RELIGIOSITÀ
E RINNOVAMENTO RELIGIOSO NEL BASSO MEDIOEVO
Nel rinnovamento della Chiesa che avvenne
nei primi secoli del Basso Medioevo svolsero un ruolo importante alcuni ordini
monastici, in particolare i cluniacensi (che devono il loro nome alla prima
abbazia da loro fondata nel 910 a Cluny, in Borgogna) e poi i cistercensi (dal
nome dell’abbazia di Cîteaux, in Francia, fondata nel 1098), che nel 1200
avevano ben 530 abbazie nelle campagne di tutta l’Europa occidentale.
Questi ordini proposero un modello di vita
cristiana umile e laboriosa, ispirata alla regola di san Benedetto, e
rinnovarono la tradizione monastica in Europa. I monasteri cluniacensi furono
centri di devozione e cultura, mentre quelli cistercensi furono anche grandi
centri di bonifica nelle regioni paludose, di dissodamento nelle aree coperte da
boschi e di miglioramenti in agricoltura.
L’abbazia
di Cluny oggi
La riforma della Chiesa fu richiesta e
sostenuta anche da movimenti religiosi popolari: molti laici (cristiani che non
erano ecclesiastici) richiedevano un rinnovamento, perché la fede era molto
forte e la religione era un aspetto fondamentale della vita di uomini e donne
nel Medioevo. Molti ritenevano che i preti indegni, colpevoli di simonia o di
concubinato, non dovessero essere più considerati uomini di Chiesa e perciò non
potessero più né dire messa, né amministrare i sacramenti.
Tra questi movimenti uno dei più
importanti si sviluppò a Milano, nell’XI secolo, e fu detto Pataria, perché i
suoi seguaci erano in maggioranza poveri (la pataria era il mercato degli
stracci). I patarini sottoponevano a un giudizio pubblico i preti accusati di
essere indegni e, se li riconoscevano colpevoli, non li accettavano più come
preti.
Questo
affresco nell’Eremo di
Sant'Alberto di Butrio (Pavia) è del 1484 e raffigura papa Alessandro II che
inizialmente fu un sostenitore dei patarini
Nel XIII secolo vennero fondati nuovi
ordini religiosi, che diedero un grande contributo al rinnovamento della Chiesa
avviato nei secoli precedenti: i francescani di Francesco d’Assisi (1182-1226)
e i domenicani di Domenico di Guzmán (1170-1221). Entrambi furono detti ordini
mendicanti, perché i frati facevano voto di povertà non solo individualmente,
come tutti i monaci, ma anche come ordine.
Della vita di Francesco d’Assisi abbiamo
poche notizie sicure, ma un gran numero di leggende, nate dalla grande
popolarità che egli raggiunse, sappiamo che era figlio di un ricco mercante di
Assisi, in Umbria, e che ancor giovane rinunciò a tutte le sue ricchezze per vivere
in completa povertà, seguendo l’insegnamento di Cristo. La sua predicazione
convinse molti altri, uomini e donne, a unirsi a lui in una vita di assoluta
povertà: essi si chiamarono fratelli minori e sorelle minori. Fondarono un
nuovo ordine religioso, basato sulle norme (dette, la regola) che Francesco
fissò per i suoi seguaci: l’ordine venne approvato dal papa nel 1210. Francesco
riconobbe sempre l’autorità del pontefice, perciò il suo ordine fu pienamente
accettato dalle alte gerarchie ecclesiastiche (papa e vescovi), anche se la
predicazione e le scelte di vita dei francescani furono a volte criticate
all’interno della Chiesa. Dopo la morte di Francesco, la regola francescana fu
resa meno rigorosa, benché Francesco avesse richiesto che non venisse modificata,
e l’ordine francescano divenne uno dei più potenti della Chiesa. Al suo interno
però alcuni gruppi richiesero il ritorno all’assoluta povertà e alla regola
originaria, per questo essi vennero talvolta considerati eretici.
