IL FEUDALESIMO
Nell’Impero Germanico e nei regni
che nacquero in Europa nell’Alto Medioevo imperatore e re avevano bisogno
dell’appoggio dei nobili e dei cavalieri al loro servizio, per conquistare il
trono e per difenderlo da avversari e nemici. Per ricompensare i nobili che li
aiutavano e per ottenere l’appoggio della Chiesa, re e imperatori distribuivano
dei territori in feudo (in latino si diceva beneficium)
a nobili (feudi laici), ma anche a vescovi e monasteri (feudi ecclesiastici).
La concessione del feudo avveniva attraverso una cerimonia chiamata
investitura, con cui il re trasferiva una parte dei suoi poteri sul territorio
al feudatario (cioè colui che aveva ricevuto il feudo), il quale diventava
vassallo del sovrano: il vassallo era un uomo libero che accettava di
sottomettersi ad un altro riconosciuto come signore.
Il feudatario doveva giurare di
rimanere fedele al suo signore, che gli aveva concesso il feudo, e di aiutarlo,
soprattutto in guerra.
Questo sistema basato sulla
suddivisione di un territorio in feudi, concessi dal signore del territorio a
vassalli a lui sottomessi, si chiama feudalesimo: alla fine dell’Alto Medioevo
si era esteso a tutta l’Europa e rimase in vigore per tutto il Basso Medioevo
(XI-XV secolo) e anche oltre.
Un cavaliere fa atto di sottomissione al sovrano in un manoscritto del
XV secolo
Alla morte del vassallo, i feudi
laici avrebbero dovuto ritornare al sovrano che li aveva concessi, ma i nobili
chiedevano di poterli lasciare in eredità al figlio maschio primogenito. I re
non potevano opporsi, perché se avessero cercato di riprendersi i feudi,
avrebbero potuto essere deposti (privati del trono) dai nobili; accadde persino
al figlio di Carlo Magno, Ludovico il Pio (833). Per questo, già nel IX secolo
il re dei Franchi nonché imperatore carolingio Carlo il Calvo dovette
riconoscere l’ereditarietà dei feudi maggiori (capitolare di Quierzy, 877),
cioè accettare che i feudi assegnati direttamente dall’imperatore venissero
trasmessi in eredità al figlio del feudatario morto.
Ogni feudatario aveva bisogno
dell’appoggio di altri nobili e di cavalieri che lo aiutassero in guerra,
perciò spesso i feudatari assegnavano parti del proprio feudo ad altri nobili,
che prendevano il nome di valvassori: all’interno dei feudi concessi dal re o
imperatore (feudi maggiori), si crearono così dei feudi minori. A volte,
soprattutto se il feudo era molto esteso, anche i valvassori potevano
assegnarne una parte ad un altro nobile a lui sottomesso, che prendeva il nome
di valvassino.
Tutto questo fa sì che per
rappresentare i legami tra nobili del feudalesimo si usi l’immagine della
piramide: in cima c’è il sovrano, che è unico; sotto di lui i vassalli, poco
numerosi; poi i valvassori, che erano in numero maggiore; al fondo i
valvassini, che erano i più numerosi.
Una ipotetica piramide dei rapporti di vassallaggio nella società
feudale
In realtà la rete dei rapporti
feudali era molto più complessa. Moltissimi feudatari infatti non possedevano
un unico feudo: accanto al dominio feudale ereditario, un feudatario poteva
ottenere l’investitura di altri feudi, magari come ricompensa per i servizi
prestati al suo o a un altro signore; oppure acquisiva nuovi feudi in eredità
da un ramo della famiglia che scompariva per mancanza di eredi, o ancora attraverso
il matrimonio, se la moglie portava in dote uno o più territori; infine poteva
conquistare un feudo con la guerra, sconfiggendone il feudatario.
