La Grande Guerra anno per anno

LA GRANDE GUERRA ANNO PER ANNO

1914: IL PRIMO ANNO DI GUERRA

La dichiarazione di guerra dell’Austria alla Serbia del 28 luglio 1914 fa scattare il meccanismo delle alleanze militari: in pochi giorni il conflitto si estende da un lato alla Germania, alleata dell’Austria, e dall’altro alla Russia e alla Francia, che si affiancano alla Serbia. L’Italia, invece, proclama la propria neutralità.
L’invasione tedesca del Belgio neutrale induce anche la Gran Bretagna a entrare immediatamente in conflitto contro la Germania (4 agosto).
Il potenziale militare degli Stati belligeranti vede, salvo che sul mare dove persiste una notevole superiorità inglese, un sostanziale equilibrio delle forze in campo, tenuto conto anche della fragilità interna del colosso russo.
Il piano di attacco germanico, pronto da anni, appare semplice ed efficace, almeno sulla carta: consci di non poter combattere contemporaneamente su due fronti, i tedeschi scelgono di sferrare la loro prima offensiva a occidente, contando sulla lentezza della mobilitazione russa. Sperano di riuscire a costringere in poche settimane la Francia alla resa, per poi concentrare tutti gli sforzi sul fronte orientale, contro i soldati dello zar. Ma la rapida manovra tedesca di aggiramento a nord dell’esercito francese deve fare i conti prima con l’imprevista resistenza belga e successivamente, dopo una serie di successi parziali che portano i tedeschi alle porte di Parigi, con la pronta reazione delle truppe francesi, appoggiate da un addestratissimo corpo di spedizione britannico, che riescono a fermare gli avversari e a respingerli nella famosa battaglia della Marna (5-9 settembre).
Alla fine del 1914, dopo una serie di battaglie di assestamento, il fronte occidentale si stabilizza su una linea – rimasta sostanzialmente immutata nel triennio successivo – che va dalla Manica fino al confine svizzero. Era fallita la guerra di movimento del piano Schlieffen e si profilava una lunga e logorante guerra di posizione. Tuttavia i tedeschi qualche risultato l’ottengono: il territorio occupato, quasi un decimo del totale, è un’area vitale per l’economia francese, con le grandi fabbriche del Nordest e la quasi totalità delle miniere di ferro e di carbone.
Intanto, anche sul fronte orientale, dopo una serie di rapidi movimenti iniziali, la situazione non evolve in maniera rapida. I tedeschi bloccano l’avanzata dei russi e li sconfiggono nella sanguinosa battaglia di Tannenberg e dei laghi Masuri, mentre nel settore sudorientale sono i russi ad avere la meglio sugli austroungarici, costringendoli a ritirarsi dalla Galizia. In entrambi i casi, però, non si tratta di azioni decisive.
A sud, la Serbia continua a resistere alla pressione austriaca: Belgrado infatti verrà occupata definitivamente solo nell’ottobre 1915. Intanto anche la Turchia scende in guerra al fianco degli imperi centrali (novembre 1914), ma la sua presenza non è destinata a modificare sostanzialmente la situazione.
Scarsa rilevanza ha anche, nello scacchiere europeo, la dichiarazione di guerra del Giappone alla Germania (23 agosto): i nipponici si limitano a occupare le colonie tedesche in Estremo Oriente, rifiutandosi di inviare truppe nel vecchio continente.





CRONOLOGIA DEL 1914:
28 giugno: Assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo
23 luglio: Ultimatum austriaco alla Serbia
28 luglio: L’Austria dichiara guerra alla Serbia
30 luglio: La Germania chiede alla Russia di interrompere la mobilitazione
1 agosto: La Germania dichiara guerra alla Russia
2 agosto: La Germania occupa il Lussemburgo e chiede al Belgio di lasciar passare liberamente le sue truppe
3 agosto: La Germania invade il Belgio e dichiara guerra alla Francia
4 agosto: La Gran Bretagna dichiara guerra alla Germania
6 agosto: L’Austria dichiara guerra alla Russia
20 agosto: I tedeschi occupano Bruxelles
27 agosto: I tedeschi conquistano Lilla
28 agosto: I tedeschi sconfiggono i russi a Tannenberg
5 settembre: Ha inizio la battaglia della Marna
22 settembre: Prima incursione aerea britannica sulla Germania: bombardati i depositi di Zeppelin a Düsseldorf e a Colonia
27 settembre: I russi attraversano i Carpazi e invadono l’Ungheria
9 ottobre: Anversa si arrende ai tedeschi
18 ottobre: Prima battaglia di Ypres
20 ottobre: per la prima volta un sommergibile tedesco affonda un mercantile (il britannico Glitra) al largo della Norvegia
Fine ottobre: Sull’Yser i tedeschi vengono fermati
1 novembre: L’ammiraglio Von Spee sconfigge gli inglesi al largo del Cile
2-5 novembre: L’Intesa dichiara guerra alla Turchia, l’Inghilterra si annette Cipro, che occupava dal 1878
8 dicembre: Sconfitta della flotta tedesca presso le isole Falkland
9 dicembre: I tedeschi bombardano Varsavia
17 dicembre: L’Egitto è dichiarato protettorato inglese

