LA RINASCITA DELLE CITTÀ
Malgrado il generale ristagno economico
che caratterizzò i cinque secoli dell’Alto Medioevo, anche in quel periodo
attività come quelle degli artigiani e dei mercanti avevano continuato ad
essere praticate: gli artigiani lavoravano soprattutto nei feudi, nei grandi
monasteri e nelle città, ma producevano solo i prodotti essenziali, come gli
strumenti agricoli e le armi, e alcuni beni di lusso per i nobili.
Nel Basso Medioevo, invece, con
l’incremento della popolazione e la ripresa dei traffici commerciali, vi fu un
forte aumento della richiesta di prodotti artigianali.
Vetrate
nella chiesa di Notre-Dame a Semur-en-Auxois (Francia): in queste vetrate sono
rappresentati vari momenti del lavoro degli artigiani tessili. Si riconoscono
la smistatura della lana (riquadro 1), la tintura della lana (3), la tessitura
(4), la follatura (5), i lavori di rifinitura (altri riquadri). Le quattro
vetrate in basso sono originali del 1460 circa, le quattro in alto sono state
rifatte nell’Ottocento
Perciò in tutte le città nacquero botteghe
artigiane, in cui lavoravano il mastro, o maestro (ossia il proprietario della
bottega, il quale era il più esperto del mestiere), gli operai alle sue
dipendenze, che erano salariati (cioè ricevevano un salario, una paga) e gli
apprendisti, cioè giovani che volevano apprendere il mestiere: costoro erano di
solito i figli stessi del mastro, o altri giovani figli di altri artigiani.
Un
panettiere con un apprendista
Gli artigiani erano in maggioranza uomini,
ma nell’Europa centro-settentrionale vi erano molte donne artigiane che si
dedicavano alla produzione di alcuni capi d’abbigliamento (per esempio le
cinture), di oggetti d’uso comune (come aghi e forbici) e di gioielli. Gli
uomini però, temendo la concorrenza femminile, cercarono di escludere le donne
da molte attività artigianali e spesso ci riuscirono, poiché essi avevano il
potere nelle città e quindi potevano fare leggi e regole a loro favorevoli.
Jean
Bourdichon (1457-1521), La bottega di un falegname;
probabilmente la donna è la
moglie del mastro falegname e il bambino è il figlio
Con il passare del tempo e il grande
sviluppo del commercio, in molte città vi fu una specializzazione della
produzione: ad esempio Brescia divenne uno dei principali centri europei per la
produzione di armi e per la lavorazione dei metalli; Lucca per i tessuti di
seta; Cremona per quelli di fustagno (un tessuto misto di lana e cotone);
Bologna per la lavorazione del cuoio; Venezia per quella del vetro.
L’artigianato
del vetro venne applicato dall’arte romanica e soprattutto gotica alla
realizzazione delle vetrate delle cattedrali, come queste 5 vetrate nel Duomo
di Augusta (Germania), che risalgono al 1130 circa e sono le più antiche che si
siano conservate integre
Alcune invenzioni di questi secoli
favorirono lo sviluppo dell’artigianato: dal XIII secolo l’arcolaio a ruota
(strumento per ridurre le matasse di lana o altri filati in gomitoli) e il
telaio a pedale resero più rapide le operazioni di filatura e tessitura. Il
filo ottenuto con l’arcolaio a ruota era però di qualità inferiore a quello
ottenuto manualmente, perciò veniva utilizzato solo per le produzioni meno
pregiate.
Un
fabbro medievale e i suoi attrezzi
Nelle città le botteghe artigianali
facevano largo uso del mulino: grazie alla diffusione dell’albero a camme
(un’invenzione dell’antichità), il movimento circolare della ruota del mulino
veniva trasformato nel movimento verticale di un utensile, come un martello o
una mazza. Fu così possibile utilizzare i mulini per la lavorazione dei tessuti
(mulino a gualchiera, cioè una macchina che rende compatti e morbidi la lana e
il feltro: XI secolo) e del cuoio (mulino da concia, che è appunto il
trattamento della pelle animale per trasformarla in cuoio: XII secolo), ma
anche per produrre la birra (XI secolo) e per fondere il ferro (XII secolo).