Francesco
rinuncia agli averi paterni (a sinistra) e Francesco scaccia i diavoli da
Arezzo; due dei celebri affreschi di Giotto nella Basilica Superiore di Assisi
della fine del XIII secolo
Gli ordini mendicanti facevano parte del
clero regolare (cioè che seguiva una determinata regola monastica, in
contrapposizione al clero secolare, che viveva nel secolo, ossia nel mondo, e
non era sottoposto a norme di tipo monastico) e avevano molte caratteristiche
comuni con i diversi ordini monastici. I conventi, cioè gli edifici in cui vivevano,
erano però sempre situati nelle città, perché gli ordini mendicanti lavoravano
attivamente nella società: domenicani e francescani furono predicatori e si
dedicarono all’insegnamento universitario; i francescani si occuparono di opere
di carità (assistenza a malati e poveri) e più tardi delle missioni in altri
continenti, mentre ai domenicani la Chiesa affidò il compito di scoprire e
perseguitare gli eretici, ossia coloro che rifiutavano l’autorità della Chiesa,
pur ritenendosi cristiani, e interpretando diversamente gli insegnamenti di
Cristo. Inoltre, mentre chi entrava in un monastero vi rimaneva per tutta la
vita, i frati francescani o domenicani non entravano in un singolo convento, ma
spesso si spostavano da un convento all’altro, in base ai compiti che venivano
loro assegnati.
Sia i domenicani, sia i francescani
comprendevano anche ordini femminili: suore di clausura, che vivevano cioè del
tutto isolate dal mondo, per i domenicani; clarisse, un ordine fondato da
Chiara d’Assisi (1194-1253), per i francescani. Ma il ruolo delle donne
all’interno di questi ordini fu del tutto secondario e i nuovi conventi furono
in larga maggioranza solo maschili.
Chiara
d’Assisi in un affresco di Giotto nella Chiesa di Santa Croce a Firenze
Il rinnovamento della Chiesa rafforzò la
sua influenza sulla società medievale e l’autorità del papa. Perciò alcuni papi
svolsero un ruolo politico importante nel loro tempo, come Innocenzo III (papa
dal 1198 al 1216), che intervenne nelle lotte per il titolo imperiale e bandì
la crociata contro gli Albigesi (1208) e la quinta crociata in Terrasanta
(1215).
In seguito però il potere politico del
papa andò diminuendo. Anche se i papi sostenevano di dominare sull’intera
Europa cristiana, il rafforzamento degli Stati nazionali ridusse molto la loro
autorità: i sovrani europei non accettavano di rinunciare a una parte del loro
potere a favore del papa.
Alcuni papi cercarono di recuperare il
potere perso, come fece Bonifacio VIII (1204-1303). Il violento scontro tra
Bonifacio VIII e il re di Francia, Filippo IV il Bello, si concluse con
l’umiliazione e la morte del papa.
Bonifacio
VIII viene fatto prigioniero dai soldati francesi: è il cosiddetto “oltraggio
di Anagni”, perché avvenne nella cittadina di Anagni (Lazio) nel 1303; un mese
dopo il papa morì
Nel 1305 venne eletto un papa francese,
che trasferì la sede del papato ad Avignone, in Provenza (1308). I papi
successivi, tutti francesi fino al 1376, rimasero ad Avignone, di fatto sotto
il controllo dei re di Francia, fino al 1377: per questo tale periodo della
storia del papato viene chiamato cattività avignonese (il termine cattività
significa prigionia) e si riferisce alle vicende della schiavitù degli Ebrei in
Babilonia raccontata nella Bibbia.
Il Palazzo
dei papi ad Avignone
Il desiderio di vivere seguendo
l’insegnamento di Gesù portò alcuni cristiani a staccarsi dalla Chiesa, perché
la consideravano corrotta e troppo lontana dagli ideali evangelici. Questi
gruppi vennero considerati eretici.
Vi erano ad esempio numerosi gruppi che
volevano vivere in povertà, come i Fraticelli e gli Umiliati. Costoro
rinunciavano a ogni forma di ricchezza, dando ai poveri le loro proprietà. I
papi accettarono il pauperismo (cioè la scelta di assoluta povertà) di alcuni
gruppi, ma condannarono coloro per cui tutta la Chiesa doveva essere povera:
papi e vescovi infatti ritenevano che la Chiesa non dovesse rinunciare alle
grandi ricchezze che possedeva.