1915: IL SECONDO ANNO DI GUERRA

Il 1915 è un anno di stasi sul fronte occidentale, dove francesi e inglesi riescono a contenere la pressione tedesca, pur con perdite ingenti causate anche dall’impiego, per la prima volta, di gas asfissianti (Ypres, 22 aprile).
Sul fronte orientale, invece, i russi subiscono, tra febbraio e maggio, una serie di sconfitte sanguinosissime e sono costretti a ritirarsi dalla Polonia, dalla Lituania e dalla Galizia. La Serbia viene costretta definitivamente alla resa, dopo essere stata attaccata anche dalla Bulgaria, entrata in guerra a fianco degli Imperi centrali in ottobre.
L’allineamento della Bulgaria agli Imperi centrali va collegato al clamoroso insuccesso della spedizione anglofrancese nei Dardanelli (febbraio-agosto), che mirava principalmente, dopo l’eventuale auspicata resa della Turchia, a creare un collegamento diretto con la Russia per rifornirla di armi. Le truppe di Kemal Pascià, invece, riescono a bloccare gli invasori europei e a ricacciarli in mare, nonostante i problemi creati nelle retrovie turche dall’insurrezione delle popolazioni arabe dell’impero, sobillate da agenti segreti inglesi, tra i quali il famosissimo Lawrence d’Arabia.
Nel 1915 l’unico evento positivo per le potenze dell’Intesa è rappresentato dall’entrata in guerra dell’Italia. A partire dall’agosto del 1914 l’opinione pubblica italiana si era divisa in due fazioni nettamente contrapposte: i neutralisti (cattolici, socialisti e parte dei liberali) auspicavano, per bocca di Giolitti, la concessione pacifica da parte dell’Austria delle terre irredente, mentre il fronte composito degli interventisti (nazionalisti, democratici, repubblicani, ex socialisti come Mussolini) premevano con accese discussioni e violente manifestazioni di piazza per l’entrata in guerra dell’Italia. Dopo lunghe trattative con entrambi i contendenti, il ministro degli esteri italiano Sonnino firma il 26 aprile 1915 il segretissimo “patto di Londra”, in base al quale gli alleati garantiscono all’Italia consistenti vantaggi territoriali (Trentino, Istria, parte della Dalmazia) in cambio dell’appoggio militare. La notizia della scelta del governo viene accolta nelle piazze con grandi manifestazioni di entusiasmo. I neutralisti, dal canto loro, accettano il fatto compiuto; pur senza arrivare alla proclamazione di una qualche forma di union sacrée alla francese, i socialisti, e soprattutto i cattolici, finiscono per appoggiare lealmente, anche se senza entusiasmo, lo sforzo bellico. Quadi tutti, del resto, sono convinti che il conflitto avrà breve durata, qualche mese al massimo; anche per questo, l’impreparazione militare ed economica dell’Italia del 1915 non viene valutata in tutta la sua gravità.
Tra giugno e dicembre le forze italiane impegnano gli austriaci nelle prime quattro sanguinose battaglie dell’Isonzo e riescono ad avanzare, sia pure lentamente, verso est. A fine anno, però, vengono bloccate dai nemici, i quali, superata la crisi sul fronte orientale, sono in grado di schierare un maggior numero di uomini e di mezzi sul confine occidentale; anche in quest’area ci si avvia quindi verso una estenuante guerra di posizione.



