppo e l’altro la
divisione era netta: un lavoratore non poteva diventare nobile e un nobile non
diventava contadino neppure se si impoveriva; un uomo o una donna che avevano
pronunciato i voti, diventando monaco o (solo per gli uomini) sacerdote, non
potevano più rinunciarvi.
I NOBILI
I nobili costituivano il gruppo
(la classe sociale) superiore. Spesso i feudatari nobili ottenevano dal re
l’immunità, cioè esercitavano sul feudo tutti i poteri del re: amministravano
la giustizia (potere giudiziario), cioè facevano da giudici in tutte le cause
in cui ci fossero delle discordie o qualcuno avesse commesso un reato,
infliggendo multe o punizioni; arruolavano gli abitanti del feudo nell’esercito
per fare la guerra (potere militare); riscuotevano i tributi (potere fiscale).
La principale attività dei nobili
era la guerra: essi combattevano a cavallo ed erano difesi da un’armatura. In
guerra evitavano, se possibile, di uccidere i nobili dell’esercito nemico:
cercavano, invece, di catturarli, perché i prigionieri dovevano pagare un forte
riscatto per riottenere la libertà. Villaggi, città e castelli conquistati
venivano saccheggiati: tutto ciò che era di valore veniva preso e faceva parte
del bottino di guerra. La guerra era perciò un’occasione per arricchirsi,
soprattutto per i nobili senza terre, come i figli minori di un feudatario
esclusi dall’eredità (che andava al primogenito), o con un feudo troppo piccolo
per vivere dignitosamente. Equipaggiarsi per la guerra richiedeva molte spese,
per l’acquisto di armature, armi e cavalli.
Cavalieri normanni all’attacco di una città francese (arazzo di Bayeux
dell’XI secolo)
L’equipaggiamento di un cavaliere
comprendeva innanzitutto la lancia e la spada, che si usavano nei combattimenti
ravvicinati. Il corpo era protetto da una cotta di maglia (armatura composta di
anelli metallici uniti gli uni agli altri), sostituita poi, tra il XIV e il XV
secolo, da un’armatura, che rendeva il cavaliere quasi invulnerabile, finché
rimaneva a cavallo. Se però il cavaliere cadeva a terra, ad esempio perché il
cavallo veniva abbattuto, il grande peso dell’armatura diveniva un ostacolo ai
movimenti e i fanti potevano facilmente uccidere o catturare il cavaliere.
Sulla testa il cavaliere portava un elmo e al braccio uno scudo, che poteva
essere appeso al collo per lasciare libere le mani durante una carica.
Armi e armature medievali conservate al Landeszeughaus
di Graz (Austria)
Le guerre combattute durante il
Medioevo furono assai numerose: gravissimi furono i danni da esse provocate
alla popolazione. A farne le spese erano soprattutto i poveri, gettati a
combattere nella mischia e massacrati senza pietà. La violenza nei confronti di
coloro che non combattevano non era minore: i villaggi venivano incendiati, le
vigne tagliate, i raccolti distrutti, gli animali uccisi per avere cibo,
perfino le chiese e i monasteri erano saccheggiati. Le donne subivano ogni tipo
di violenza e nemmeno i bambini venivano risparmiati.
Lo scontro di Roncisvalle tra i Baschi e la retroguardia dell’esercito
di Carlo Magno,
in una miniatura del XIV secolo conservata alla Bibliothèque
Royale di Bruxelles
La guerra era un’attività
maschile: le donne ne erano escluse e venivano invece preparate al matrimonio;
esse però potevano ereditare il feudo.
Quando non erano in guerra, i
nobili amavano moltissimo banchettare: riunirsi intorno a una tavola per
mangiare era una delle principali occasioni di vita sociale e le persone con
cui si condivideva il cibo erano i compagni delle imprese di guerra, quelli su
cui si poteva realmente contare. Si mangiava e si beveva moltissimo, tanto che
non erano rare le malattie dovute all’eccesso di cibo, come la gotta (ne
soffriva anche Carlo Magno). I banchetti erano rallegrati da giocolieri,
ballerini, suonatori e buffoni.
Il banchetto di Capodanno del Duca di Berry, miniatura del XV secolo al
Musée Condé di Chantilly
La caccia era un’altra attività
molto amata dalla nobiltà: venivano organizzate battute di caccia ad animali di
grossa taglia, come il cervo, l’orso, il lupo e il cinghiale. La caccia era
un’occasione per usare le armi e serviva anche come allenamento alla guerra. In
Francia e poi in Italia si cacciava anche con il falcone addestrato, che
catturava in volo altri uccelli.
