martedì 30 settembre 2014

30 Religiosità e rinnovamento religioso nel Basso Medioevo

RELIGIOSITÀ E RINNOVAMENTO RELIGIOSO NEL BASSO MEDIOEVO

Nel rinnovamento della Chiesa che avvenne nei primi secoli del Basso Medioevo svolsero un ruolo importante alcuni ordini monastici, in particolare i cluniacensi (che devono il loro nome alla prima abbazia da loro fondata nel 910 a Cluny, in Borgogna) e poi i cistercensi (dal nome dell’abbazia di Cîteaux, in Francia, fondata nel 1098), che nel 1200 avevano ben 530 abbazie nelle campagne di tutta l’Europa occidentale.
Questi ordini proposero un modello di vita cristiana umile e laboriosa, ispirata alla regola di san Benedetto, e rinnovarono la tradizione monastica in Europa. I monasteri cluniacensi furono centri di devozione e cultura, mentre quelli cistercensi furono anche grandi centri di bonifica nelle regioni paludose, di dissodamento nelle aree coperte da boschi e di miglioramenti in agricoltura.

L’abbazia di Cluny oggi

La riforma della Chiesa fu richiesta e sostenuta anche da movimenti religiosi popolari: molti laici (cristiani che non erano ecclesiastici) richiedevano un rinnovamento, perché la fede era molto forte e la religione era un aspetto fondamentale della vita di uomini e donne nel Medioevo. Molti ritenevano che i preti indegni, colpevoli di simonia o di concubinato, non dovessero essere più considerati uomini di Chiesa e perciò non potessero più né dire messa, né amministrare i sacramenti.
Tra questi movimenti uno dei più importanti si sviluppò a Milano, nell’XI secolo, e fu detto Pataria, perché i suoi seguaci erano in maggioranza poveri (la pataria era il mercato degli stracci). I patarini sottoponevano a un giudizio pubblico i preti accusati di essere indegni e, se li riconoscevano colpevoli, non li accettavano più come preti.

Questo affresco nell’Eremo di Sant'Alberto di Butrio (Pavia) è del 1484 e raffigura papa Alessandro II che inizialmente fu un sostenitore dei patarini

Nel XIII secolo vennero fondati nuovi ordini religiosi, che diedero un grande contributo al rinnovamento della Chiesa avviato nei secoli precedenti: i francescani di Francesco d’Assisi (1182-1226) e i domenicani di Domenico di Guzmán (1170-1221). Entrambi furono detti ordini mendicanti, perché i frati facevano voto di povertà non solo individualmente, come tutti i monaci, ma anche come ordine.
Della vita di Francesco d’Assisi abbiamo poche notizie sicure, ma un gran numero di leggende, nate dalla grande popolarità che egli raggiunse, sappiamo che era figlio di un ricco mercante di Assisi, in Umbria, e che ancor giovane rinunciò a tutte le sue ricchezze per vivere in completa povertà, seguendo l’insegnamento di Cristo. La sua predicazione convinse molti altri, uomini e donne, a unirsi a lui in una vita di assoluta povertà: essi si chiamarono fratelli minori e sorelle minori. Fondarono un nuovo ordine religioso, basato sulle norme (dette, la regola) che Francesco fissò per i suoi seguaci: l’ordine venne approvato dal papa nel 1210. Francesco riconobbe sempre l’autorità del pontefice, perciò il suo ordine fu pienamente accettato dalle alte gerarchie ecclesiastiche (papa e vescovi), anche se la predicazione e le scelte di vita dei francescani furono a volte criticate all’interno della Chiesa. Dopo la morte di Francesco, la regola francescana fu resa meno rigorosa, benché Francesco avesse richiesto che non venisse modificata, e l’ordine francescano divenne uno dei più potenti della Chiesa. Al suo interno però alcuni gruppi richiesero il ritorno all’assoluta povertà e alla regola originaria, per questo essi vennero talvolta considerati eretici.