CRONOLOGIA DEL 1915:
Febbraio: I tedeschi vincono la battaglia dei laghi Masuri contro i russi
19 febbraio: Bombardamento navale anglofrancese dei Dardanelli
11 marzo: L’Inghilterra dichiara il blocco della Germania
22 aprile: Nella seconda battaglia di Ypres i tedeschi usano per la prima volta il gas asfissiante
25 aprile: Gli anglofrancesi sbarcano a Gallipoli
26 aprile: Le potenze dell’Intesa e l’Italia firmano il “patto di Londra”
2 maggio: Vittoriosa offensiva austrotedesca in Galizia
7 maggio: Un sottomarino tedesco affonda il transatlantico Lusitania
23 maggio: L’Italia dichiara guerra all’Austria
1 giugno: Primo attacco aereo su Londra con i dirigibili Zeppelin
29 giugno: Prima battaglia dell’Isonzo
9 luglio: L’Africa sudoccidentale tedesca si arrende
18 luglio: Seconda battaglia dell’Isonzo
5 agosto: I tedeschi entrano a Varsavia
6 settembre: A Tarnopol i russi fermano l’avanzata austrotedesca
5 ottobre: Inizia l’offensiva francese in Champagne
9 ottobre: I tedeschi occupano Belgrado
Ottobre e novembre: Terza e quarta battaglia dell’Isonzo

1916: IL TERZO ANNO DI GUERRA

Il 1916 è l’anno delle battaglie più rovinose del conflitto. I tedeschi sono decisi a sfondare a Verdun, e a partire da febbraio impegnano nella lotta ogni mezzo disponibile, ma i francesi riescono a resistere. Dal canto loro, gli inglesi, cha hanno appena introdotto nel loro Paese la coscrizione obbligatoria, lanciano a metà anno una gigantesca controffensiva sulla Somme, con perdite enormi da entrambe le parti e risultati pressoché nulli.
In Italia fallisce la “spedizione punitiva” austriaca sull’Altipiano di Asiago, mentre la sesta offensiva dell’Isonzo consente la conquista italiana di Gorizia.
Sul fronte orientale i tedeschi continuano a infliggere pesanti perdite ai russi, mentre gli austroungarici subiscono l’iniziativa avversaria e si salvano solo grazie all’appoggio germanico.
Dopo queste esperienze, appare chiaro che la fine del conflitto sarà determinata dall’esaurimento complessivo delle risorse di uno dei contendenti, più che dall’esito delle battaglie. Diventano allora determinanti l’organizzazione del fronte interno e la capacità di sviluppare e di mantenere in efficienza una macchina produttiva in grado di sostenere l’economia dei singoli Paesi e di rifornire di mezzi i combattenti.
Abbandonato momentaneamente il liberismo, aumenta ovunque l’intervento dello Stato nelle attività produttive, le fabbriche strategiche vengono militarizzate, si vietano gli scioperi, si ampliano i poteri pubblici di requisizione, si razionano i consumi. Milioni di donne (800.000 in Inghilterra e 200.000 in Italia a fine guerra) entrano per la prima volta nelle grandi fabbriche a sostituire o ad affiancare la manodopera maschile.
A livello internazionale si pone fine al libero commercio e, specie tra i Paesi dell’Intesa, vengono creati nuovi organismi per una politica comune di approvvigionamento presso i Paesi terzi.
Le spese belliche sono enormi; si stima che esse siano ammontate, per l’intero conflitto, a oltre 200 miliardi di lire-oro per la Gran Bretagna, 170 per la Francia, 160 per gli Stati Uniti, 130 per la Russia, 80 per l’Italia, 125 per l’Austria-Ungheria, 250 per la Germania.
Per dare un’idea più significativa basti dire che, sia in Italia che in Francia, la spesa dello Stato nel 1918 è di circa 5-6 volte superiore, in termini monetari, a quella del 1914. Nei bilanci statali si aprono paurosi deficit, per far fronte ai quali i singoli Paesi adottano strategie diversificate. La Germania ricorre al prestito pubblico perpetuo, un’operazione che presuppone una forte fiducia nelle istituzioni da parte del pubblico. L’Inghilterra adotta coraggiosamente una politica di aumento delle imposte dirette. Italia e Francia scelgono invece la via, più facile nell’immediato ma più pericolosa nel lungo periodo, dell’emissione massiccia di prestiti pubblici a breve e medio termine e dell’aumento della circolazione monetaria; l’inflazione ne sarà la logica conseguenza.
Anche nelle bilance dei pagamenti si determinano squilibri fortissimi: le risorse interne dei singoli Paesi non bastano più e ci si deve perciò rivolgere ai Paesi neutrali per massicci acquisti di prodotti agricoli e materie prime.
Sul piano degli approvvigionamenti esterni sono avvantaggiate le potenze dell’Intesa, che, grazie soprattutto alla flotta inglese, riescono a mantenere un buon controllo sulle rotte commerciali internazionali. La Germania infatti non riesce a forzare il blocco navale dell’Intesa e, dopo la battaglia navale dello Jütland (maggio 1916), conclusasi senza vinti né vincitori, preferisce rinunciare ad azioni frontali, limitandosi a dichiarare una guerra sottomarina indiscriminata (gennaio 1917) che mette a dura prova gli equipaggi dei mercantili alleati, specie sulle rotte atlantiche.
La difficoltà di approvvigionamento si fa comunque sentire soprattutto all’interno degli Imperi centrali, che ben presto si trovano costretti a ricorrere a massicce forme di razionamento delle risorse.