Nel Basso Medioevo (dall’XI
secolo) si diffusero i tornei: combattimenti organizzati come gara e
spettacolo, in cui si cercava di sconfiggere l’avversario disarcionandolo (cioè
facendolo cadere dal cavallo), senza ucciderlo. Il cavaliere sconfitto doveva
pagare il proprio riscatto al vincitore, come in guerra. I tornei venivano
frequentati soprattutto dai cavalieri giovani, per i quali erano un’occasione
per esercitarsi nell’uso delle armi, per imparare ad affrontare il pericolo e
soprattutto per arricchirsi.
Un torneo tra nobili cavalieri in una miniatura spagnola del XV secolo
(Madrid, Biblioteca dell’Escorial)
La vita del nobile si svolgeva
all’aria aperta, in frequenti spostamenti per la guerra, la caccia, i tornei.
La donna nobile, invece, passava gran parte del suo tempo nel castello, dove
sorvegliava il lavoro della servitù. Quando il marito era assente, toccava a
lei occuparsi di tutto, compreso organizzare la difesa del castello in caso di
attacco.
Le famiglie nobili potevano
essere costituite da numerose persone, ma la mortalità infantile (cioè nei
primi anni di vita) era alta e tra i maschi adulti molti morivano in guerra e
talvolta per incidenti di caccia o in tornei. Anche l’alimentazione eccessiva
(specialmente perché si eccedeva nelle carni) provocava una forte mortalità.
I nobili vivevano in castelli
(cioè abitazioni fortificate), perché durante tutto il Medioevo la vita era
poco sicura a causa delle frequenti guerre, degli attacchi di briganti, delle
scorrerie di pirati.
Il castello di solito sorgeva in
posizione facilmente difendibile in caso di attacco, ad esempio in cima a una
collina o su una curva di un fiume.
Il castello di Fort-la-Latte (Bretagna, Francia) sorge su una scogliera
alta circa 70 metri
Con il passare del tempo i
castelli subirono profonde trasformazioni. In origine (IX-XI secolo) essi erano
semplici edifici protetti da recinti di legno. All’interno si costruirono poi
delle torri e si incominciò a usare la pietra invece del legno, che poteva
essere facilmente incendiato. I castelli divennero sempre meglio difesi, ma
anche più comodi per viverci.
Un castello del periodo dal XII
al XIV secolo aveva di solito diverse opere di difesa: una cinta di mura,
circondata da un fossato pieno d’acqua; le torri, disposte lungo le mura; un
ponte levatoio, che poteva essere sollevato in caso di attacco; porte dotate di
robusti battenti e una grata di ferro all’ingresso. Le mura avevano piccole
finestre, dette feritoie, strette all’esterno e più larghe all’interno, in modo
che gli arcieri potessero scagliare frecce senza rischiare di essere colpiti
dall’esterno. Alle sommità delle mura e delle torri si trovava un muretto, o,
dopo il XIII secolo, i merli, dietro ai quali era possibile ripararsi per
colpire il nemico.
All’interno il castello
comprendeva normalmente il mastio, cioè un torrione che serviva come ultima
difesa, e l’abitazione del signore. Vi si trovavano anche le scuderie e le
stalle, i magazzini, gli alloggi dei servi e dei soldati, la cappella, la
cisterna per l’acqua indispensabile in caso di assedio. Fuori dalle mura del
castello poteva esservi un borgo, cioè un gruppo di abitazioni difeso da una
cinta di mura più esterna.
Il castello di Caen (Normandia, Francia) il cui portone d’ingresso,
dotato di un ponte levatoio,
si apriva sotto una torre da cui i difensori
potevano facilmente colpire gli attaccanti
I LAVORATORI
I contadini costituivano la
grande maggioranza della popolazione. Essi vivevano in prevalenza all’interno
dei feudi ed erano di solito legati alla terra, cioè non potevano andarsene
liberamente; infatti se un signore vendeva o donava il suo feudo a un altro
signore, i suoi abitanti passavano totalmente al nuovo signore. Per questo
motivo i contadini formavano la cosiddetta “servitù della gleba”, che vuol dire
letteralmente “servitù della zolla (di terra)”.