Disegno
ricostruttivo di un mulino ad acqua medievale
Nell’Alto Medioevo vi erano mercanti che
si spostavano tra paesi vicini o da una regione all’altra, acquistando e poi
rivendendo ogni tipo di oggetto. Inoltre in alcune occasioni si tenevano
mercati, in cui i contadini potevano vendere prodotti e procurarsi ciò di cui
avevano bisogno.
Nel Basso Medioevo si ebbe un forte
sviluppo del commercio, perché si ritornò a un’economia aperta, basata sullo
scambio di prodotti tra regioni diverse.
I mercanti ambulanti continuarono a
esistere, ma divennero numerosi mercanti di altro tipo. Alcuni erano artigiani
che vendevano direttamente nella loro bottega ciò che producevano. Altri erano
specializzati nel commercio di alcuni prodotti e vendevano, ad esempio, solo
tessuti. Molti mercanti percorrevano grandi distanze, soprattutto per
commerciare oggetti di lusso che garantivano enormi ricchezze, sebbene il
passaggio in molti luoghi fosse soggetto a dazi (pagamento di una somma di
denaro) a volte anche elevati.
Venditori
ambulanti per le vie di Parigi nel XV secolo, secondo Gourdon De Genouillac che
nel 1879 pubblicò le sue incisioni nel libro “Parigi attraverso i secoli”: da
sinistra, un venditore di abiti usati, una lattaia, un venditore di bicchieri
In
questo affresco di Ambrogio Lorenzetti (Effetti del buon governo) del
1338-1339, si vedono chiaramente alcune botteghe artigianali aperte sulle vie
di Siena; spesso gli artigiani abitavano, con i famigliari e gli apprendisti,
nel piano superiore dell’edificio in cui sorgeva la bottega
I prodotti commerciati erano molto
diversi. Le materie prime (cioè non lavorate), come la lana o le sostanze per
tingere, o il legname, nonché il ferro, lo stagno, il rame e il piombo erano
richieste dagli artigiani. I prodotti di lusso, come le spezie orientali, i
tessuti di seta e le pellicce, le armi e i cavalli venivano ricercati anche in
regioni molto lontane, perché procuravano grandi guadagni, ed erano acquistati
dai nobili e dai cittadini più ricchi. I prodotti alimentari (grano, vino,
burro, pesce, sale) e i capi d’abbigliamento (panni e tessuti, calzature e
oggetti in cuoio) servivano a tutti coloro che vivevano in città e non
producevano direttamente il loro cibo o non tessevano le stoffe di cui avevano
bisogno. Rimase fiorente per tutto il Basso Medioevo anche il commercio degli
schiavi, sebbene formalmente vietato: gli schiavi giungevano soprattutto
dall’Europa orientale e venivano venduti principalmente nei paesi arabi.
Il
mercato degli schiavi in una miniatura araba del XV secolo
Accanto ai piccoli mercati, a partire dal
XII secolo vennero organizzate grandi fiere, cioè mercati in cui si potevano
acquistare prodotti provenienti anche da molto lontano. Alcune di queste fiere
erano dei veri e propri mercati internazionali, a cui partecipavano mercanti da
tutta Europa, come le fiere delle Fiandre (l’attuale Belgio) e quelle della
Champagne, una regione della Francia settentrionale, oggi famosa per la
produzione di un vino di lusso.
Una
scena di mercato in una miniatura del secolo XIV, dal libro Le chevalier
errant (Parigi, Bibliothèque Nationale de
France)
Con il ritorno a un’economia aperta ci fu
un grande sviluppo nei trasporti, perché era necessario far giungere ogni merce
dalla regione di produzione a quelle in cui veniva venduta.
