venerdì 5 giugno 2015

56 La società europea dell'Ancient Régime



LA SOCIETÀ EUROPEA DELL’ANCIEN RÉGIME

Il secolo XVIII si chiuse con un fatto di grande importanza per l’Europa e il mondo: la Rivoluzione francese del 1789. Fino a quella data la società era ancora, come nel Medioevo, rigidamente divisa in tre classi, chiamate ordini o stati, e questa composizione sociale viene chiamata Ancien Régime (= antico regime). Nascere allora in un ordine o in un altro non era cosa indifferente, poiché ogni ordine aveva obblighi e privilegi diversi, sicuramente non egualitari; cosicché le condizioni di vita di un individuo erano rigidamente stabilite dalla classe sociale alla quale apparteneva.

Disegno satirico ottocentesco sull’Ancien Régime

IL PRIMO STATO: IL CLERO

Il clero restava formalmente il primo ordine della società, l’ordine di coloro che avevano il compito di pregare, di implorare per gli uomini l’aiuto di Dio, di soccorrere i diseredati. Per queste sue funzioni il clero aveva sempre rivendicato la superiorità su chi aveva il compito di combattere (i nobili) e di lavorare (il popolo); tale superiorità spingeva gli uomini di Chiesa a rivendicare l’esenzione delle imposte, ma non sempre essi l’avevano ottenuta.
Malgrado nel Settecento il clero avesse in parte ottenuto un ridimensionamento del proprio ruolo (a causa del decadimento del papato e degli attacchi ideologici mossi dall’Illuminismo), rimaneva un ordine potente, soprattutto nei paesi cattolici, però al suo interno esistevano profonde differenze. Infatti coloro che ricoprivano le cariche principali all’interno della Chiesa (cardinali, vescovi, abati) formavano l’alto clero, avevano grandi rendite e molto potere, mentre tutti gli altri (i sacerdoti e i monaci e le monache semplici) costituivano il basso clero, non ricoprivano cariche importanti e non avevano né ricchezze né poteri. Questi ultimi erano assai più numerosi dei membri dell’alto clero e godevano di solito solo del prestigio sociale derivante dal loro ruolo religioso, generalmente tenuto in gran conto dal popolo.

Pietro Longhi, L’ordine sacerdotale (dipinto del XVIII secolo)

L’alto clero era formato soprattutto da membri della nobiltà, spesso di quella più antica e illustre: a volte proprio l’appartenenza a una famiglia di alto rango permetteva di essere messi a capo di una diocesi ricca e importante, senza il cursus honorum che caratterizzava un qualunque prelato. A chi aspirava a diventare vescovo era richiesta un’istruzione di livello universitario, anche se tale requisito non era indispensabile quando a sostituirlo c’erano altissimi natali; in genere comunque i vescovi rappresentavano un’élite della cultura, nella maggior parte di quella più tradizionalista, ma a volte anche di quella più moderna e aggiornata.

Ritratto del vescovo di Narni (dipinto del XVIII secolo)

Il basso clero si preparava dal punto di vista culturale e religioso nei seminari, che però erano in numero insufficiente, per cui non tutti potevano accedervi: la preparazione di costoro restava lacunosa e approssimativa, però non è corretto parlare di ignoranza dilagante, anche se a volte il problema poteva sussistere. Anche la provenienza sociale del basso clero non era infima come a volte si dice: in Francia, per esempio, il clero parrocchiale veniva reclutato tra la piccola e media borghesia cittadina: artigiani, mercanti, notai, avvocati e così via, tutta gente cioè che godeva di una relativa agiatezza e che poteva assicurare ai figli i mezzi necessari per mantenersi agli studi.

Ritratto di un prelato (secolo XVIII)

IL SECONDO STATO: LA NOBILTÀ

Pur costituendo il secondo stato, la nobiltà era in tutta Europa la classe superiore, anche se numericamente rappresentava una percentuale della popolazione che andava dall’1 all’8 per cento.

Dipinto di Luis Paret y Alcazar (seconda metà del secolo XVIII) raffigurante il re spagnolo Carlo III mentre mangia davanti alla sua corte; nel 1768 la nobiltà spagnola rappresentava quasi l’8% della popolazione ed era la più numerosa in Europa, pari a quella della Polonia

La Rivoluzione francese produsse un gran numero di scritti che presentavano i nobili come personaggi dotati di immense proprietà terriere, ricchissimi e dediti a un lusso sfrenato, immersi in divertimenti e passatempi più o meno condannabili (il gioco, le donne, la buona tavola), frivoli, ignoranti, intriganti, prepotenti, convinti di appartenere a una razza diversa, sfruttatori dei contadini, violenti, privilegiati senza alcuna giustificazione. Tutte caratteristiche sicuramente presenti nella nobiltà, ma che non completano il quadro generale di questa classe sociale: va considerato almeno che vi furono anche nobili privi di un favoloso patrimonio (formavano la cosiddetta «plebe nobiliare») e nobili istruiti e attratti dalle nuove idee dell’Illuminismo, o anche capaci di dare un proprio apporto a tale movimento culturale.