Francesco rinuncia agli averi paterni (a sinistra) e Francesco scaccia i diavoli da Arezzo; due dei celebri affreschi di Giotto nella Basilica Superiore di Assisi della fine del XIII secolo

Gli ordini mendicanti facevano parte del clero regolare (cioè che seguiva una determinata regola monastica, in contrapposizione al clero secolare, che viveva nel secolo, ossia nel mondo, e non era sottoposto a norme di tipo monastico) e avevano molte caratteristiche comuni con i diversi ordini monastici. I conventi, cioè gli edifici in cui vivevano, erano però sempre situati nelle città, perché gli ordini mendicanti lavoravano attivamente nella società: domenicani e francescani furono predicatori e si dedicarono all’insegnamento universitario; i francescani si occuparono di opere di carità (assistenza a malati e poveri) e più tardi delle missioni in altri continenti, mentre ai domenicani la Chiesa affidò il compito di scoprire e perseguitare gli eretici, ossia coloro che rifiutavano l’autorità della Chiesa, pur ritenendosi cristiani, e interpretando diversamente gli insegnamenti di Cristo. Inoltre, mentre chi entrava in un monastero vi rimaneva per tutta la vita, i frati francescani o domenicani non entravano in un singolo convento, ma spesso si spostavano da un convento all’altro, in base ai compiti che venivano loro assegnati.
Sia i domenicani, sia i francescani comprendevano anche ordini femminili: suore di clausura, che vivevano cioè del tutto isolate dal mondo, per i domenicani; clarisse, un ordine fondato da Chiara d’Assisi (1194-1253), per i francescani. Ma il ruolo delle donne all’interno di questi ordini fu del tutto secondario e i nuovi conventi furono in larga maggioranza solo maschili.

Chiara d’Assisi in un affresco di Giotto nella Chiesa di Santa Croce a Firenze

Il rinnovamento della Chiesa rafforzò la sua influenza sulla società medievale e l’autorità del papa. Perciò alcuni papi svolsero un ruolo politico importante nel loro tempo, come Innocenzo III (papa dal 1198 al 1216), che intervenne nelle lotte per il titolo imperiale e bandì la crociata contro gli Albigesi (1208) e la quinta crociata in Terrasanta (1215).
In seguito però il potere politico del papa andò diminuendo. Anche se i papi sostenevano di dominare sull’intera Europa cristiana, il rafforzamento degli Stati nazionali ridusse molto la loro autorità: i sovrani europei non accettavano di rinunciare a una parte del loro potere a favore del papa.
Alcuni papi cercarono di recuperare il potere perso, come fece Bonifacio VIII (1204-1303). Il violento scontro tra Bonifacio VIII e il re di Francia, Filippo IV il Bello, si concluse con l’umiliazione e la morte del papa.

Bonifacio VIII viene fatto prigioniero dai soldati francesi: è il cosiddetto “oltraggio di Anagni”, perché avvenne nella cittadina di Anagni (Lazio) nel 1303; un mese dopo il papa morì

Nel 1305 venne eletto un papa francese, che trasferì la sede del papato ad Avignone, in Provenza (1308). I papi successivi, tutti francesi fino al 1376, rimasero ad Avignone, di fatto sotto il controllo dei re di Francia, fino al 1377: per questo tale periodo della storia del papato viene chiamato cattività avignonese (il termine cattività significa prigionia) e si riferisce alle vicende della schiavitù degli Ebrei in Babilonia raccontata nella Bibbia.