Gli spostamenti avvenivano soprattutto
lungo i fiumi e per mare, perché trasportare sull’acqua, mediante navi, costava
di meno che trasportare via terra, servendosi di carri: un’unica nave poteva
caricare una quantità di merce che avrebbe richiesto un gran numero di carri. La
vera novità del commercio nel Basso Medioevo fu rappresentata dai fiumi:
l’Europa ne è ricca, così vennero sfruttati quanto più possibile il Reno e
l’Elba, il Danubio e la Mosa, la Senna e il Rodano, il Po e l’Adige, ma anche
nell’Europa orientale la Vistola, il Volga e il Dnepr. I trasporti marittimi,
però, potevano essere ostacolati dalle correnti e, soprattutto in alcune
stagioni, dalle condizioni del tempo. Inoltre non tutte le regioni erano
raggiungibili via fiume o via mare, anche se la via d’acqua rimaneva preferita
e il ricorso al trasporto terrestre tendeva a ridursi, quando ciò era
possibile, al tratto che metteva in comunicazione due o più vie fluviali.
Miniatura
tratta da un’edizione del 1317 della Vita e martirio di San Dionigi: vi si
vedono sia il trasporto terrestre sia quello fluviale a Parigi
Comunque, poiché i trasporti terrestri
conservavano la loro importanza, le antiche strade romane vennero riparate e ne
vennero costruite di nuove. Per attraversare i fiumi si costruirono ponti, come
il primo ponte in pietra sul Tamigi, a Londra (1180-1209).
Così
Claude de Jongh ha dipinto nel 1632 l’Old London Bridge, il primo ponte in
pietra di Londra
I viaggi, soprattutto quelli su lunghe
distanze, presentavano molti rischi per i mercanti: il carico e anche la nave
potevano andare persi per tempeste, naufragi, attacchi di pirati e incendi.
Nacquero perciò le compagnie di assicurazione: il mercante poteva pagare una
quota prima del viaggio e, se la merce andava persa, la compagnia di
assicurazione gli versava un indennizzo, ossia una certa somma come
risarcimento dei danni.
Alcuni progressi permisero un grande sviluppo
dei trasporti. L’astrolabio, un’invenzione araba che permette di orientarsi con
le stelle, e la bussola, che indica i punti cardinali senza che sia necessario
fare ricorso al sole o alle stelle, resero più facile stabilire la rotta in
mare. Le carte geografiche divennero più precise e furono realizzati (dal 1270)
libri portolani, che indicavano le caratteristiche delle coste e i porti e si
possono considerare, dunque, gli antenati delle attuali carte nautiche. Il
timone di poppa permise di dirigere meglio le imbarcazioni e vennero realizzati
nuovi tipi di nave, come la cocca, a tre alberi, e la caracca, una grande nave,
sia mercantile sia da guerra, di alto bordo, cioè con i fianchi più alti.
Un
astrolabio del 1300 e un portolano del 1325
Venezia, per esempio, aveva una flotta
composta sostanzialmente di due tipi di nave: le navi lunghe (o galere) e le
navi tonde (le cocche). Le cocche erano usate essenzialmente come navi da
carico; dopo il 1300 si introdussero degli accorgimenti tecnici nel timone e
nelle vele, che permisero di aumentare la velocità e la maneggevolezza. Queste
navi si muovevano usando la vela, mentre i remi venivano impiegati solo per le
manovre in porto, nei momenti di bonaccia o nei rapidi spostamenti in
battaglia. La galera, lunga e affusolata, rimase comunque una delle migliori
imbarcazioni dell’epoca, poiché era in grado di coprire lunghi percorsi a
notevole velocità, grazie ai tre vogatori per banco e al supporto di due o tre
vele latine. Per questo veniva usata sia a scopi bellici, sia a scopi
commerciali.
A
sinistra una cocca, a destra una galera (o galea) veneziana
Il commercio richiedeva l’uso del denaro,
che scarseggiava. Perciò re, imperatori e città libere ripresero a coniare
monete, prima d’argento e poi, dal XIII secolo, d’oro, alcune delle quali
circolavano in tutta Europa, come il fiorino di Firenze, il ducato di Venezia e
il genovino di Genova.
La grande quantità e varietà di denaro in
circolazione favorì lo sviluppo delle attività finanziarie, ossia di tutte
quelle attività riguardanti il denaro: nacquero così i banchi (che oggi
chiameremmo banche), come quello dei Bonsignori di Siena o dei Bardi di
Firenze.