Il lavoro dei contadini, pagina miniata di un Calendario dei mesi di età carolingia proveniente da Salisburgo
e conservato alla Österreichische Nationalbibliothek di Vienna
I contadini avevano molti
obblighi: oltre a lavorare i campi loro assegnati, dovevano coltivare quelli
della parte padronale, insieme ai servi del feudatario. Essi dovevano versare
al signore una parte del raccolto dei loro campi, alcuni degli animali allevati
e di solito pezze di stoffa tessute dalle donne. Inoltre dovevano svolgere
varie corvées, cioè dei lavori obbligatori sui terreni o sui possedimenti del
feudatario: ad esempio erano tenuti a riparare ponti, strade, tetti o a
effettuare trasporti per conto del signore. Infine, poiché il feudatario era il
padrone di tutto il feudo, i contadini dovevano pagargli tributi per l’uso del
forno, del pozzo, del mulino, dei ponti e anche per raccogliere la legna: il
pagamento avveniva spesso in natura (consegnando alcuni prodotti) o in
prestazioni (compiendo alcuni lavori).
La fienagione (affresco del mese di luglio dal Castello del
Buonconsiglio di Trento, 1400 circa)
A volte i contadini dovevano
anche prestare servizio in guerra come fanti, cioè soldati a piedi. Erano i
fanti quelli che morivano più facilmente durante le battaglie. Sia perché non
avevano armatura, sia perché non venivano catturati vivi, dato che avrebbero
potuto pagare alcun riscatto.
Non tutti i contadini vivevano
nei feudi. Vi erano anche villaggi senza signori e contadini liberi, che
possedevano le terre che lavoravano: essi erano più numerosi nella Francia
meridionale e in Italia.
Tra i contadini le differenze tra
uomini e donne nella vita lavorativa erano meno marcati, rispetto a quanto
avveniva tra i nobili. Poche erano le attività esclusivamente maschili: il
pascolo degli animali, perché richiedeva grandi spostamenti e quindi periodi di
assenza dalla casa, il taglio degli alberi, la costruzione di edifici e
naturalmente la partecipazione alla guerra.
Un contadino falcia l’erba in una miniatura medievale
Le donne si occupavano della casa
e dei figli, lavando, preparando il cibo, andando a prendere l’acqua dal pozzo,
accendendo il fuoco e portando il grano al mulino per la macinatura. Esse
inoltre lavoravano nell’orto e nei campi, dove aiutavano gli uomini
nell’aratura e negli altri lavori agricoli. Le donne si dedicavano anche alla
preparazione della birra, alla filatura e alla tessitura. Il contributo di una
donna era indispensabile per la sopravvivenza, perciò i contadini rimasti
vedovi cercavano di risposarsi.
Uomini e donne impegnati in lavori agricoli (affresco del mese di
agosto dal Castello del Buonconsiglio di Trento, 1400 circa)
I bambini aiutavano i genitori
appena erano in grado di farlo: già a pochi anni di età i maschi accompagnavano
il padre nei lavori agricoli e le femmine davano una mano alla madre nei lavori
di casa. Essi si occupavano anche della sorveglianza degli animali domestici;
tempo per i giochi e l’istruzione non ce n’era e gli unici insegnamenti
trasmessi ai bambini venivano dai genitori o dai fratelli maggiori e
riguardavano essenzialmente le attività lavorative.
Le famiglie contadine non erano
di solito numerose (anche se le donne facevano generalmente parecchi figli),
perché la grande povertà, l’alimentazione ridotta e le frequenti malattie
provocavano la morte di molti bambini nei primi anni di vita.
Le case dei contadini erano
piccole, spesso con un unico stanzone in cui trovavano riparo anche gli
animali, che durante l’inverno contribuivano a riscaldare l’ambiente: perciò le
condizioni igieniche erano assai scadenti. Il lavoro era molto pesante e
l’alimentazione non sempre sufficiente, perché i contadini potevano contare
solo su una parte del loro raccolto e su alcuni prodotti del bosco (castagne,
noci, funghi, piccola selvaggina). Quindi le loro condizioni di vita erano
molto dure.