Il Palazzo dei papi ad Avignone

Il desiderio di vivere seguendo l’insegnamento di Gesù portò alcuni cristiani a staccarsi dalla Chiesa, perché la consideravano corrotta e troppo lontana dagli ideali evangelici. Questi gruppi vennero considerati eretici.
Vi erano ad esempio numerosi gruppi che volevano vivere in povertà, come i Fraticelli e gli Umiliati. Costoro rinunciavano a ogni forma di ricchezza, dando ai poveri le loro proprietà. I papi accettarono il pauperismo (cioè la scelta di assoluta povertà) di alcuni gruppi, ma condannarono coloro per cui tutta la Chiesa doveva essere povera: papi e vescovi infatti ritenevano che la Chiesa non dovesse rinunciare alle grandi ricchezze che possedeva.
Tra questi gruppi ereticali, alcuni avevano in origine posizioni molto vicine a quelle della Chiesa. È il caso dei Valdesi (o Poveri di Lione), l’unico gruppo ereticale del Medioevo che esiste ancora oggi come Chiesa organizzata. Il movimento dei Valdesi ebbe origine dalla predicazione di Valdo da Lione, un ricco mercante che nel 1170 decise di rinunciare a tutte le sue ricchezze e cominciò a predicare, invitando i suoi concittadini alla penitenza. Intorno a lui si formò un gruppo di discepoli e Valdo chiese al papa l’autorizzazione a predicare il Vangelo. Il papa, pur approvando la scelta di povertà, proibì ai Valdesi di predicare, perché essi non erano ecclesiastici. Essi continuarono a farlo e furono perciò scomunicati.
I Valdesi si organizzarono dando vita a una propria Chiesa, che esiste ancora e si discosta dalla Chiesa cattolica solo per alcuni aspetti, tra cui il ruolo delle donne, che possono predicare e celebrare le funzioni religiose, la negazione dell’esistenza del Purgatorio e il rifiuto di venerare le reliquie.

Statua a Valdo di Lione (o Pietro Valdo) a Worms, in Germania

Altri gruppi ereticali si allontanarono molto di più dalle posizioni della Chiesa cattolica, di cui criticavano non solo i comportamenti, ma anche l’insegnamento.
Tra questi gruppi vi sono i Càtari, o Albigesi, dalla città di Albi, nell’attuale Francia meridionale, da cui partì la loro predicazione. La loro dottrina era assai vicina al manicheismo, la religione dualista (basata su due elementi opposti, in questo caso due divinità) predicata da Mani in Persia nel III secolo d.C. I Catari infatti credevano nell’esistenza di un principio del bene, Dio, creatore delle anime, e di un principio del male, il diavolo, creatore del mondo e quindi anche dei corpi. Alla fine del XII secolo i Catari erano presenti nelle regioni più ricche dell’Europa occidentale e soprattutto nella Francia meridionale, dove la popolazione e i signori feudali si convertirono in larga maggioranza a questa dottrina.
I Catari, come altri gruppi ereticali, erano divisi in perfetti (che nella religione cristiana comprende coloro che conduco una vita a imitazione di Cristo) e credenti. I credenti non avevano obblighi particolari, mentre i perfetti, uomini o donne, rinunciavano al mondo ed erano perciò tenuti a vivere in povertà e castità, dedicando molte ore alla preghiera.
La Chiesa cattolica combatté tutti gli eretici, considerando ogni eresia un delitto. In alcuni casi, con gruppi meno lontani dalle posizioni ufficiali, come gli Umiliati, si arrivò a un accordo ed essi rientrarono nella Chiesa (1201).
Coloro che non rinunciavano alle loro scelte vennero invece perseguitati: se scoperti, essi venivano processati e condannati a morte. Molti eretici preferirono morire sul rogo, piuttosto che rinunciare alle loro convinzioni.
Contro i Catari, che controllavano una vasta regione, il papa Innocenzo III indisse una crociata, detta crociata degli Albigesi (1208-1219), che portò al loro massacro.

Il papa scomunica gli albigesi che vengono massacrati dai crociati (miniatura del secolo XIV)

Tra il XII e il XIII secolo la Chiesa cominciò a nominare degli inquisitori, che avevano il compito di scoprire gli eretici: essi venivano spesso scelti tra gli appartenenti agli ordini mendicanti.
Nel Medioevo tra il popolo la fede cristiana era molto forte, ma fino a metà del XIII secolo la vita religiosa dei laici era limitata a poche pratiche: essi partecipavano alla messa, contribuivano a mantenere il clero attraverso la decima, partecipavano alla costruzione delle grandi cattedrali, con somme di denaro e giornate di lavoro, e, se erano ricchi, donavano beni a conventi o chiese.
Nel 1215 la Chiesa rese obbligatoria la confessione almeno una volta l’anno: così i sacerdoti potevano controllare meglio il comportamento dei fedeli anche nella vita familiare e combattere le eresie.
Dalla metà del XIII secolo la preghiera individuale divenne una pratica molto importante nella vita del cristiano, tanto che vi fu una grande produzione dei libri d’ore, che contenevano le preghiere per i diversi momenti della giornata e i periodi dell’anno.

