giovedì 10 marzo 2016

77 Le migrazioni nel XIX secolo


LE MIGRAZIONI NEL XIX SECOLO

Nel corso dell’Ottocento ci fu un forte aumento della popolazione sia in Europa, sia in altre aree del mondo: in Europa si passò da 266 milioni di abitanti nel 1850 a 401 nel 1900, in Cina la popolazione triplicò tra il 1700 e il 1850, quando superò i 400 milioni. Questo aumento dipese dallo sviluppo dell’agricoltura, che forniva più cibo, e, soprattutto in Europa, dai progressi nelle condizioni igieniche.


La popolazione mondiale tra 1800 e 1900

Nelle campagne d’Europa e di diversi Stati dell’Asia i posti di lavoro non erano sufficienti per una popolazione in rapida crescita e molti decisero di lasciare la loro casa alla ricerca di lavoro e condizioni di vita migliori.
Nel XIX secolo, dunque, vi fu una grande migrazione dalle campagne alle città, soprattutto verso i grandi centri industriali. Spesso queste migrazioni avvenivano all’interno dello stato, ma quando lo Stato era poco industrializzato uomini e donne si dirigevano anche verso regioni più lontane, come gli irlandesi nelle città industriali inglesi. Ad attirare i contadini in città era la possibilità di trovare un lavoro e di ottenere maggiori guadagni, perciò queste migrazioni furono più intense nei periodi di crisi o di trasformazioni economiche.
Le migrazioni avvenivano anche tra città diverse, soprattutto dai centri minori a quelli maggiori: nel XIX secolo si accentuò la differenza esistente tra i grandi centri urbani, che conobbero una crescita molto rapida, e i piccoli centri, molti dei quali persero importanza.


Illustrazione del 1851 raffigurante un gruppo di irlandesi in preghiera prima di emigrare

Le migrazioni portarono a una forte crescita urbana, soprattutto là dove vi erano più possibilità di trovare lavoro: nelle capitali, nei principali porti e in alcune città industriali.
Molti si spinsero più lontano, lasciando il proprio continente: tra l’Ottocento e l’inizio del Novecento si ebbe perciò la più vasta migrazione su lunga distanza mai avvenuta fino ad allora nel mondo: tra il 1850 e il 1913 più di 40 milioni di persone lasciarono l’Europa per gli Stati Uniti e altri si diressero in Canada e nei Paesi dell’America meridionale, in particolare Argentina e Brasile; altri ancora in Australia e, in misura minore, in Africa; tra il 1815 e il 1915 oltre 20 milioni di cinesi, giapponesi e indiani raggiunsero altri Paesi asiatici, l’America o (nel caso degli indiani) l’Africa inglese.
Le migrazioni oltre oceano avevano di solito cause economiche: molti lasciarono il loro Paese perché gli Stati meta di immigrazione offrivano maggiori possibilità di lavoro e salari più alti.


Emigranti tedeschi diretti negli Usa nel porto di Amburgo nel 1874

Le migrazioni potevano però avere anche altre motivazioni. Alcuni furono espulsi dal loro Paese, per motivi politici o perché appartenenti a minoranze etniche o religiose: fu in particolare il caso di molti ebrei, discriminati e poi espulsi dalla Russia (1891), ma anche di sindacalisti, socialisti e anarchici. Altri infine partirono per sfuggire a guerre, come fecero molti contadini cinesi durante la grande rivolta popolare del 1853-1864.


Ebrei russi a Ellis Island (New York) nel 1900 circa

Per gli emigranti il trasferimento in un altro continente presentava diversi problemi. Il viaggio costava molto, tanto che spesso l’emigrante doveva indebitarsi per pagarlo, e presentava diversi rischi, tra cui quello di naufragio. Le condizioni di vita e di lavoro nel nuovo Paese esponevano l’emigrante a malattie e incidenti, senza che egli potesse contare su un’assistenza sanitaria. L’immigrato si trovava isolato, in un paese di cui non conosceva la lingua, ed era per lui molto difficile inserirsi in una realtà nuova; il suo isolamento era spesso aggravato dalla separazione dalla propria famiglia.


L’affondamento del piroscafo Sirio nel 1906 (copertina di Achille Beltrame per la Domenica del Corriere): dal 1883 la nave era usata per il trasporto di emigranti italiani in America

Nei confronti degli immigrati vi era molta diffidenza, soprattutto quando essi avevano tradizioni diverse: ad esempio molti Paesi, come gli Stati Uniti, proibirono l’immigrazione cinese (1891) e limitarono quella giapponese (1907).
Per poter affrontare meglio questi problemi, gli emigranti tendevano a stabilirsi in Paesi in cui erano già presenti loro familiari o amici, che nel primo periodo potevano ospitarli e aiutarli. Si ebbero così migrazioni a catena, in cui ogni immigrato richiamava altri immigrati, e all’interno di molte città e Stati si formarono comunità di immigrati, spesso molto numerose, con forti concentrazioni: ad esempio a Wellington (Nuova Zelanda) si formò una forte comunità proveniente da Stromboli (Sicilia), a Providence (Stati Uniti) una di Caserta, a San Gustavo (Argentina) una delle prealpi piemontesi.


Alloggio sotterraneo per emigranti poveri a New York nel 1869








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