CHIESA
E IMPERO
Il Sacro Romano Impero, come abbiamo visto
nella lezione n°18, era divenuto nel X secolo Impero Germanico: esso riuniva
parte dell’Europa centrale, dall’attuale Germania all’Italia
centro-settentrionale. L’imperatore avrebbe dovuto essere il capo politico di
tutta quest’area, ma i feudatari tedeschi conservarono sempre un grande potere.
Molto spesso gli imperatori germanici dovettero affrontare rivolte dei nobili o
delle città e la grande estensione dell’Impero rendeva difficile controllare
pienamente il territorio: quando l’imperatore era in Italia, si verificavano
facilmente rivolte dei feudatari tedeschi, quando invece l’imperatore era in
Germania, erano le città italiane a ribellarsi.
La
cartina rappresenta l’Impero Germanico tra XII e XIII secolo, sotto la casa di
Svevia; è evidente la sua estrema frammentazione e la presenza di vasti
territori guelfi o direttamente della Chiesa
Tra l’XI e il XIII secolo la corona
imperiale passò prima alla casa o dinastia di Sassonia, poi a quella di
Franconia e infine a quella di Svevia.
La dinastia di Sassonia salì sul trono di
Germania con Enrico I. Il figlio di Enrico, Ottone I il grande, ottenne il
regno d’Italia e poi (nel 962) il titolo di imperatore. Fu proprio con Ottone I
che si diffuse la consuetudine di nominare feudatari degli ecclesiastici, i
cosiddetti vescovi-conti; essi avevano compiti sia religiosi sia politici, ma
il fatto che i vescovi non si sposavano e non avevano figli assicurava che alla
loro morte il feudo ritornava proprietà dell’imperatore, che decideva a chi
assegnarlo nuovamente; con i feudatari laici, invece, si era diffusa la
consuetudine che il feudo, alla morte del feudatario, passava ai suoi
successori e in questo modo l’imperatore ne perdeva l’effettivo controllo. La
nomina dei vescovi-conti doveva quindi limitare l’autonomia dei feudatari laici
e assicurare il potere centrale degli imperatori, ma non funzionò del tutto e
anzi fu la premessa di quel fenomeno chiamato “lotta per le investiture” di cui
si parlerà più avanti in questa stessa lezione.
Ottone
I incoronato dalla Vergine in un manoscritto del X secolo. In realtà fu papa
Giovanni XII a sancire con l’incoronazione la sua autorità imperiale
Ottone I morì nel 973 e gli succedettero
vari suoi discendenti (Ottone II, Ottone III, Enrico II detto il Santo), che
dovettero tutti lottare contro vari nobili, desiderosi di usurpare il trono, o
di impossessarsi di una sua parte, o ancora di intervenire nell’elezione del
papa. Alla morte di Enrico II (1024), la casa di Sassonia si estinse.
Da
sinistra: Ottone II, Ottone III e Enrico II, come sono stati immaginati in
miniature di epoche diverse
I nobili tedeschi scelsero allora come re
Corrado II di Franconia, che nel 1027 fu incoronato imperatore. Egli cercò di
limitare il potere dei grandi feudatari, appoggiandosi ai piccoli feudatari:
rese perciò ereditari i feudi minori con la Constitutio
de feudis. Due imperatori della casa di Franconia, Enrico IV ed Enrico V,
furono i protagonisti della lotta per le investiture, che aprì un lungo periodo
di contrasti con la Chiesa.
La
corona imperiale realizzata per l’incoronazione di Ottone I (X secolo) e poi
usata fino al XVIII secolo
Con Enrico V, morto senza lasciare eredi
diretti, si estinse la casa di Franconia. Si aprì allora uno scontro tra le due
famiglie che aspiravano al trono imperiale: la casa di Baviera e gli
Hohenstaufen, duchi di Svevia. I sostenitori della casa di Baviera, che avevano
l’appoggio della Chiesa, furono detti guelfi; quelli della casa di Svevia,
ghibellini. Pare che i due nomi derivino dal grido di battaglia dei due
eserciti: essi furono in seguito ripresi in Italia nel contrasto tra i Comuni
favorevoli al papa e quelli favorevoli all’imperatore.
Dopo lunghe lotte, Federico I
Hohenstaufen, detto in Italia il Barbarossa, venne eletto re di Germania (1152)
e poi incoronato imperatore (1155): con lui ebbe inizio la dinastia di Svevia.
Federico I fu uno dei più importanti sovrani e nel suo lungo regno (fino al
1190) egli cercò di ristabilire l’autorità imperiale sulla Germania e
sull’Italia, scontrandosi con i Comuni, con i feudatari e con il papa. Egli non
poté sottomettere i Comuni, ma riuscì a far sposare il figlio Enrico con
Costanza d’Altavilla, erede del regno di Sicilia e Puglia, rafforzando così la
sua posizione in Italia. Il nipote di Federico I, Federico II, fu l’ultimo
sovrano della dinastia sveva.