CRONOLOGIA DEL 1916:
19 gennaio: Offensiva russa in Galizia
16 febbraio: I russi conquistano Erzerum, in Turchia
21 febbraio: Comincia la battaglia di Verdun
15 marzo: Quinta battaglia dell’Isonzo
24 aprile: Dublino insorge contro il dominio inglese
15 maggio: Spedizione punitiva austriaca contro l’Italia
31 maggio: Battaglia navale dello Jütland
1 luglio: Ha inizio l’offensiva inglese sulla Somme
6 agosto: Sesta battaglia dell’Isonzo
27 agosto: La Romania entra in guerra contro l’Austria
28 agosto: L’Italia dichiara guerra alla Germania
Settembre e ottobre: Settima e ottava battaglia dell’Isonzo
24 ottobre: Nella zona di Verdun i francesi passano al contrattacco
1 novembre: Nona battaglia dell’Isonzo
21 novembre: muore l’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe
6 dicembre: I tedeschi conquistano Bucarest
12 dicembre: Nota di pace della Germania agli alleati
20 dicembre: nota di pace di Wilson ai belligeranti

1917: LA RIVOLUZIONE RUSSA E L’ENTRATA IN GUERRA DEGLI  USA

Dopo tre anni dall’inizio del conflitto, lo stato di guerra fa sentire i suoi pesanti effetti anche tra i civili. E non solo nelle città a ridosso del fronte, colpite per la prima volta nella storia da bombardamenti aerei. Il crescente aumento dei prezzi, la scarsità di materie prime, la stanchezza, la demoralizzazione, i lutti minano tutto il “fronte interno”, creando un clima favorevole alle iniziative di pace, avanzate da più parti, tra cui gli stessi Imperi centrali, consci ormai della necessità di uscire al più presto dal conflitto.
Anche tra i soldati serpeggiano il malcontento, la stanchezza, la voglia di farla finita; si moltiplicano le forme di autolesionismo e di insubordinazione e non mancano episodi di vero e proprio ammutinamento, come quelli che interessano, tra maggio e giugno, anche un esercito ben disciplinato come quello francese. Solo in Russia, tuttavia, la situazione finisce per sfuggire di mano alle autorità. Il 12 marzo scoppia a Pietrogrado una rivolta popolare, appoggiate dalle stesse truppe che avrebbero dovuto reprimerla. L’estendersi dell’insurrezione costringe lo zar Nicola II ad abdicare.
Vanno al potere i socialisti rivoluzionari di Kerenskij, appoggiati dai menscevichi, che cercano di continuare la guerra contro gli Imperi centrali. Ma il caos dilaga e nessuno è ormai più in grado di controllare le truppe, che abbandonano disordinatamente il fronte.
Il 7 novembre i bolscevichi di Lenin attuano un nuovo colpo di Stato (Rivoluzione d’ottobre) e conquistano il potere. Ma all’inizio di dicembre, trovandosi alle prese con drammatici problemi interni, firmano un armistizio con Austria e Germania.
Già da alcune settimane, però, gli Imperi centrali avevano cominciato a ritirare truppe dal fronte orientale, per concentrare tutti i loro sforzi a Occidente. Questa, insieme alla stanchezza dei soldati e agli errori dei generali, è una delle cause dell’improvviso crollo del fronte italiano a Caporetto (24 ottobre). Le armate austrotedesche avanzano rapidamente nella pianura friulano-veneta e si prospetta il pericolo di una disfatta totale. Un’impennata di orgoglio nazionale consente invece all’Italia di reagire con efficacia e di approntare una nuova linea difensiva sul Piave. I soldati italiani, rinvigoriti nel morale grazie anche all’adozione di un nuovo stile di governo delle truppe – caratterizzato, oltre che dalla coercizione e dalla repressione, anche da un’azione di propaganda patriottica accompagnata da promesse di adeguati compensi a guerra finita – resistono ai ripetuti tentativi di sfondamento del nemico.
Nel frattempo si era verificato un fatto nuovo, che alla lunga si sarebbe rivelato determinante per gli esiti del conflitto: il 6 aprile gli Stati Uniti avevano dichiarato guerra alla Germania. La decisione americana, oltre che da affinità politico-culturali con le potenze dell’Intesa e dal rifiuto ideologico del militarismo e dell’autoritarismo tedesco, era stata influenzata anche da ragioni di opportunità economica e politica; una sconfitta occidentale infatti avrebbe pregiudicato la possibilità di recupero degli ingenti crediti statunitensi e, in ogni caso, il persistere in una posizione di neutralità avrebbe impedito agli USA di approfittare dell’opprtunità di rafforzare il loro ruolo politico a livello mondiale. A tutto ciò si erano aggiunte le pressioni interventiste dell’opinione pubblica americana, indignata per i proditori attacchi dei sottomarini tedeschi alle navi mercantili di Paesi neutrali.
La prima divisione americana sbarca in Francia in giugno, ma il contributo più importante alla guerra, almeno in una prima fase, è rappresentato dagli ingenti rifornimenti di mezzi e di vettovaglie spediti in Europa; col passare dei mesi, però, anche la presenza militare americana si fa sempre più significativa e influente, tanto che, alla fine della guerra, i soldati statunitensi in Europa superano i due milioni.