Tra questi gruppi ereticali, alcuni
avevano in origine posizioni molto vicine a quelle della Chiesa. È il caso dei
Valdesi (o Poveri di Lione), l’unico gruppo ereticale del Medioevo che esiste
ancora oggi come Chiesa organizzata. Il movimento dei Valdesi ebbe origine
dalla predicazione di Valdo da Lione, un ricco mercante che nel 1170 decise di
rinunciare a tutte le sue ricchezze e cominciò a predicare, invitando i suoi
concittadini alla penitenza. Intorno a lui si formò un gruppo di discepoli e
Valdo chiese al papa l’autorizzazione a predicare il Vangelo. Il papa, pur
approvando la scelta di povertà, proibì ai Valdesi di predicare, perché essi
non erano ecclesiastici. Essi continuarono a farlo e furono perciò scomunicati.
I Valdesi si organizzarono dando vita a
una propria Chiesa, che esiste ancora e si discosta dalla Chiesa cattolica solo
per alcuni aspetti, tra cui il ruolo delle donne, che possono predicare e
celebrare le funzioni religiose, la negazione dell’esistenza del Purgatorio e
il rifiuto di venerare le reliquie.
Statua
a Valdo di Lione (o Pietro Valdo) a Worms, in Germania
Altri gruppi ereticali si allontanarono
molto di più dalle posizioni della Chiesa cattolica, di cui criticavano non
solo i comportamenti, ma anche l’insegnamento.
Tra questi gruppi vi sono i Càtari, o
Albigesi, dalla città di Albi, nell’attuale Francia meridionale, da cui partì
la loro predicazione. La loro dottrina era assai vicina al manicheismo, la
religione dualista (basata su due elementi opposti, in questo caso due
divinità) predicata da Mani in Persia nel III secolo d.C. I Catari infatti
credevano nell’esistenza di un principio del bene, Dio, creatore delle anime, e
di un principio del male, il diavolo, creatore del mondo e quindi anche dei
corpi. Alla fine del XII secolo i Catari erano presenti nelle regioni più
ricche dell’Europa occidentale e soprattutto nella Francia meridionale, dove la
popolazione e i signori feudali si convertirono in larga maggioranza a questa
dottrina.
I Catari, come altri gruppi ereticali,
erano divisi in perfetti (che nella religione cristiana comprende coloro che
conduco una vita a imitazione di Cristo) e credenti. I credenti non avevano
obblighi particolari, mentre i perfetti, uomini o donne, rinunciavano al mondo
ed erano perciò tenuti a vivere in povertà e castità, dedicando molte ore alla
preghiera.
La Chiesa cattolica combatté tutti gli
eretici, considerando ogni eresia un delitto. In alcuni casi, con gruppi meno
lontani dalle posizioni ufficiali, come gli Umiliati, si arrivò a un accordo ed
essi rientrarono nella Chiesa (1201).
Coloro che non rinunciavano alle loro
scelte vennero invece perseguitati: se scoperti, essi venivano processati e
condannati a morte. Molti eretici preferirono morire sul rogo, piuttosto che
rinunciare alle loro convinzioni.
Contro i Catari, che controllavano una
vasta regione, il papa Innocenzo III indisse una crociata, detta crociata degli
Albigesi (1208-1219), che portò al loro massacro.
Il
papa scomunica gli albigesi che vengono massacrati dai crociati (miniatura del
secolo XIV)
Tra il XII e il XIII secolo la Chiesa
cominciò a nominare degli inquisitori, che avevano il compito di scoprire gli
eretici: essi venivano spesso scelti tra gli appartenenti agli ordini
mendicanti.
Nel Medioevo tra il popolo la fede
cristiana era molto forte, ma fino a metà del XIII secolo la vita religiosa dei
laici era limitata a poche pratiche: essi partecipavano alla messa,
contribuivano a mantenere il clero attraverso la decima, partecipavano alla
costruzione delle grandi cattedrali, con somme di denaro e giornate di lavoro,
e, se erano ricchi, donavano beni a conventi o chiese.
Nel 1215 la Chiesa rese obbligatoria la
confessione almeno una volta l’anno: così i sacerdoti potevano controllare
meglio il comportamento dei fedeli anche nella vita familiare e combattere le
eresie.
Dalla metà del XIII secolo la preghiera
individuale divenne una pratica molto importante nella vita del cristiano,
tanto che vi fu una grande produzione dei libri d’ore, che contenevano le
preghiere per i diversi momenti della giornata e i periodi dell’anno.