Federico
I Barbarossa con i figli Enrico VI e Federico
Il papa era a capo della Chiesa cattolica,
che riuniva gran parte dell’Europa: egli aveva perciò una grande autorità,
anche se la crisi degli ultimi secoli dell’Alto Medioevo ne aveva indebolito la
posizione. Nel X secolo il papa dipendeva dall’imperatore, dai re e dai signori
feudali e gli ecclesiastici erano criticati per il loro comportamento, molto
lontano dai principi cristiani.
A partire dall’XI secolo all’interno della
Chiesa molti vescovi cominciarono a richiedere un rinnovamento religioso. Nel
1059 a Roma i vescovi si riunirono in concilio, cioè l’assemblea dei vescovi
che si tiene per discutere di cose relative alla disciplina, alla morale o alla
fede: in quell’occasione condannarono il matrimonio dei preti e stabilirono che
solo i cardinali (gli ecclesiastici che vengono scelti dai papi come principi
della Chiesa) potevano eleggere un nuovo papa, senza l’intervento
dell’imperatore.
Il
potere spirituale e il potere temporale in una miniatura del XII secolo
Papa Gregorio VII (pontefice dal 1073 al
1085) cercò di eliminare la simonia, deponendo vescovi e preti che avevano
acquistato le loro cariche, e impose ai preti di rispettare l’obbligo del
celibato.
Per rendere la Chiesa del tutto
indipendente dalla nobiltà e dall’imperatore, Gregorio VII stabilì che solo i
papi avrebbero potuto nominare i vescovi, proibì ai vescovi di accettare feudi
dall’imperatore e affermò il diritto del papa di deporre lo stesso imperatore.
Poiché i vescovi erano signori feudali,
gli imperatori non potevano accettare che essi venissero nominati dal papa:
l’imperatore non avrebbe avuto più nessun controllo sulle contee assegnate a
vescovi. Si ebbe perciò un violento contrasto tra Gregorio VII e l’imperatore
Enrico IV, che viene chiamato lotta per le investiture, cioè per la concessione
dei feudi ai vescovi. Enrico IV convocò un concilio di vescovi tedeschi (1076)
da cui fece dichiarare nulla l’elezione del papa: al posto di Gregorio VII
nominò papa l’arcivescovo Guiberto di Ravenna, che prese il nome di Clemente
III (fu proprio durante il periodo della lotta per le investiture che salirono
al trono numerosi antipapi, ossia dei papi che non sono eletti secondo le
maniere canoniche).
In
alto: l’imperatore Enrico IV (a sinistra) seduto accanto all’antipapa Clemente
III, fa scacciare da Roma Gregorio VII. In basso: a sinistra Gregorio VII
discute con i vescovi la scomunica di Enrico IV, a destra la sua morte (da un
manoscritto del XIII secolo)
Gregorio VII rispose scomunicando
l’imperatore, cioè escludendolo dalla comunità dei cristiani: i sudditi e i
feudatari non dovevano più ubbidire a un re o a un signore scomunicato, perciò
potevano ribellarsi. Enrico IV fu costretto a umiliarsi per ottenere che il
papa togliesse la scomunica, andando a chiederne il perdono sino a Canossa (nel
territorio di Reggio in Emilia) nell’inverno del 1077 e restando per tre giorni
fuori dal castello di Matilde di Toscana, che ospitava il pontefice, prima di
venire ricevuto. Nel 1080, in seguito a una nuova scomunica, Enrico IV fece
nominare un altro papa.
Enrico
IV ottiene il perdono di Gregorio VII grazie all’intervento di Matilde di
Canossa (miniatura del XII secolo)
La lotta non si concluse con la morte in
esilio di Gregorio VII, né con quella di Enrico IV, ma continuò sotto i loro
successori, fino a che Enrico V, figlio di Enrico IV, e il papa Callisto II
stipularono nel 1122 il concordato di Worms: esso stabiliva che l’imperatore
non sarebbe intervenuto nell’elezione del papa, che i vescovi sarebbero stati
nominati dal papa e che l’investitura feudale sarebbe stata data
dall’imperatore.
La lotta delle investiture portò a un
indebolimento del potere degli imperatori. Infatti, approfittando di questo
contrasto, sia i feudatari tedeschi, sia i Comuni italiani, rafforzarono la
loro già grande autonomia. Dopo l’estinzione della casa di Svevia, i feudatari
decisero che ogni nuovo imperatore sarebbe stato eletto dai nobili tedeschi e
vi fu anche un periodo in cui non vennero eletti imperatori (1256-1273).
Da allora il potere effettivo
dell’imperatore dipese più dai suoi domini personali (cioè dal territorio che
governava per diritto ereditario), che dal titolo imperiale.
Papa
Callisto II, che stipulò il Concordato di Worms
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