Ricostruzione di Birmingham nel 1300: così doveva apparire un qualunque
villaggio medievale
In questa situazione potevano
verificarsi, soprattutto nei periodi di carestia, ribellioni dei contadini,
come avvenne ad esempio in Normandia alla fine del X secolo: i contadini,
armati dei loro strumenti di lavoro (zappe, forconi) attaccavano i signori per
le strade o nelle loro abitazioni. I nobili allora organizzavano spedizioni
punitive e facevano strage di tutti coloro che si erano ribellati.
GLI ECCLESIASTICI
Gli ecclesiastici, cioè gli
uomini di Chiesa, costituivano un ordine a parte, il clero, a cui si
apparteneva non per nascita, ma per scelta. Alcuni diventavano sacerdoti o
monaci perché volevano dedicarsi interamente a Dio, altri invece miravano a
ottenere prestigio, potere e ricchezza.
Spesso era la famiglia a decidere
di mandare un figlio minore in un monastero o di farne un sacerdote, per
evitare di dividere l’eredità, che passava al primogenito. Le ragazze erano
messe in un monastero, perché la dote (cioè la somma di denaro) che si versava
al monastero per accettare una ragazza, era inferiore a quella si spendeva per
un matrimonio.
A capo della Chiesa vi era il
papa, che spesso era scelto dalle famiglie nobili di Roma e dal 962 anche
dall’imperatore. Il pontefice regnava su alcuni territori dell’Italia centrale,
che gli erano stati dati dai re o dagli imperatori succedutisi nei secoli
precedenti: avevano incominciato i Longobardi nel 728, avevano continuato i
Franchi nel 756, spingendo i notai del papa a stendere un falso documento
(detto Donazione di Costantino), con il quale si voleva giustificare il
possesso di queste terre di fronte all’imperatore bizantino che le reclamava
per sé.
Affresco del XIII secolo dal monastero dei Santi Quattro Coronati (Roma)
sulla vita di papa
Silvestro I; è stato interpretato anche come
rappresentazione della Donazione di Costantino
Dal papa dipendeva tutto il
clero: quello secolare (che viveva nel “secolo”, cioè nel mondo con le sue
leggi) e quello regolare (che viveva nei monasteri, i quali avevano regole
proprie diverse da quelle del “secolo”).
Il papa aveva un grande potere,
perché nella società medievale la fede era molto forte. Se il papa scomunicava
un uomo (cioè se diceva che quell’uomo non era un vero cristiano e lo escludeva
di conseguenza dalla comunità dei fedeli), lo scomunicato veniva isolato da
tutti: se era un nobile o un re, i suoi sudditi non erano più tenuti a
ubbidirgli e ogni ribellione veniva giustificata.
Il papa Urbano II consacra l’altare della chiesa di Cluny (miniatura
del XII secolo, Parigi, Biblioteca Nazionale); Cluny fu uno dei monasteri più
importanti del Medioevo
I vescovi, a capo del clero
secolare, erano nominati dai re o dall’imperatore e spesso ottenevano la loro
carica pagando: ad esempio il conte Vilfredo di Cerdaña (in Spagna) acquistò
per ognuno dei quattro figli minori una carica vescovile. La vendita di cariche
religiose era detta simonia, da un personaggio della Bibbia, Simon mago, che
aveva cercato di comprare da san Pietro il potere di trasmettere lo Spirito
Santo. Si trattava di un fenomeno diffuso, ma molto criticato, perché coloro
che diventavano vescovi in questo modo erano di solito interessati soprattutto
ad acquisire ricchezza e potere e si occupavano poco di fede e religione.
La simonia di un abate, miniatura in un manoscritto trecentesco
conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana
Dai vescovi dipendevano i
sacerdoti, sia i parroci di campagna, spesso nominati dai signori feudali, sia
quelli che esercitavano il loro compito nelle chiese di città.
I vescovi dell’Europa orientale
rifiutavano di riconoscere l’autorità del papa e, dopo un lungo periodo di
rapporti tesi, le Chiese d’Oriente, legate all’Impero Bizantino, si staccarono
definitivamente da quella cattolica, dandosi il nome di Chiese ortodosse
(scisma d’Oriente, 1054): il papa e il patriarca di Costantinopoli si
scomunicarono a vicenda. Vi furono in seguito alcuni tentativi di superare lo
scisma, ma essi fallirono, anche se le differenze tra la Chiesa cattolica e
quella d’Oriente rimasero sempre ridotte. Una delle principali fu l’obbligo del
celibato, imposto dalla Chiesa cattolica agli ecclesiastici e rifiutato dagli
ortodossi.