Stampa del 1763 raffigurante due spadaccini; il diritto di portare la spada costituiva una delle prerogative nobiliari più antiche e gelosamente conservate

Il potere dei nobili era comunque notevole: nell’Europa orientale (indicativamente quella a est del fiume Elba) essi godevano quasi completamente dei privilegi di origine feudale: per esempio controllavano la vita privata dei loro contadini, autorizzando o meno il loro matrimonio, in base solitamente a calcoli ispirati al criterio di non diminuire, anzi se possibile di aumentare, la manodopera a disposizione.
Ai nobili erano riservati i comandi militari, molte cariche di corte e il ruolo di governatori nelle province. L’aspirazione principale di un nobile era quella di vivere il più possibile a contatto del re (l’aveva ben capito Luigi XIV costruendo la reggia di Versailles), perché in questo modo si potevano ottenere incarichi e donazioni e quindi dei concreti vantaggi economici.

Un dipinto della scuola di Pietro Longhi raffigurante una famiglia nobile veneziana nella villa di campagna durante l’estate; l’entroterra veneto è ancora oggi ricchissimo di ville patrizie

Per sostenere le proprie entrate molti re misero in vendita i titoli nobiliari: questi potevano essere acquistati solo da borghesi arricchiti, i quali, in possesso di un titolo di conte, marchese o barone, potevano ottenere una carica pubblica, che conferisse prestigio e denaro. Questa usanza che era in vigore già da parecchi decenni modificò notevolmente la fisionomia della nobiltà del Settecento. Se la tradizione assegnava all’aristocratico il compito di difendere il re e la patria dai nemici esterni, va detto che nel XVIII secolo era assai esiguo il numero di famiglie che potevano vantare questa (com’era definita) «nobiltà di spada»; la stragrande maggioranza dei nobili era di origine relativamente recente (cinquecentesca e seicentesca) e proveniva da ambienti in cui, più che la spada, si maneggiava la penna e i libri di contabilità (e formava la cosiddetta «nobiltà di toga»).

Un gruppo di nobili inglesi in un’incisione colorata di R. Digton

IL TERZO STATO


Tutti coloro che non erano né nobili né ecclesiastici costituivano il Terzo Stato, il quale comprendeva due categorie ben distinte: da una parte la borghesia, dall’altra il popolo, il quale a sua volta metteva assieme persone socialmente assai diverse: i lavoratori delle città, i contadini delle campagne, gli emarginati di vario tipo.
Il numero dei borghesi era generalmente ristretto, più ampio negli stati dall’economia più fiorente, come le Fiandre, l’Inghilterra e alcune zone della Germania: anche se con il termine “borghesi” si indicavano categorie di persone piuttosto diverse da paese a paese, possiamo dire che erano considerati tali
- gli imprenditori (ossia coloro che esercitavano un’attività in proprio, sostanzialmente artigiani e commercianti, ma dalla seconda metà del Settecento anche industriali)
- i funzionari pubblici (cioè coloro che lavoravano per qualche settore dello stato)
- coloro che esercitavano una libera professione, come avvocati, notai, medici e, in certi casi, gli artisti di vario genere.


Mercanti russi in un’incisione del XVIII secolo

I borghesi avevano di solito un grande potere economico, ma scarso potere politico, a meno che non acquistassero un titolo nobiliare grazie alle loro ricchezze. Poiché vivevano in città, godevano di una certa autonomia, dato che le città avevano statuti diversi da quelli vigenti nelle campagne; così la vita economica cittadina era spesso decisa da una ristretta cerchia di borghesi, attraverso le corporazioni. Come nel Medioevo le corporazioni organizzavano la produzione dei diversi mestieri, controllavano la quantità e la qualità delle merci prodotte, avevano il monopolio sul mercato locale, cioè impedivano qualsiasi forma di concorrenza a loro non conveniente. Esse inoltre svolgevano una funzione sociale, poiché assicuravano l’assistenza, in caso di bisogno, alle vedove e agli orfani delle varie corporazioni.