Tre pagine
da libri d’ore del XV secolo
Molti uomini e donne cercarono di
raggiungere un’unione diretta con Dio: furono i mistici, che, come Ildegarda di
Bingen (1098-1179) e Caterina da Siena (1347-1380), sentivano la voce di Dio
dentro di sé.
Nelle loro preghiere spesso uomini e donne
non si rivolgevano direttamente a Dio, ma ad altri personaggi che ritenevano
più vicini: alla Vergine Maria, che, in quanto donna e madre, era considerata
più sensibile, e ai santi, cioè a quei cristiani che nei secoli precedenti si
erano meritati il paradiso con le loro opere. Tra i santi erano molto venerati
i martiri, coloro che erano morti in nome della religione cristiana, e i santi
regionali o nazionali, come san Marco per Venezia o san Dionigi (Denis) per i
re di Francia. Spesso ci si rivolgeva a un santo o a un altro in base a quello
che si voleva ottenere: ad esempio sant’Anna, madre della Vergine, era invocata
soprattutto dalle donne che stavano per partorire; a santa Lucia (morta nel
1304 a Siracusa) ci si rivolgeva per le malattie degli occhi, perché secondo la
tradizione i carnefici le avevano strappato gli occhi, ma la santa li aveva
miracolosamente riattaccati; santa Barbara, uccisa dal padre per essersi
convertita, proteggeva dai fulmini, perché suo padre era stato incenerito da un
fulmine.
Affreschi
del 1481 del piemontese Giovanni Baleison nella Chapelle Saint-Sébastien de
Venanson (Francia) raffiguranti il martirio di alcuni santi
I santi potevano ottenere da Dio una
grazia, cioè un aiuto miracoloso: i fedeli credevano nei miracoli e si
aspettavano dai santi la guarigione da mali di ogni tipo, ma anche la
liberazione dalla prigionia o altre forme di protezione. Coloro che scrivevano
le vite dei santi attribuivano loro sempre numerosi miracoli, come
testimonianza della loro santità.
La venerazione per i santi favorì il culto
delle reliquie, cioè i resti del corpo di un santo (un pezzo d’osso, alcuni
capelli o altro) o oggetti venuti a contatto con lui (un velo, un abito). Molti
credevano che le reliquie potessero difendere i fedeli dalle malattie e da
disastri di ogni tipo e il possesso di una reliquia dava prestigio. Perciò le
chiese cercavano di procurarsi reliquie importanti, attraverso l’acquisto e
talvolta anche il furto: il corpo di san Marco, autore di uno dei quattro Vangeli,
fu rubato da mercanti veneziani in una chiesa di Alessandria d’Egitto nel IX
secolo e trasportato a Venezia. Si sviluppò così un ampio commercio di
reliquie, vere e, più spesso, false: ad esempio esistevano ben tre teste di san
Giovanni, decapitato secondo i Vangeli per ordine del re Erode.
Jacopo
Tintoretto, Il trafugamento del corpo di san Marco (1562-66) conservato alle
Gallerie dell’Accademia di Venezia
Molti partivano anche da grandi distanze
per raggiungere le chiese in cui erano custodite reliquie importanti e visitare
i luoghi santi: Roma, dov’era sepolto san Pietro e dove risiedeva il papa;
Gerusalemme, dove era morto Cristo; Bari, dove era stato portato il corpo di
san Nicola; Santiago di Compostela (oggi in Spagna), dove si trovava la tomba
dell’apostolo Giacomo; le abbazie dedicate all’arcangelo Michele (sul Gargano,
in Puglia; nella valle di Susa, in Piemonte; in Normandia, in Francia). Questi
viaggi compiuti per motivi religiosi erano detti pellegrinaggi.
I pellegrini si spostavano a piedi (o, se
nobili, a cavallo) per tutto il viaggio, e solo per attraversare il mare si
imbarcavano: per i disagi e le difficoltà incontrate, il viaggio era spesso
considerato una forma di penitenza.
Il pellegrinaggio si accompagnava a volte
a manifestazioni di penitenza. A partire dal XIII secolo in Italia (a Perugia
dal 1260) gruppi di pellegrini si strappavano di dosso gli abiti, che erano un
segno di ricchezza, e per punirsi si frustavano: essi venivano perciò detti
flagellanti (dal flagello, cioè la frusta). I flagellanti si spostavano di
città in città e a ogni tappa altra gente si univa a loro, ma la Chiesa cercò
di limitare queste manifestazioni, che sfuggivano al suo controllo.