Papa Leone IX, pontefice al tempo del Grande Scisma (o Scisma
d’Oriente)
I monaci vivevano di solito nei
monasteri, che erano maschili o femminili: solo molto di rado uno stesso
monastero ospitava monaci e monache, in edifici separati.
Alcuni monasteri erano al centro
di feudi, assegnati da imperatori, re o feudatari e spesso erano ricchi e
potenti: molti signori infatti regalavano beni ai monasteri per guadagnarsi il
paradiso e non di rado si facevano seppellire nel monastero che avevano creato
o arricchito; altri donavano terre e ricchezze al monastero perché vi mandavano
un figlio o una figlia, che spesso veniva posto a capo del monastero come abate
o badessa.
Poiché i monasteri erano spesso
ricchi e potenti, la carica di abate o badessa era molto importante: essa
perciò veniva assegnata a monaci di famiglia nobile.
L’abbazia benedettina di Melk (Austria)
Quanto più un monastero era
ricco, tanto più era un edificio grande e splendido: comprendeva una chiesa, a
volte carica di opere d’arte; una sala capitolare dove i monaci si riunivano
per pregare o per altre attività; i locali in cui dormivano, di solito
suddivisi in celle, ossia piccola stanze, una per ogni monaco; gli edifici per
specifiche attività, ad esempio la biblioteca, dove si studiava o si
ricopiavano i manoscritti, oppure delle cantine, dove conservare vini e liquori
di produzione propria; il refettorio dove si mangiava, accanto alla cucina; la
foresteria, ossia la sala dove venivano ospitati visitatori e pellegrini; il
chiostro, un giardino circondato da un porticato, che serviva come luogo di
meditazione. Inoltre, come in un castello, potevano esserci una cinta muraria e
dei cortili interni, con il pozzo per l’acqua, uno spazio per l’allevamento di
alcuni animali, l’orto e così via.
Alcuni monaci mentre si occupano dei manoscritti della loro biblioteca
(miniatura dal De Universo
di Rabano
Mauro, 1023)
Gli ultimi secoli dell’Alto
Medioevo furono un periodo di crisi per la Chiesa, che veniva molto criticata
per il comportamento dei suoi membri. Non era raro che sacerdoti e vescovi
trascurassero la cura delle anime per arricchirsi e vivere nel lusso, non
seguendo l’insegnamento di Cristo. Altri accettavano denaro per comportarsi in
modo contrario al loro dovere (corruzione) e favorivano i propri parenti
(nepotismo). Molto comune era il convivere con donne (concubinato): alcuni
preti erano persino sposati, anche se la Chiesa proibiva loro il matrimonio. Un
altro problema era costituito dall’ignoranza del basso clero, cioè i sacerdoti
di livello inferiore, soprattutto i parroci di campagna.
Dopo il X secolo si cercò di rinnovare
profondamente le abitudini degli ecclesiastici, i quali, da parte loro,
cercarono di assumere atteggiamenti più positivi all’interno della società; per
esempio condannando la violenza delle guerre, come avvenne nel 1054 con il
concilio di Narbona (Francia), il quale affermò solennemente che chi uccide un
cristiano versa il sangue di Cristo. La Chiesa cercò anche (ma spesso
inutilmente) di frenare la violenza dei nobili, imponendo le cosiddette tregue
di Dio, ossia dei periodi in cui era proibito combattere: le feste solenni, ad
esempio, o le domeniche, che poi si allargarono a comprendere il periodo dal
giovedì sera al lunedì mattina.
L’abbazia di Fontevraud (Francia): dal 1115, quando il suo fondatore
Roberto d’Arbrissel la consegnò alla badessa Petronilla, fu abitata da una
comunità mista di uomini e donne
AI MARGINI DELLA SOCIETÀ
Se nel suo insieme la società
feudale era una società chiusa, in cui ognuno aveva un suo posto preciso e
dipendeva da altri che limitavano fortemente la sua libertà, vi erano però
anche individui, che non avevano un posto fisso all’interno della società e che
per questo venivano spesso disprezzati o temuti, ma che nello stesso tempo
avevano una maggiore libertà.
Ad esempio i girovaghi, cioè
persone che si spostavano da un luogo ad un altro. Compagnie di attori,
giocolieri, saltimbanchi, burattinai portavano tra villaggi e castelli vari
tipi di spettacoli per divertire il pubblico dei contadini o dei nobili.