I feudi di un vassallo avevano
quindi origini diverse e uno stesso feudatario poteva essere vassallo di un
sovrano e valvassore o valvassino di altri feudatari, non necessariamente
dipendenti dallo stesso sovrano. Ad esempio gli stessi re d’Inghilterra furono
a lungo vassalli dei re di Francia per i loro possessi in Normandia e in
Aquitania, ma ovviamente il loro dominio in Inghilterra (conquistata per
propria iniziativa) non dipendeva dal re di Francia. Se, come avvenne spesso in
Francia, un feudatario era vassallo di due sovrani rivali (ad esempio del re di
Francia, ma anche del re d’Inghilterra, in quanto duca di Normandia), in caso
di guerra tra i due sovrani, egli non poteva certo garantire fedeltà ad
entrambi.
Atto di omaggio e altri rituali fra un sovrano e un vassallo in un
codice sassone dell’inizio del XIV secolo
Nel 1037 l’imperatore Corrado II
rese ereditari anche i feudi minori (Constitutio
de feudis): in questo modo egli limitò il potere dei feudatari maggiori e
ottenne l’appoggio dei feudatari minori.
Solo i feudi vescovili (assegnati
a un vescovo) ritornavano al re o imperatore alla morte del vescovo, che non
poteva avere figli legittimi: quindi il re o l’imperatore poteva nominare
vescovo un altro uomo di sua fiducia, a cui affidare il feudo.
Invece i feudi monastici
(assegnati a un monastero) sfuggivano per sempre all’autorità del re o dell’imperatore,
poiché erano concessi non a una singola persona (che avesse o non avesse degli
eredi), ma a un ordine monastico.
Nel mondo feudale l’economia che
vi veniva praticata era piuttosto particolare: in ogni feudo veniva prodotto
tutto quanto era necessario alla vita quotidiana. Il lavoro dei contadini e dei
pastori forniva il cibo e altri prodotti utili, come la lana, il cuoio e le
sostanze usate per tingere i tessuti; gli artigiani, che vivevano presso
l’abitazione del signore, producevano gli strumenti per i lavori agricoli, i
mezzi di trasporto, i mobili e le armi.
Un fabbro, particolare dal Mese di Febbraio nel ciclo di affreschi del
castello del Buonconsiglio di Trento (fine del XIV secolo)
Fino al X secolo il commercio
rimase poco diffuso. Veniva commerciato il sale, perché era essenziale per la
conservazione dei cibi, ed esisteva un ridotto commercio di prodotti di lusso
per i nobili.
Queste caratteristiche
(autosufficienza e scarsità di contatti con altri territori) spiegano il fatto
che l’economia feudale viene definita economia chiusa.
All’interno del feudo tutto
apparteneva al signore: terre, pozzi, ponti, forno, boschi, animali selvatici.
Per utilizzare un ponte, raccogliere la legna nei boschi, far cuocere il pane o
macinare il grano i contadini dovevano pagare.
Il feudo comprendeva parti
diverse: la parte padronale (pars
dominica), dove sorgeva l’abitazione del signore feudale, era coltivata dai
servi del signore e dai contadini del feudo e il raccolto andava interamente al
feudatario. La parte dei coloni (pars
massaricia o colonica)
comprendeva quelle terre che il feudatario assegnava ai contadini, che le
coltivavano e ne ricavavano il necessario per vivere e per versare al signore i
tributi imposti.
C’erano infine delle terre comuni
che non venivano coltivate, bensì erano utilizzate per il pascolo; le foreste
coprivano vastissime estensioni ed erano importanti sia per il pascolo dei
maiali, sia per la selvaggina, sia per il legname. La presenza di queste vaste
aree coperte da boschi fa sì che il mondo feudale fosse chiuso non solo dal
punto di vista economico, ma anche da quello sociale: per la massa dei
contadini la vita si svolgeva tutta all’interno del feudo ed erano quasi
inesistenti le possibilità di uscire dal proprio villaggio e conoscere un’altra
parte di mondo. Del resto è proprio nel Medioevo che nascono le fiabe, quei
racconti in cui l’allontanamento del protagonista dal proprio villaggio comporta
spesso l’attraversamento di foreste popolate da lupi cattivi, fate, streghe,
orchi ed altri esseri paurosi.
Ancora alla fine del XIV secolo (l’epoca a cui risale questo affresco
dal Castello del Buonconsiglio di Trento) le campagne erano circondate da
boschi, importantissimi per i frutti e gli animali che offrivano
all’alimentazione umana
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