Banchieri
toscani in un affresco di Niccolò Gerini del 1395 nella chiesa di San Francesco
a Prato
I banchieri si occupavano di prestare il
denaro ad artigiani e commercianti e di cambiare le valute dei diversi Paesi.
In alcune città, come Genova, le attività finanziarie ebbero un grande sviluppo
e contribuirono alla ricchezza dello Stato.
Furono inventati strumenti finanziari, per
favorire la circolazione del denaro: è il cado della lettera di cambio, che
permetteva a un mercante di acquistare merci facendosi anticipare del denaro da
un banco, e poi di rendere la somma in un’altra valuta e in un altro paese.
Vennero inoltre introdotti i libri contabili, in cui venivano segnati i
guadagni e le spese.
10
biccherne conservate all’Archivio di Stato di Siena; le biccherne sono delle
tavolette dipinte che fungevano da copertina per i libri contabili delle
magistrature senesi. In ciascuna di queste 10 biccherne è rappresentato il
camarlingo (cioè l’amministratore delle finanze) intento a ricevere, contare o
deporre denari. Le biccherne sono datate dalla fine del Duecento alla fine del
Trecento.
Il passaggio da un’economia chiusa a
un’economia aperta avvenne in tutta Europa, ma in tempi molto diversi: l’Italia,
Bisanzio, la Francia orientale, la Renania (la regione tedesca lungo il fiume
Reno), le Fiandre e l’Inghilterra costituivano verso il 1200 il centro
economico dell’Europa. Invece le terre dei Vichinghi, degli Slavi, degli
Ungheresi e le altre regioni dell’Europa settentrionale e orientale erano
marginali sul piano economico.
L’ufficio
di un banchiere italiano in una miniatura del XIV secolo, conservata al British
Museum di Londra
In particolare la creazione di una grande
rete commerciale marittima favorì lo sviluppo di alcune città italiane,
chiamate repubbliche marinare (prima Amalfi e Venezia, poi Pisa e Genova) e
delle città tedesche, che erano riunite in un’associazione, l’Hansa (in
italiano anche Lega anseatica), la quale nel momento di maggior potenza
comprendeva 90 città, ma ben 164 erano le città collegata ad essa da stretti
rapporti.
Le città non erano scomparse durante
l’Alto Medioevo (di solito erano città di origine romana), ma la loro
popolazione si era spesso fortemente ridotta rispetto all’Età Antica e queste
città erano poco più che dei grossi villaggi; inoltre erano nati pochi nuovi
centri. Solo in alcune regioni, come l’Italia, le città erano rimaste
abbastanza numerose e popolose, pur essendo anch’esse in crisi.
Nel Basso Medioevo invece ci fu una forte
ripresa delle città esistenti, soprattutto nell’Europa centro-occidentale,
dall’Italia all’Inghilterra: alcune di queste città conobbero un grande
sviluppo, perché furono scelte come capitali da parte del re (Parigi, Londra,
Copenaghen, Lisbona, Stoccolma, Varsavia, Praga e così via). Altre invece si
ingrandirono perché divennero grandi centri commerciali, come Venezia e
Amburgo, Lubecca e Genova, Pisa e Anversa. Dato poi che la popolazione in
crescita tendeva a stabilirsi nelle città, il numero di abitanti dei centri
urbani prese ad aumentare rapidamente. Nel XIII secolo Parigi e alcune città
italiane avevano più di 100.000 abitanti. Nell’Europa orientale e
settentrionale invece i grandi centri erano pochi: il principale era Costantinopoli/Bisanzio.
Veduta
di Venezia in una miniatura del XV secolo (Oxford, Bodleian Library)
Nacquero anche nuove città: furono spesso
i re a fondarle e a concedere loro una certa autonomia, per favorire lo
sviluppo economico dei loro regni. Così anche regioni fino ad allora povere di
centri urbani, come l’Europa centro-orientale, videro aumentare il numero delle
città.