Tre pagine da libri d’ore del XV secolo

Molti uomini e donne cercarono di raggiungere un’unione diretta con Dio: furono i mistici, che, come Ildegarda di Bingen (1098-1179) e Caterina da Siena (1347-1380), sentivano la voce di Dio dentro di sé.
Nelle loro preghiere spesso uomini e donne non si rivolgevano direttamente a Dio, ma ad altri personaggi che ritenevano più vicini: alla Vergine Maria, che, in quanto donna e madre, era considerata più sensibile, e ai santi, cioè a quei cristiani che nei secoli precedenti si erano meritati il paradiso con le loro opere. Tra i santi erano molto venerati i martiri, coloro che erano morti in nome della religione cristiana, e i santi regionali o nazionali, come san Marco per Venezia o san Dionigi (Denis) per i re di Francia. Spesso ci si rivolgeva a un santo o a un altro in base a quello che si voleva ottenere: ad esempio sant’Anna, madre della Vergine, era invocata soprattutto dalle donne che stavano per partorire; a santa Lucia (morta nel 1304 a Siracusa) ci si rivolgeva per le malattie degli occhi, perché secondo la tradizione i carnefici le avevano strappato gli occhi, ma la santa li aveva miracolosamente riattaccati; santa Barbara, uccisa dal padre per essersi convertita, proteggeva dai fulmini, perché suo padre era stato incenerito da un fulmine.

Affreschi del 1481 del piemontese Giovanni Baleison nella Chapelle Saint-Sébastien de Venanson (Francia) raffiguranti il martirio di alcuni santi

I santi potevano ottenere da Dio una grazia, cioè un aiuto miracoloso: i fedeli credevano nei miracoli e si aspettavano dai santi la guarigione da mali di ogni tipo, ma anche la liberazione dalla prigionia o altre forme di protezione. Coloro che scrivevano le vite dei santi attribuivano loro sempre numerosi miracoli, come testimonianza della loro santità.
La venerazione per i santi favorì il culto delle reliquie, cioè i resti del corpo di un santo (un pezzo d’osso, alcuni capelli o altro) o oggetti venuti a contatto con lui (un velo, un abito). Molti credevano che le reliquie potessero difendere i fedeli dalle malattie e da disastri di ogni tipo e il possesso di una reliquia dava prestigio. Perciò le chiese cercavano di procurarsi reliquie importanti, attraverso l’acquisto e talvolta anche il furto: il corpo di san Marco, autore di uno dei quattro Vangeli, fu rubato da mercanti veneziani in una chiesa di Alessandria d’Egitto nel IX secolo e trasportato a Venezia. Si sviluppò così un ampio commercio di reliquie, vere e, più spesso, false: ad esempio esistevano ben tre teste di san Giovanni, decapitato secondo i Vangeli per ordine del re Erode.

Jacopo Tintoretto, Il trafugamento del corpo di san Marco (1562-66) conservato alle Gallerie dell’Accademia di Venezia

Molti partivano anche da grandi distanze per raggiungere le chiese in cui erano custodite reliquie importanti e visitare i luoghi santi: Roma, dov’era sepolto san Pietro e dove risiedeva il papa; Gerusalemme, dove era morto Cristo; Bari, dove era stato portato il corpo di san Nicola; Santiago di Compostela (oggi in Spagna), dove si trovava la tomba dell’apostolo Giacomo; le abbazie dedicate all’arcangelo Michele (sul Gargano, in Puglia; nella valle di Susa, in Piemonte; in Normandia, in Francia). Questi viaggi compiuti per motivi religiosi erano detti pellegrinaggi.
I pellegrini si spostavano a piedi (o, se nobili, a cavallo) per tutto il viaggio, e solo per attraversare il mare si imbarcavano: per i disagi e le difficoltà incontrate, il viaggio era spesso considerato una forma di penitenza.
Il pellegrinaggio si accompagnava a volte a manifestazioni di penitenza. A partire dal XIII secolo in Italia (a Perugia dal 1260) gruppi di pellegrini si strappavano di dosso gli abiti, che erano un segno di ricchezza, e per punirsi si frustavano: essi venivano perciò detti flagellanti (dal flagello, cioè la frusta). I flagellanti si spostavano di città in città e a ogni tappa altra gente si univa a loro, ma la Chiesa cercò di limitare queste manifestazioni, che sfuggivano al suo controllo.

