mercoledì 28 gennaio 2015

48 La popolazione europea all'inizio dell'Età Moderna


LA POPOLAZIONE EUROPEA ALL’INIZIO DELL’ETÀ MODERNA

L’INCREMENTO DEMOGRAFICO

Nel secolo e mezzo compreso tra il 1450 e il 1600 il numero di abitanti di tutta l’Europa raddoppiò, passando da circa 55-60 milioni a circa 100-105.


Questo incremento demografico fu insieme causa e conseguenza di un aumento di tutti i prezzi dei generi alimentari, in particolare di quelli dei prodotti cerealicoli: il prezzo del grano aumentò di circa due volte e mezzo in Germania e in Austria, di tre volte e mezzo nei Paesi Bassi, di quattro volte in Polonia e in Inghilterra, di sei volte e mezzo in Francia. Inoltre, poiché la maggioranza della popolazione si nutriva soprattutto dei prodotti cerealicoli, non potendo permettersi se non raramente di consumare carne, si registrò non solo un impoverimento, ma anche un decadimento delle condizioni alimentari e di salute di una parte della popolazione, che era costretta a nutrirsi di cibi a prezzi inferiori ma anche meno nutrienti.

Willem van Herp (1614-1677), Coppia in un interno rustico

Anche in America la popolazione europea andò aumentando, però piuttosto lentamente: ancora nel 1627 il numero dei bianchi residenti nel Nuovo Mondo non superava le 125.000 unità e se rari erano gli europei dominatori, rari erano anche i nativi dominati (drasticamente ridotti dai massacri, dalle epidemie, dal lavoro forzato) e i neri africani tradotti in schiavitù.

Agostino Brunias, Mercato nelle Indie Occidentali (1780 circa)

COLTIVAZIONE DI NUOVE TERRE

La crescita demografica, ossia la crescita del numero delle famiglie e del numero dei membri per ogni famiglia, obbligava ad ampliare la produzione dei beni alimentari; ma per far questo era necessario coltivare più terra e con più intensità. Inoltre l’aumento del prezzo dei cereali (assai più forte rispetto a quello dei prodotti dell’allevamento), accompagnato dal fatto che la popolazione – come si è già visto – cercava di soddisfare la necessità più urgente, quella del pane, suggeriva che la direzione in cui bisognava muoversi era quella dell’ampliamento delle terre coltivate a grano. Questo infatti avvenne: è stato calcolato che in Inghilterra, Germania, Francia settentrionale e Paesi Bassi tra il 50 e il 70 % delle campagne fosse destinato alle colture cerealicole, con conseguente limitazione dei pascoli e dei prati permanenti, ma anche dei boschi e persino, in Francia e in Italia, delle vigne.

Pieter Bruegel il Giovane, Estate: i mietitori

In molte regioni europee densamente popolate anche le bonifiche dei terreni paludosi furono numerose, come accadde in un’area molto estesa della Repubblica veneta, il che comportò un considerevole aumento dei cereali che affluivano a Venezia. Il processo di bonifica e di sistemazione idraulica avvenne in gran parte dell’Europa, ma assunse un rilievo particolare nei Paesi Bassi settentrionali, dove tra il 1540 e il 1640 migliaia di ettari furono conquistati alla coltivazione, spesso sottraendo terra al mare con la costruzione di polders.

Un documento del 1607-1612 mostra la zona del Beemster, il primo polder olandese ricavato da un lago; sotto la campagna nel comune di Beemster oggi



Come stiamo vedendo, l’aumento della produzione agricola fu ottenuto nelle campagne europee più con l’ampliamento delle colture che con i miglioramenti nelle tecniche produttive; fu cioè più un fenomeno di agricoltura estensiva che di agricoltura intensiva. Infatti la resa, ossia il rapporto fra la quantità di cereali seminata e quella prodotta, non aumentò rispetto ai secoli precedenti. Unica eccezione furono i Paesi Bassi, i quali potevano facilmente rifornirsi di cereali dalla Polonia e quindi introdussero nelle loro campagne colture foraggere, permettendo sia l’allevamento di animali sia la produzione di concime per rigenerare il terreno.

Lucas van Valckenborch, Mercato della carne e del pesce (1595 circa):
il dipinto descrive bene l’opulenza dei mercati olandesi nel Cinquecento

CONSEGUENZE SULLA PROPRIETÀ TERRIERA

Durante il Cinquecento l’aumento demografico provocò un processo che gli storici chiamano di “polverizzazione” della proprietà terriera: la terra posseduta da una famiglia veniva distribuita fra eredi sempre più numerosi, tanto che le singole parcelle diventavano insufficienti a mantenere un nucleo familiare. A quel punto il proprietario contraeva debiti, o vendeva il suo terreno, magari a un vicino potente che rafforzava così il suo patrimonio fondiario. Il contadino espropriato si trovava a dover lavorare la terra un tempo sua con un salario che nel tempo andò decrescendo o pagando un affitto che andò aumentando. Inoltre in numerose zone dell’Europa si accentuava il prelievo signorile, o quello ecclesiastico, o quello dello Stato, come accadde soprattutto in Francia, dove le tasse si moltiplicarono e si aggravarono.