Borghesi scozzesi del secolo XVIII

I lavoratori delle città erano coloro che lavoravano per i borghesi (nelle loro botteghe artigiane o nei loro traffici commerciali) o che svolgevano funzione di servi nelle loro case: per molti contadini un posto di domestico in città era una meta assai ambita, specialmente se si riusciva a entrare al servizio di persone facoltose e sebbene il lavoro spesso fosse assai pesante e, per le donne, fossero frequenti le insidie del padrone di casa. Questi lavoratori ricevevano un salario per il loro lavoro, ma non possedevano case o terreni e non veniva riconosciuto loro alcun diritto, cosicché non partecipavano alla vita pubblica. In caso di mancanza di lavoro o se commettevano qualche errore clamoroso, potevano essere “licenziati” e finivano con l’ingrossare le fila dei mendicanti e degli emarginati.

Londra nel Settecento (qui in una stampa d’epoca di William Hogarth) brulicava come tutte le grandi città europee di lavoratori addetti ai più svariati servizi

La situazione dei contadini nelle campagne era ancora peggiore: essi costituivano la stragrande maggioranza della popolazione, in una percentuale che andava dal 65 al 90 per cento. Sottoposti a diversi obblighi di origine feudale (comprese le corvées, che nell’Europa occidentale erano però state sostituite quasi ovunque da un tributo in denaro), i contadini non potevano in molti stati cambiare lavoro, né erano liberi di spostarsi dove volevano: se desideravano trasferirsi in un qualsiasi luogo, dovevano chiederne l’autorizzazione alle autorità e non sempre l’ottenevano; se fuggivano e venivano ripresi, potevano essere puniti a piacimento del signore; se commettevano un reato venivano giudicati, soprattutto nell’Europa orientale, dal loro signore (nell’Europa occidentale, invece, la funzione giudicante venne tolta ai nobili e affidata ai funzionari statali).

Contadini in un dipinto di Théobald Michau


Soprattutto i contadini dovevano versare tutta una serie di tributi, anche molto pesanti; questi tributi erano a favore non solo del signore locale, ma anche del clero e dello stato. Per esempio per i contadini soprattutto dell’Europa occidentale esisteva la decima, ossia un’imposta sui prodotti della terra, consistente nella decima parte di essi: inizialmente essa era destinata al clero perché provvedesse al suo mantenimento, alle spese per i riti religiosi e alla beneficenza, ma poi era passata anche nelle mani dei laici, nobili o non nobili (si chiamava decima infeudata).
Allo stato i contadini dovevano pagare imposte dirette (sulle persone e sulle terre) e imposte indirette (sui generi di consumo); inoltre lo stato pretendeva dai contadini il servizio militare, che era assai sgradito perché allontanava dal lavoro dei campi e causava povertà. Sgraditissimo era anche l’obbligo di fornire talvolta alloggio alle truppe, o svolgere attività di trasporto per l’esercito, o ancora fornire cavalli di cambio per i messaggeri addetti al servizio regio.

Famiglia di contadini



Se alcuni contadini riuscivano, per ragioni diverse, ad arricchirsi e a diventare proprietari delle terre su cui lavoravano, la maggioranza di essi viveva miseramente; la loro condizione di povertà e sottomissione era talmente radicata da abitudini secolari, che veniva considerata “normale” da essi stessi. L’analfabetismo pressoché totale dei contadini contribuiva a tenerli in tale situazione di inferiorità, anche se la rabbia che essi accumulavano giorno dopo giorno era sempre pronta ad esplodere, in varie forme: furti nei campi, svogliatezza nell’eseguire le corvées, violenze isolate, agitazioni, fughe dal feudo (erano frequenti in Russia), rivolte vere e proprie, soprattutto se fattori esterni quali una guerra o un’avversità atmosferica che provocasse carestia riuscivano a dare la spinta decisiva alla ribellione. In effetti numerose furono le rivolte nel Settecento provocate dalla miseria delle campagne; accadde - per fare due esempi - in Russia nel 1773 (rivolta di Pugačëv) e nella Repubblica di Venezia negli anni Ottanta-Novanta. Qui nel 1782 la fame spinse alla ribellione i contadini vicentini: un bracciante, condannato a dieci anni di carcere per aver partecipato all’assalto del granaio di un grande fittavolo, si espresse così durante il processo:
Veramente avevo qualche ribrezzo ad andarvi, temendo di fare una cosa che non convenisse, ma tale e tanta era la passione che mi accecava, vedendomi attorniato dalla moglie e dai figli che piangevano dalla fame né avevo di che contentarli, che finalmente presi una sacchetta sotto il braccio e me ne andai ancor io.

Pietro Longhi, La polenta; la carenza alimentare e lo spettro della fame furono tra le cause delle proteste contadine che investirono periodicamente le campagne europee nel XVIII secolo

Alcune famiglie contadine cercavano di guadagnare un po’ di denaro, lavorando per conto dei mercanti di città, per esempio dedicandosi a lavori di tessitura e di filatura. I borghesi si rivolgevano alla popolazione contadina, piuttosto che a quella di città, perché costituiva una manodopera più numerosa e meno costosa; in campagna si producevano soprattutto le stoffe meno pregiate, destinate al consumo locale o all’esportazione, in particolare verso l’America.

Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto, Filatrice



Ai margini della vita sociale c’erano infine gli emarginati, piuttosto numerosi sia in campagna, sia in città: erano i poverissimi, alcuni dei quali vagabondi e mendicanti, altri erano banditi, altri ancora si dedicavano ad attività illegali o considerate disonorevoli. Moltissime città europee emanarono nel Settecento leggi contro i mendicanti, al fine di scacciarli se erano forestieri, o di costringerli al lavoro o a soccorrerli se erano del luogo. Spesso queste leggi erano del tutto inutili, anche perché il numero dei medicanti era davvero alto: a Napoli nel 1764 pare ci fossero 40.000 mendicanti provenienti dalla provincia.

Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto, Mendicante

LA FAMIGLIA

Nel Settecento il ruolo della famiglia nella vita di un individuo era fondamentale.
Molto spesso i figli imparavano il lavoro dai genitori, lavorando con loro nei campi, o nelle botteghe artigiane, o nelle imprese commerciali (per esempio a bordo delle navi). In molte famiglie del Terzo Stato non esisteva altra forma di istruzione per i figli che quella impartita dai genitori.

Philippe Mercier, Giovane cucitrice; non solo le femmine, ma anche i maschi imparavano dai genitori o dai fratelli maggiori ciò che rientrava nei loro compiti di adulti

La solidarietà famigliare era forte: in caso di difficoltà erano i parenti che si prendevano cura degli anziani o di chi non era in grado di lavorare; in una situazione favorevole, ad esempio se un membro della famiglia raggiungeva una posizione importante, tutti ne ricevevano un aiuto economico o un interessamento a migliorare la propria condizione.
Il matrimonio era utilizzato per stabilire un legame tra due famiglie, a scopo politico o economico, perciò esso non era una scelta degli interessati, bensì un affare combinato dalle famiglie in base ai propri interessi. Ciò avveniva soprattutto tra le classi sociali superiori: in particolare se le finanze di un nobile non erano delle più floride, i suoi occhi finivano col posarsi su una donzella di ricca famiglia. Se poi questa famiglia non fosse propriamente di sangue blu, o se la ragazza non fosse una bellezza, non aveva importanza, poiché ciò che contava era il patrimonio che la sposa portava in dote. In Francia i matrimoni con persone di rango inferiore venivano indicati con l’espressione «concimare le proprie terre»: poco elegante, ma assai eloquente.

William Hogarth, Il contratto matrimoniale

Rispetto al Medioevo la composizione di una famiglia conobbe un cambiamento importante: sempre più (e soprattutto nell’Europa occidentale) si affermò la famiglia nucleare, cioè formata da genitori e figli non sposati. Al momento del matrimonio i figli di solito lasciavano la casa dei genitori e andavano a vivere per conto loro; ciò non significava interrompere i rapporti, a meno che i figli non si trasferissero molto lontano, magari nelle Americhe.
Il costume medievale della famiglia allargata durò più a lungo nell’Europa orientale: qui i figli rimanevano nella casa dei genitori anche dopo essersi sposati e avere avuto a loro volta dei figli.

Famiglia inglese benestante del XVIII secolo

LE COSE FONDAMENTALI DA SAPERE

La società dell’Età Moderna era divisa in tre stati: il clero, la nobiltà e il Terzo Stato.
Il clero a sua volta era diviso in alto clero (che era ricco e potente ed era formato da cardinali, vescovi e abati) e basso clero (formato da sacerdoti e monaci e monache, non era né ricco né potente, ma comunque tenuto in una certa considerazione dal popolo).
La nobiltà possedeva le terre, ambiva a vivere alla corte del re da cui poteva ricevere incarichi prestigiosi ed era dotata di grande potere. Si divideva in una “nobiltà di spada” di antica origine e una “nobiltà di toga”, che aveva acquistato un titolo nobiliare di recente.
Il Terzo Stato era formato dai borghesi (che economicamente potevano stare anche molto bene e aspiravano in questo caso ad acquistare un titolo nobiliare), dai lavoratori salariati delle città e dai contadini, i quali erano sottoposti ad obblighi feudali e vivevano generalmente nella miseria.
Numerosi erano anche i poverissimi, che vivevano ai margini della società.
Per tutti la famiglia aveva una grande importanza, in quanto essa forniva aiuto ai suoi membri, addestramento al lavoro e appoggio politico (se si trattava di una famiglia importante). Sempre più nel Settecento e nell’Europa occidentale si afferma la famiglia nucleare, cioè formata dai genitori e dai figli non sposati; quelli che si sposavano, lasciavano di solito la casa dei genitori.




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