Pellegrini arrivano a Roma in occasione del primo giubileo del 1300 (dalle “Croniche” di Giovanni Sercambi, 1400 circa)

In Germania e nelle Fiandre si svilupparono intorno alla metà del XIV secolo comunità femminili, di tipo religioso, ma non legate a un ordine monastico. Queste comunità, chiamate beghinaggi, divennero ben presto molto numerose: nella città di Colonia, in Germania, a metà del XIV secolo erano ben 169, con circa 1170 residenti.
I beghinaggi nascevano da esigenze religiose, ma anche economiche e sociali. Molte donne desideravano vivere secondo l’insegnamento di Cristo, soddisfacendo le loro esigenze spirituali, e nello stesso tempo lavorare nel mondo al servizio del prossimo. I monasteri non potevano accogliere tutte le richieste, tanto più che molte di queste donne non avevano una dote da portare al convento (come si usava fare) e alcune non volevano isolarsi completamente dal mondo. Nei beghinaggi invece le vedove povere e le ragazze delle classi lavoratrici che non si sposavano ottenevano alloggio e potevano mantenersi con lavori di filatura, tessitura e lavanderia. Le beghine lavoravano anche negli ospedali, assistendo gli ammalati poveri, e in alcune città crearono asili per bambine. Esse non prendevano i voti ed erano libere di lasciare il beghinaggio e di sposarsi.
Inizialmente alcuni vescovi appoggiarono le beghine, ma in seguito la Chiesa cominciò a diffidare di loro, perché godevano di maggiore libertà rispetto alle monache nei conventi: alcune di esse infatti traducevano testi religiosi in tedesco e in francese, oppure dibattevano questioni teologiche, o descrivevano le loro esperienze mistiche. Le beghine perciò persero l’appoggio della Chiesa, spesso vennero accusate di eresia e talvolta processate.

Il beghinaggio (qui nel senso di abitazioni delle beghine) di Bruges, in Belgio, uno dei meglio conservati in Europa

Benché la fede fosse molto forte, nelle campagne molti praticavano ancora riti pagani, nonostante le condanne della Chiesa. Nelle regioni dell’Europa settentrionale e orientale, dove la conversione al Cristianesimo avvenne più tardi e fu spesso imposta con la forza, i riti pagani sopravvissero molto a lungo. Nelle regioni da più tempo cristiane, le tradizioni pagane venivano cristianizzate: ad esempio il contadino che prima invocava la protezione di una divinità pagana per il proprio raccolto, ora si rivolgeva alla Vergine o ai santi, spesso utilizzando le stese parole.
Molti continuavano a credere nella magia, l’arte di dominare la natura, attraverso formule o riti, per ottenere un vantaggio (magia bianca o naturale) o per provocare un danno (magia nera). L’uso di formule magiche e amuleti (oggetti che tenevano lontano il male) era diffuso ovunque, ma alcuni ritenevano che la magia fosse opera del demonio.
Del resto il demonio occupa un posto molto importante nei testi e nelle opere artistiche del Basso Medioevo, dove viene chiamato in tanti modi diversi (diavolo, demonio, Lucifero, satana, Belzebù, Belfagor e altri) e dove viene rappresentato in forme assai differenti (di animale – serpente, drago, mosca, uccello, gatto, eccetera – ma anche di uomo e donna; in particolare si credeva che i diavoli assumessero la forma di una donna, per sedurre gli uomini e indurli a peccare).
Il potere del diavolo sottomette gli uomini a causa del peccato originale commesso da Adamo ed Eva e interviene spesso sulla terra per spingere gli uomini a commettere peccato; per questo gli uomini hanno bisogno della protezione degli angeli, dei santi, della Madonna, di Gesù e naturalmente di Dio. Per contrastare le azioni del diavolo, la Chiesa aveva inventato numerosi stratagemmi: il battesimo innanzitutto, purificando l’uomo dal peccato originale, riduceva il potere del diavolo; gli oggetti sacri, come le reliquie, impedivano al diavolo di avvicinarsi; nelle chiese il diavolo non poteva entrare; il segno della croce infine salvava da ogni aggressione del demonio.