CRONOLOGIA DEL 1917:
31 gennaio: La Germania proclama la guerra sottomarina indiscriminata
8 marzo: Rivoluzione in Russia
16 marzo: Abdicazione dello zar Nicola II in Russia
2 aprile: Gli Stati Uniti dichiarano guerra alla Germania
Aprile: Offensive inglesi e francesi contro i tedeschi
14 maggio: Inizia la decima battaglia dell’Isonzo
3 giugno: Indipendenza albanese, sotto protettorato italiano
13 giugno: Bombardamenti tedeschi su Londra provocano 158 morti e 425 feriti, la cifra più alta di vittime civili nella guerra
26 giugno: Sbarca in Francia la prima divisione americana
1 agosto: Nota di papa Benedetto XV sulla pace
19 agosto: Undicesima battaglia dell’Isonzo
3 settembre: I tedeschi conquistano Riga (in Lettonia)
24 ottobre: Il fronte italiano è rotto a Caporetto
6-7 novembre: Lenin si impadronisce del potere in Russia
5 dicembre: Armistizio tra russi e tedeschi
9 dicembre: Armistizio della Romania con gli Imperi centrali

1918: L’ULTIMO ANNO DI GUERRA E LA PACE

All’inizio del 1918 la situazione interna degli Imperi centrali è vicina al collasso. In marzo i tedeschi giocano la loro ultima carta contro i francesi nella “battaglia del Kaiser”, ma vengono nuovamente fermati sulla Marna; analogamente, gli austriaci impegnano in Italia tutte le loro residue risorse nella battaglia del Piave, ma subiscono una cocente sconfitta.
L’iniziativa passa allora agli eserciti dell’Intesa, che avviano la controffensiva destinata a porre fine al conflitto. Prime a cedere sono la Bulgaria (settembre) e la Turchia (ottobre), ma poco dopo, il 4 novembre, chiede l’armistizio anche l’Impero austroungarico, seguito l’11 novembre dalla Germania, dove tre giorni prima una rivoluzione popolare aveva posto fine al potere del kaiser.
All’indomani della cessazione delle ostilità, il bilancio delle distruzioni e soprattutto delle perdite di vite umane appare spaventoso. Su 65 milioni di uomini mobilitati nel corso della guerra, quasi 9 milioni hanno perso la vita e altri 6 milioni sono rimasti mutilati. La Germania, l’Austria, la Russia e la Francia sono i Paesi nei quali la percentuale del numero dei caduti sul totale dei combattenti risulta più alta, addirittura intorno al 16 per cento. Ecco un riepilogo delle vittime causate dalla guerra (dati approssimativi):
Germania
1.800.000
Russia
1.700.000
Francia
1.350.000
Austria-Ungheria
1.300.000
Impero britannico
1.000.000
Italia
650.000
Serbia
350.000
Turchia
320.000
Romania
250.000
Stati Uniti
120.000