I molti che sceglievano di vivere in città
lo facevano per motivi diversi. Alcuni perché la vita era più sicura, meno
esposta agli attacchi dei briganti. Molti invece erano attratti dalle occasioni
di lavoro: artigiani e mercanti potevano vendere i propri prodotti a più gente;
la costruzione di case e chiese offriva molte opportunità a falegnami e
muratori; maestri e medici avevano più clienti, come pure farmacisti, notai,
cambiavalute e così via. In città si stabilivano anche contadini che cercavano
di sfuggire al dominio feudale: gli abitanti delle città infatti erano di
solito liberi. Infine in città vi erano maggiori possibilità di migliorare le
proprie condizioni di vita e chi era abile in un lavoro artigianale o nel
commercio poteva arricchirsi.
Le principali città medievali erano dotate
di mura, per difendersi dagli attacchi. Lungo le mura si aprivano alcune porte,
che venivano chiuse la sera.
Le
mura di Monteriggioni (Siena): così dovevano apparire anche città più grandi di
questa
Al centro della città vi erano la chiesa
principale e il palazzo comunale (o palazzo pubblico), che sorgevano su piazze,
dove si ritrovavano i cittadini.
Le vie erano strette e seguivano
l’andamento del terreno; il fondo stradale era spesso in terra battuta, e solo
dal XII secolo furono presi i primi provvedimenti per pavimentare le strade (a
Parigi, ad esempio, nel 1184). Al centro della strada scorreva un canale per
raccogliere i rifiuti delle case, che venivano buttati direttamente nell’acqua:
non c’erano infatti fognature coperte. Le condizioni igieniche della città
erano perciò scadenti e, soprattutto d’estate, quando il caldo e la mancanza
d’acqua rallentavano l’eliminazione dei rifiuti, non erano rare le epidemie.
Le case erano molto diverse a seconda
della ricchezza e della posizione sociale degli abitanti. Le case dei nobili
fino al XIV secolo erano spesso dotate di torri, che rappresentavano una
difesa, ma anche un segno di potenza.
Le
torri di San Gimignano (Siena): esse erano parte delle case dei nobili e
volevano dimostrare anche la potenza dei proprietari
Gli artigiani e i mercanti più agiati
vivevano in case molto ampie e alcuni si costruirono, a partire dalla fine del
Trecento, veri e propri palazzi. Per i meno ricchi, invece, l’abitazione
comprendeva solo due ambienti: la sala, in cui si pranzava e si stava durante
il giorno, e la camera, in cui si dormiva. Nelle case non c’era acqua corrente,
che si andava a prendere alle fontane pubbliche.
Dall’XI secolo in poi in tutte le grandi
città vennero ricostruite le chiese cattedrali, cioè le chiese principali, in
cui aveva sede il vescovo. La costruzione di una grande chiesa durava decenni,
a volte anche secoli: trasportare, tagliare, sollevare e collocare al loro
posto le pietre era un lavoro lungo e difficile con i mezzi molto semplici che
erano disponibili allora. Tutta la popolazione contribuiva alla costruzione,
che dava prestigio alla città, e spesso venivano chiamati architetti da altri
centri per dirigere i lavori.
Facciata
e zona absidale del Duomo di Modena, cattedrale romanica costruita tra il 1099
e il 1184, con rifacimenti fino al 1319
Le città che conobbero un grande sviluppo
nel Medioevo di solito continuarono a espandersi e conservarono la loro
importanza anche nei secoli successivi, quando si entrò nell’Età Moderna. Esse
perciò sono ancora oggi le grandi città europee, che formano il più importante
nodo urbano del nostro continente; soltanto poche città vennero fondate
nell’Età Moderna e Contemporanea. Si tratta di città che vennero scelte come
capitali (Madrid nel 1561 e San Pietroburgo nel 1703), o che si svilupparono
per la presenza delle industrie, che nacquero dalla fine del Settecento in poi
(le città della conurbazione Reno-Ruhr in Germania, o alcune città inglesi).
Palazzo
Vecchio a Firenze: era il palazzo pubblico della città e venne costruito tra il
1299 e il 1314
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