Satana come è stato rappresentato da Coppo di Marcovaldo, nel 1260-70, nel Battistero di Firenze

Accanto al cattolicesimo (e alle chiese cristiane ritenute ereticali) in Europa esistevano due altre confessioni religiose: quella ebraica e quella musulmana.
La prima crociata generò un tale entusiasmo per la lotta contro gli infedeli, che sorsero anche manifestazioni di fanatismo religioso, di intolleranza verso chi pratica una religione diversa dalla propria. Tale fanatismo si riversò sugli ebrei, come successe a Magonza e a Worms (Germania) nel 1096, quando la folla massacrò 1700 ebrei, o in Inghilterra nel 1188, dove avvennero altri massacri.
Gli ebrei cominciarono ad essere accusati di crimini orribili. A partire dal XII secolo incominciò a circolare la voce che essi rapissero e uccidessero bambini cristiani, in cerimonie segrete, e ne bevessero il sangue; nel secolo successivo gli ebrei vennero accusati di presentarsi in chiesa, fingendosi cristiani, e di ricevere la comunione, per poter poi prendere l’ostia e profanarla, cioè privarla della sua santità, ad esempio insudiciandola; infine, dal XIV secolo, si cominciò a dire che volessero sterminare i cristiani, avvelenando acque e cibi.
Queste accuse erano del tutto infondate, ma venivano credute vere anche da molti uomini di Chiesa e riprese dai predicatori nei loro discorsi ai fedeli. Esse perciò diffondevano l’antisemitismo, ossia l’odio verso gli ebrei (dal nome di Sem, uno dei tre figli di Noè) e ciò provocò spesso massacri di ebrei.

Uomini del popolo attaccano la torre di Verdun (in Francia) dove si sono rifugiati molti ebrei durante la terza crociata

Nel 1215 il Concilio Lateranense impose a tutti gli ebrei di portare un segno distintivo sugli abiti, che li rendesse riconoscibili: in Francia fu imposto un tondo giallo, in Germania un cappello conico. Di solito gli ebrei cercavano di evitare questi segni, perché temevano di venire attaccati da qualche fanatico cristiano.
Dopo una serie di massacri, gli ebrei che rifiutavano di convertirsi vennero espulsi da diversi paesi: dall’Inghilterra (1290), dalla Francia (1306 e 1322), dalla Spagna e dai possessi spagnoli di Sicilia e Sardegna (1492), dal regno di Napoli (1511). L’espulsione degli ebrei portò molti di loro a stabilirsi in altri Stati, dove fino ad allora non vi erano comunità ebraiche: nell’Europa orientale, in particolare in Polonia e in Lituania, o nell’Europa sud-orientale, dominata dai Turchi.

Rogo di ebrei in una xilografia del 1493 (dalle Cronache di Norimberga)

Con la conquista della Spagna e della Sicilia da parte di re cristiani, anche numerosi musulmani vennero a trovarsi sotto il dominio di re cristiani. Nei loro confronti c’era molta diffidenza, perché si temeva che in caso di attacco arabo potessero tradire. Perciò anche i musulmani vennero allontanati dalle città e dai centri fortificati, anche se inizialmente nei loro confronti vi fu tolleranza: ad esempio fino alla fine del XII secolo l’arabo rimase una delle lingue usate nell’amministrazione del regno di Sicilia e Puglia.
Successivamente vi fu un peggioramento delle loro condizioni: i musulmani vennero più volte attaccati e massacrati dalla popolazione cristiana (in Sicilia nel biennio 1189-1190; a Valenza, in Spagna, nel 1276) e poiché essi si rivoltarono, vennero spesso esiliati o costretti a convertirsi (in Spagna, ciò accadde nel XIV secolo).

In Spagna gli arabi hanno lasciato numerosi esempi della loro capacità architettonica, come la moschea di Cordova (nella foto), che sorse (756) su una preesistente chiesa visigota e che dopo la conquista cristiana della città (1236) divenne una cattedrale cattolica



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