Negli ultimi mesi del conflitto un altro flagello, strettamente connesso alle precarie condizioni di vita di quel periodo, colpisce l’umanità: la “spagnola”, una forma influenzale particolarmente devastante, che secondo stime attendibili causa oltre 20 milioni di morti. La maggior parte dei decessi – 15 milioni circa – si verifica in Asia, ma anche in Europa le vittime sono numerosissime: 450.000 in Russia, 375.000 in Italia, 225.000 in Germania, 230.000 in Inghilterra, 170.000 in Spagna e in Francia.
L’Europa affronta quindi il dopoguerra stremata, con i vincitori ben decisi a rifarsi sui vinti.
Il 18 gennaio 1919 si apre a Parigi la conferenza di pace, alla quale partecipano solo le potenze vittoriose. Appare subito chiaro che i “quattordici punti” enunciati l’anno precedente tra l’entusiasmo generale dal presidente Wilson, e in base ai quali si sarebbe dovuto costruire il nuovo ordine internazionale, erano destinati a rimanere, almeno in parte, sulla carta. I princìpi wilsoniani dell’autodeterminazione dei popoli e del rispetto dei confini nazionali nella fissazione delle nuove frontiere si scontrano infatti con la mentalità della diplomazia europea, interessata soprattutto a ricavare vantaggi territoriali ed economici dalla sconfitta avversaria. In conseguenza degli accordi di Versailles, gli imperi austroungarico e turco cessano di esistere e vengono smembrati, anche sotto la spinta dei vari gruppi etnici locali.
Alla Germania vengono dettate durissime condizioni di pace; la nuova repubblica tedesca viene infatti privata del 13 per cento dei suoi territori, nei quali sono situati il 75 per cento dei giacimenti di ferro, il 25 per cento delle miniere di carbone e importanti centri industriali, come quelli della Lorena e dell’Alsazia; le colonie vengono spartite tra i vincitori, sotto la supervisione della costituenda Società delle nazioni; l’esercito viene ridotto ai minimi termini e privato delle armi maggiormente offensive; infine, in base a una discutibile attribuzione agli Imperi centrali della responsabilità del conflitto, viene richiesto alla Germania il pagamento dell’enorme cifra di 6,6 miliardi di sterline per danni di guerra.
D’altra parte, anche all’interno del gruppo dei vincitori non tutti si mostrano soddisfatti dell’esito delle trattative di pace. La Russia, impegnata in una sanguinosa guerra civile, non prende neppure parte alla conferenza di Parigi, mentre gli Stati Uniti finiranno per rifiutarsi di ratificare il trattato di Versailles. In Italia, in particolare, si parla con insistenza di “vittoria mutilata” e sorgono problemi all’atto della fissazione dei confini con il neonato regno di Jugoslavia.
Nel complesso, i vari trattati di pace sottoscritti in quegli anni si riveleranno ben presto un completo fallimento, almeno per quanto riguarda il perseguimento del principale obiettivo, quello di evitare un nuovo conflitto.



CRONOLOGIA DEL 1918:
8 gennaio: Wilson propone i “quattordici punti”
3 marzo: La Russia firma la pace di Brest-Litovsk
21 marzo: Comincia la grande offensiva tedesca in Occidente
14 aprile: I tedeschi occupano Helsinki
21 aprile: Viene abbattuto e ucciso il “barone rosso” Manfred von Richthofen
1 maggio: I tedeschi occupano Sebastopoli, in Crimea
18 maggio: Nuova offensiva tedesca in Occidente
15 giugno: Offensiva austriaca sul Grappa e sul Piave
15 luglio: Seconda battaglia della Marna
8 agosto: Inizia l’offensiva alleata ad Amiens
29 settembre: La Bulgaria firma l’armistizio
20 ottobre: La Germania sospende la guerra sottomarina
24 ottobre: Gli italiani attaccano sul Grappa e sul Piave
30 ottobre: La Turchia firma l’armistizio
3 novembre: L’esercito austroungarico è sconfitto; firmato l’armistizio vicino a Padova
6 novembre: Gli americani occupano Sedan
9 novembre: Abdicazione e fuga del kaiser tedesco Guglielmo II
11 novembre: La Germania firma l’armistizio
12 novembre: Abdicazione dell’imperatore austriaco Carlo I e nascita della repubblica
14 novembre: Le ultime truppe tedesche si arrendono nella Rhodesia del Nord



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