LA PRIMA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE: CAUSE E MODALITÀ
Tutto ciò che noi oggi
utilizziamo, dalle stoviglie ai vestiti, dai libri alle scarpe, dai computer
alle automobili, viene prodotto dalle industrie; fino alla prima metà del
Settecento, invece, tutti i beni esistenti erano prodotti da artigiani, che
eseguivano a mano il lavoro necessario alla realizzazione di questi beni, al
massimo servendosi di alcune macchine relativamente semplici, mosse dalla forza
umana o animale, o da elementi quali l’acqua e il vento.
Il passaggio dalla produzione
artigianale a quella industriale, che è ormai quella più usata nel mondo,
avvenne in Inghilterra in un lungo periodo compreso tra il 1760 e il 1830; a
questo fenomeno, che sostanzialmente consiste nella nascita delle industrie, si
dà il nome di rivoluzione industriale.
Alcuni artigiani producono a mano delle scarpe: dopo la rivoluzione
industriale essi scompariranno
Essa avvenne in Inghilterra,
perché qui si verificarono le condizioni necessarie per la sua nascita.
Innanzitutto in Inghilterra si
attuò quella che viene chiamata terza rivoluzione agricola, una trasformazione
nel modo di coltivare i campi provocata dall’introduzione di nuovi prodotti (la
patata, il mais, la rapa) e di nuove tecniche, tra cui soprattutto la rotazione
quadriennale, che permetteva di coltivare il terreno ogni anno, alternando
prodotti alimentari per l’uomo con altri (come il trifoglio) che diventavano
foraggio per gli animali. Questo provocò un aumento della produzione agricola e
dell’allevamento. A sua volta l’incremento della produzione agricola favorì
l’aumento della popolazione, che però non sempre trovava lavoro nei campi, dato
che le nuove tecniche agricole non richiedevano un particolare sovrappiù di
manodopera.
Due pagine dell’Encyclopédie illuminista dedicate all’agricoltura
Contemporaneamente il commercio
inglese aveva conosciuto uno sviluppo enorme, grazie alla formazione delle
colonie in America e agli scambi che erano ormai di tipo intercontinentale.
Questi successi commerciali portavano nel paese grandi ricchezze, a
disposizione di una popolazione borghese che, a differenza degli Spagnoli nei
secoli precedenti, non si accontentò del benessere conseguente a tali
ricchezze, ma pensò di investirle in nuove attività produttive e quindi in
nuove fonti di guadagno.
Fu proprio nel Settecento che la flotta inglese divenne la più potente
al mondo
Tra queste nuove attività
produttive ci furono quelle appunto che riguardavano l’agricoltura, ma anche
altre inerenti all’artigianato, un settore che in Inghilterra aveva una lunga
tradizione e che conobbe nel Settecento un ulteriore incremento: le competenze
tecniche qui erano apprezzate e diffuse, tanto che vi erano artigiani e
meccanici in grado di costruire macchine in modo preciso, ma anche di
perfezionarle, o di inventarne di nuove. In Gran Bretagna, del resto, le
invenzioni erano protette da brevetti, che garantivano agli inventori una parte
dei guadagni che era possibile ricavarne.
Dunque, lo sviluppo agricolo
prima, quella artigianale poi, accompagnati allo sviluppo commerciale, avevano
fatto sì che in Inghilterra esistessero capitali (cioè somme di denaro) e
manodopera in abbondanza: condizioni favorevoli alla nascita e allo sviluppo
delle industrie.
A queste condizioni generali
vanno aggiunti altri tre elementi particolari. Il primo fu l’invenzione della
macchina a vapore, un motore che utilizzava l’energia del vapore per produrre
movimento e quindi svolgere un lavoro. Il modello di macchina a vapore
realizzato dall’inventore scozzese James Watt (1736-1819) si rivelò
particolarmente efficace, in quanto in grado di sfruttare l’energia del vapore
molto meglio dei modelli precedenti, ed ebbe un’ampia diffusione: nel corso del
Settecento furono costruiti circa 2.500 motori di questo tipo. Esso venne anche
applicato ai battelli (navi a vapore, 1783), ma in questo campo divenne di uso
comune solo nel corso dell’Ottocento.
Un modello perfezionato di macchina a vapore di James Watt
Il secondo elemento essenziale fu
l’uso del metallo, in particolare del ferro, per la costruzione di macchine:
esso permetteva di realizzare ingranaggi più solidi di quelli in legno, meno
soggetti all’usura e utilizzabili anche ad alte temperature senza rischi di
incendio. Motori come la macchina a vapore non avrebbero potuto essere
realizzati in legno, perché sarebbero bruciati.
Il terzo elemento fondamentale fu
l’impiego del carbone coke, un carbone purificato che si ottiene attraverso un
processo particolare. Dall’inizio del Settecento l’uso del legno come combustibile
si ridusse e il carbone venne utilizzato negli altiforni. Nella seconda metà
del secolo i progressi tecnici realizzati nel processo di produzione ne resero
l’uso molto comune: era il carbone ad alimentare la macchina a vapore,
riscaldando l’acqua fino a che questa non si trasformava in vapore. La grande
richiesta di carbone da parte dell’industria portò a un grande sviluppo
dell’attività estrattiva in Inghilterra, una regione ricca di questo elemento.
Il lavoro in miniera in una stampa italiana del Settecento
Le nuove macchine e il nuovo
sistema di produzione vennero utilizzati all’inizio per produrre tessuti: la
prima a svilupparsi fu infatti l’industria tessile, nei suoi vari settori. Le
invenzioni nel campo tessile e i loro perfezionamenti si succedettero per
decenni nel corso del Settecento; fondamentali furono i vari tipi di filatoi,
ossia di macchine che trasformavano il cotone in fili con cui fare i tessuti.
Basti pensare che, se all’inizio del Settecento erano necessarie oltre 1.100
ore di lavoro per filare un chilo di cotone con il filatoio a mano, con il
filatoio meccanico inventato nel 1779 erano sufficienti tre ore.
Il filatoio inventato nel 1779 da Samuel Crompton
Altre invenzioni permisero di
rendere più veloci e meno costose tutte le fasi di lavorazione del cotone:
dalla sgranatura (la separazione dei semi dalle fibre di cotone) alla cardatura
(la trasformazione della fibra di cotone in un velo continuo), dalla sbiancatura (mediante cloro) alla stampa sui tessuti. Infine una serie di invenzioni
relative ai telai migliorarono anche la tessitura del cotone.
Lo sviluppo dell’industria
cotoniera incoraggiò le nuove invenzioni negli altri settori tessili, quello
della lana, della seta e del lino.
Tra la fine del Settecento e
l’inizio dell’Ottocento in Inghilterra nacque anche un’industria meccanica, in
grado cioè di produrre macchine utensili ad alta precisione; fu essa che
realizzò le macchine necessarie all’industria tessile. In questo modo industria
tessile e industria meccanica si sostenevano a vicenda: lo sviluppo di una
determinava quello dell’altra.
Grazie a questi successi la
rivoluzione industriale divenne un po’ alla volta un fenomeno consolidato: si
capì che lo sviluppo dell’Inghilterra passava attraverso lo sviluppo
industriale, il quale stava trasformando completamente non solo l’economia del
Paese, ma anche la società.
Un’industria tessile
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