Mendicante con due bambini (anonimo della fine del XVII secolo):
tra le conseguenze del peggioramento delle condizioni di vita dei contadini ci fu l’aumento 
del numero dei medicanti dediti a chiedere l’elemosina

LE MIGRAZIONI

La scarsità di terre fu una delle cause principali dell’emigrazione verso l’America o verso l’Africa meridionale, che si registrò soprattutto nel Seicento.
Un’altra causa fu quella delle persecuzioni religiose, che si verificarono in seguito alla Riforma protestante o all’espulsione degli Ebrei e dei moriscos dalla Spagna; queste migrazioni si diressero sia verso gli altri continenti, sia verso alcuni Stati europei.
Le migrazioni verso l’Europa da altri continenti furono invece, all’inizio dell’Età Moderna, del tutto secondarie: la più significativa fu quella degli Zigani (Zingari) di origine indiana, che era cominciata già a partire dal XIV secolo.

David Teniers il Giovane, Paesaggio con Zingari (XVII secolo), Madrid, Museo del Prado

CAMPAGNA E CITTÀ

Nell’Età Moderna la larga maggioranza della popolazione europea (85/90 %) continuava a vivere in campagna: il numero di coloro che vivevano in città cominciò ad aumentare, ma molto lentamente.
In effetti il numero di città in Europa era piuttosto elevato (circa 950 nel 1600), però va tenuto conto che si considerava città un centro che superasse i 5.000 abitanti. Le aree più urbanizzate erano quelle che avevano conosciuto un maggiore sviluppo economico: i Paesi Bassi, l’Italia, parte della Spagna e del Portogallo. L’Europa settentrionale e quella orientale erano meno urbanizzate.
Le grandi città, quelle che superavano i 100.000 abitanti, attorno al 1500 erano davvero poche: Parigi, Napoli, Milano e Venezia. Parigi era la città europea più popolosa nel Settecento, quando raggiunse forse il milione di abitanti.
In Asia le grandi città erano circa una decina.

La Porta di San Bernardo a Parigi nel XVII secolo (illustrazione di Reinier Nooms)

Grande città poteva esserlo innanzitutto una capitale, cioè la sede del re e della corte: come Parigi, o come Londra la cui popolazione passò nel XVI secolo da 50.000 a 200.000 abitanti; o come Madrid, che nel 1500 contava solo 10.000 abitanti e che, scelta come capitale della Spagna nel 1561, aveva nel 1630 circa 175.000 abitanti.

Mappa di Londra nel Seicento

Anche un centro commerciale poteva aspirare a divenire una grande città, come accadde a Liverpool e ad altre città portuali sull’Atlantico. Meno marcato fu l’incremento demografico nei centri produttivi: solo con la rivoluzione industriale del XVIII secolo cominciarono a crescere le città sede di grande produzione.

Francesco del Cossa, particolare del mese di Marzo (affreschi di Palazzo Schifanoia a Ferrara del 1470 circa): già nel XIV-XV secolo nelle aree più densamente popolate d’Europa vi era stata una forte crescita della produzione tessile; solo con il Settecento si può parlare però di sviluppo industriale

Nelle città la natalità era assai inferiore a quella delle campagne e la mortalità era piuttosto forte, a causa delle scadenti condizioni igieniche, in particolare dell’insufficienza della rete fognaria. L’aumento della popolazione in città, dunque, fu causato dalle migrazioni di molti europei dalle campagne alle città, che offrivano maggiori possibilità di lavoro in un periodo in cui le terre coltivabili non bastavano per tutti.

Louise Rayner, Veduta della città di Chester (in primo piano a destra il Boot Inn del XVII secolo)

L’ARRESTO DELL’ESPANSIONE DEMOGRAFICA

A partire dalla fine del Cinquecento o dall’inizio del Seicento l’espansione demografica si interruppe: la popolazione europea, che nel 1600 era di circa 100 milioni, all’inizio del Settecento era di 115 milioni.


L’aumento cioè fu molto limitato e questo per diversi fattori:

- una cattiva annata meteorologica, che provochi una carestia, fenomeno più forte dove si coltivavano solo cereali (nelle zone in cui si praticava un’agricoltura più variegata era più remota la possibilità che una cattiva annata colpisse contemporaneamente tutti i tipi di produzione)
- il ripresentarsi di malattie epidemiche e in particolare le pestilenze
il raffreddamento del clima europeo, che durò dalla fine del Cinquecento fin verso la metà dell’Ottocento
- le guerre
- l’innalzamento dell’età del matrimonio, che avvenne in alcune regioni: nell’Europa occidentale le donne cominciarono a sposarsi dopo i 20/25 anni, mentre nell’Europa meridionale e orientale le donne si sposavano quasi sempre prima dei 20 anni. Sposandosi più tardi c’era meno tempo per mettere al mondo dei figli.


La Chiesa del Redentore a Venezia in un dipinto di Giovanni Antonio Canal, detto il Canaletto:
la Chiesa del Redentore venne fatta costruire dopo la peste del 1575

Se vuoi ascoltare / vedere questa lezione, questo è il video:









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