Un flautista e un giocoliere in una miniatura del Basso Medioevo
Anche poeti e musicisti trovavano
ospitalità nei castelli, dove rimanevano per un periodo più o meno lungo, in
base alla generosità del signore, e scrivevano poesie e canzoni in suo onore.
I giovano nobili spesso
viaggiavano per lunghi periodi, partecipando a tornei e guerre, in cui
speravano di ottenere un ricco bottino. Per i figli minori dei grandi feudatari
e per i piccoli feudatari questo periodo di vita errante poteva durare molto a
lungo, fino a che non trovavano una ricca ereditiera da sposare o non si
mettevano al servizio di un altro signore. Spesso questi cavalieri vivevano di
saccheggi, comportandosi in modo non molto diverso dai briganti; la Chiesa
cercò di eliminare almeno in parte questi comportamenti, dirigendo l’azione dei
cavalieri in favore dei deboli e contro i musulmani.
Girovaghi erano anche alcuni
mercanti ambulanti, che passavano da un paese all’altro, vendendo merci di ogni
tipo. Spesso costoro erano l’unica fonte di notizie e di curiosità che potesse
arrivare in uno sperduto villaggio medievale.
Un mercante ambulante
Le foreste che coprivano gran
parte dell’Europa offrivano un rifugio ai briganti, che ne uscivano per
assalire i villaggi e i viaggiatori. Essi erano spesso contadini che si erano
allontanati dal feudo per sfuggire alla fame e alla miseria, per evitare
punizioni, per spirito ribelle o per desiderio di libertà.
Inizialmente bandito significava
solo “messo al bando”: si trattava di una punizione molto frequente nel mondo
germanico, che consisteva nell’allontanare dalla società una persona per i
motivi più diversi sgradita. La messa al bando isolava completamente chi ne era
colpito: nessuno poteva accoglierlo, soccorrerlo, nutrirlo e i suoi beni
venivano distrutti o sequestrati. Il bandito si trovava perciò costretto a
vagabondare lontano dai villaggi, vivendo di caccia nelle foreste; considerato
come un lupo, se veniva catturato la sua testa poteva essere esposta nella
pubblica piazza, proprio come avveniva con i lupi uccisi in una battuta di
caccia. Non era raro che queste persone, escluse da tutti, diventassero
briganti e assalissero coloro che attraversavano le foreste per ucciderli e
impadronirsi dei loro beni: perciò la parola bandito, che in origine
significava soltanto “messo al bando”, passò a indicare in diverse lingue un
brigante.
Alcuni briganti aggrediscono un viandante (miniatura del XII secolo)
Nelle foreste vivevano anche i
monaci eremiti, che avevano scelto di vivere isolati. Alcuni di questi monaci
erano molto venerati dal popolo, perché considerati santi, ma la Chiesa
diffidava di loro, perché sfuggivano al suo controllo.
Accanto a quelli che sceglievano
di isolarsi dai luoghi abitati, vi erano coloro che erano costretti a starne
lontano, per esempio i lebbrosi, dai quali si temeva il contagio della loro
malattia. I lebbrosi in un primo tempo andavano spostandosi e chiedendo
l’elemosina; quando arrivavano in un paese dovevano avvisare del loro arrivo
suonando uno strumento di legno, chiamato crepitacolo (una specie di campanella
che, scossa, produceva un certo suono), affinché la gente lasciasse l’elemosina
senza avvicinarsi al malato. Dall’XI secolo in poi essi vennero rinchiusi in
lebbrosari (o lazzaretti), costruiti forse perché il numero dei malati andava
aumentando: alla fine del Duecento in tutta Europa ne erano stati costruiti
circa 19.000.
Due lebbrosi (uno dei quali suona il crepitacolo) vengono fermati da un
guardiano alla porta di una città
Un gruppo a parte era costituito
dagli ebrei, comunque numerosi pur in una Europa sostanzialmente cristiana; le
loro comunità avevano spesso una certa autonomia ed essi potevano vivere
secondo le loro usanze e leggi.
La Chiesa invitava i cristiani a
non frequentare gli ebrei, perché temeva che alcuni potessero convertirsi, come
successe al confessore dell’imperatore Ludovico il Pio, che si fece ebreo.
Ebrei ritratti come creature del diavolo in un’Apocalisse del 1260 (Londra, Lambeth Palace Library)
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