Pellegrini
arrivano a Roma in occasione del primo giubileo del 1300 (dalle “Croniche” di
Giovanni Sercambi, 1400 circa)
In Germania e nelle Fiandre si
svilupparono intorno alla metà del XIV secolo comunità femminili, di tipo
religioso, ma non legate a un ordine monastico. Queste comunità, chiamate
beghinaggi, divennero ben presto molto numerose: nella città di Colonia, in
Germania, a metà del XIV secolo erano ben 169, con circa 1170 residenti.
I beghinaggi nascevano da esigenze
religiose, ma anche economiche e sociali. Molte donne desideravano vivere
secondo l’insegnamento di Cristo, soddisfacendo le loro esigenze spirituali, e
nello stesso tempo lavorare nel mondo al servizio del prossimo. I monasteri non
potevano accogliere tutte le richieste, tanto più che molte di queste donne non
avevano una dote da portare al convento (come si usava fare) e alcune non
volevano isolarsi completamente dal mondo. Nei beghinaggi invece le vedove
povere e le ragazze delle classi lavoratrici che non si sposavano ottenevano
alloggio e potevano mantenersi con lavori di filatura, tessitura e lavanderia.
Le beghine lavoravano anche negli ospedali, assistendo gli ammalati poveri, e
in alcune città crearono asili per bambine. Esse non prendevano i voti ed erano
libere di lasciare il beghinaggio e di sposarsi.
Inizialmente alcuni vescovi appoggiarono
le beghine, ma in seguito la Chiesa cominciò a diffidare di loro, perché
godevano di maggiore libertà rispetto alle monache nei conventi: alcune di esse
infatti traducevano testi religiosi in tedesco e in francese, oppure
dibattevano questioni teologiche, o descrivevano le loro esperienze mistiche.
Le beghine perciò persero l’appoggio della Chiesa, spesso vennero accusate di
eresia e talvolta processate.
Il beghinaggio
(qui nel senso di abitazioni delle beghine) di Bruges, in Belgio, uno dei
meglio conservati in Europa
Benché la fede fosse molto forte, nelle
campagne molti praticavano ancora riti pagani, nonostante le condanne della
Chiesa. Nelle regioni dell’Europa settentrionale e orientale, dove la
conversione al Cristianesimo avvenne più tardi e fu spesso imposta con la
forza, i riti pagani sopravvissero molto a lungo. Nelle regioni da più tempo
cristiane, le tradizioni pagane venivano cristianizzate: ad esempio il
contadino che prima invocava la protezione di una divinità pagana per il
proprio raccolto, ora si rivolgeva alla Vergine o ai santi, spesso utilizzando
le stese parole.
Molti continuavano a credere nella magia,
l’arte di dominare la natura, attraverso formule o riti, per ottenere un
vantaggio (magia bianca o naturale) o per provocare un danno (magia nera).
L’uso di formule magiche e amuleti (oggetti che tenevano lontano il male) era
diffuso ovunque, ma alcuni ritenevano che la magia fosse opera del demonio.
Del resto il demonio occupa un posto molto
importante nei testi e nelle opere artistiche del Basso Medioevo, dove viene
chiamato in tanti modi diversi (diavolo, demonio, Lucifero, satana, Belzebù, Belfagor
e altri) e dove viene rappresentato in forme assai differenti (di animale –
serpente, drago, mosca, uccello, gatto, eccetera – ma anche di uomo e donna; in
particolare si credeva che i diavoli assumessero la forma di una donna, per
sedurre gli uomini e indurli a peccare).
Il potere del diavolo sottomette gli
uomini a causa del peccato originale commesso da Adamo ed Eva e interviene
spesso sulla terra per spingere gli uomini a commettere peccato; per questo gli
uomini hanno bisogno della protezione degli angeli, dei santi, della Madonna,
di Gesù e naturalmente di Dio. Per contrastare le azioni del diavolo, la Chiesa
aveva inventato numerosi stratagemmi: il battesimo innanzitutto, purificando
l’uomo dal peccato originale, riduceva il potere del diavolo; gli oggetti
sacri, come le reliquie, impedivano al diavolo di avvicinarsi; nelle chiese il
diavolo non poteva entrare; il segno della croce infine salvava da ogni
aggressione del demonio.
Satana
come è stato rappresentato da Coppo di Marcovaldo, nel 1260-70, nel Battistero
di Firenze
Accanto al cattolicesimo (e alle chiese
cristiane ritenute ereticali) in Europa esistevano due altre confessioni
religiose: quella ebraica e quella musulmana.
La prima crociata generò un tale
entusiasmo per la lotta contro gli infedeli, che sorsero anche manifestazioni
di fanatismo religioso, di intolleranza verso chi pratica una religione diversa
dalla propria. Tale fanatismo si riversò sugli ebrei, come successe a Magonza e
a Worms (Germania) nel 1096, quando la folla massacrò 1700 ebrei, o in
Inghilterra nel 1188, dove avvennero altri massacri.
Gli ebrei cominciarono ad essere accusati
di crimini orribili. A partire dal XII secolo incominciò a circolare la voce
che essi rapissero e uccidessero bambini cristiani, in cerimonie segrete, e ne
bevessero il sangue; nel secolo successivo gli ebrei vennero accusati di
presentarsi in chiesa, fingendosi cristiani, e di ricevere la comunione, per
poter poi prendere l’ostia e profanarla, cioè privarla della sua santità, ad
esempio insudiciandola; infine, dal XIV secolo, si cominciò a dire che
volessero sterminare i cristiani, avvelenando acque e cibi.
Queste accuse erano del tutto infondate,
ma venivano credute vere anche da molti uomini di Chiesa e riprese dai
predicatori nei loro discorsi ai fedeli. Esse perciò diffondevano
l’antisemitismo, ossia l’odio verso gli ebrei (dal nome di Sem, uno dei tre
figli di Noè) e ciò provocò spesso massacri di ebrei.
Uomini
del popolo attaccano la torre di Verdun (in Francia) dove si sono rifugiati
molti ebrei durante la terza crociata
Nel 1215 il Concilio Lateranense impose a
tutti gli ebrei di portare un segno distintivo sugli abiti, che li rendesse
riconoscibili: in Francia fu imposto un tondo giallo, in Germania un cappello
conico. Di solito gli ebrei cercavano di evitare questi segni, perché temevano
di venire attaccati da qualche fanatico cristiano.
Dopo una serie di massacri, gli ebrei che
rifiutavano di convertirsi vennero espulsi da diversi paesi: dall’Inghilterra
(1290), dalla Francia (1306 e 1322), dalla Spagna e dai possessi spagnoli di
Sicilia e Sardegna (1492), dal regno di Napoli (1511). L’espulsione degli ebrei
portò molti di loro a stabilirsi in altri Stati, dove fino ad allora non vi
erano comunità ebraiche: nell’Europa orientale, in particolare in Polonia e in
Lituania, o nell’Europa sud-orientale, dominata dai Turchi.
Rogo
di ebrei in una xilografia del 1493 (dalle Cronache di Norimberga)
Con la conquista della Spagna e della
Sicilia da parte di re cristiani, anche numerosi musulmani vennero a trovarsi
sotto il dominio di re cristiani. Nei loro confronti c’era molta diffidenza,
perché si temeva che in caso di attacco arabo potessero tradire. Perciò anche i
musulmani vennero allontanati dalle città e dai centri fortificati, anche se
inizialmente nei loro confronti vi fu tolleranza: ad esempio fino alla fine del
XII secolo l’arabo rimase una delle lingue usate nell’amministrazione del regno
di Sicilia e Puglia.
Successivamente vi fu un peggioramento
delle loro condizioni: i musulmani vennero più volte attaccati e massacrati
dalla popolazione cristiana (in Sicilia nel biennio 1189-1190; a Valenza, in
Spagna, nel 1276) e poiché essi si rivoltarono, vennero spesso esiliati o
costretti a convertirsi (in Spagna, ciò accadde nel XIV secolo).
In
Spagna gli arabi hanno lasciato numerosi esempi della loro capacità
architettonica, come la moschea di Cordova (nella foto), che sorse (756) su una
preesistente chiesa visigota e che dopo la conquista cristiana della città (1236)
divenne una cattedrale cattolica
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