domenica 12 aprile 2015

51 L'età dell'intolleranza



L’ETÀ DELL’INTOLLERANZA

La spaccatura che si creò in Europa tra Cattolici e Protestanti provocò in tutti gli Stati una situazione che incoraggiò la persecuzione per motivi religiosi: dove regnavano sovrani cattolici, i protestanti vennero perseguitati e condannati a morte, dove i sovrano avevano aderito alla Riforma, spesso erano i cattolici a essere perseguitati. E ovunque crebbe l’intolleranza nei confronti dei seguaci di altre religioni, o di chi era considerato eretico, o anche di chi sosteneva la libertà di religione.

Una condanna a morte praticata sul rogo nel 1556

LE GUERRE DI RELIGIONE

L’intolleranza religiosa sfociò in vere e proprie guerre di religione, in particolare in Francia e in Germania. La religione nascondeva spesso le altre cause di queste guerre, che erano soprattutto cause politiche: nell’Impero Germanico i principi protestanti scesero in guerra contro l’imperatore cattolico Carlo V per limitarne il potere e conservare la propria indipendenza, confermata dalla pace di Augusta del 1555.
In Francia cause ed eventi furono più complessi e intricati: qui un quinto della popolazione era diventata ugonotta, ossia calvinista, ma la monarchia era cattolica. Le due diverse fedi diventarono il pretesto per lotte di potere tra i nobili: i duchi di Guisa, capi della fazione cattolica, e i duchi di Borbone, capi della fazione ugonotta, si scontrarono durante gli ultimi 4 decenni del ‘500 coinvolgendo l’intera popolazione francese. Il vero obiettivo era la conquista del trono, su cui nella seconda metà del Cinquecento si succedettero numerosi sovrani.

Lo stemma dei duchi di Guisa (a sinistra) e dei duchi di Borbone

Nel 1559 morì in un incidente durante un torneo il re Enrico II, della dinastia dei Valois. La moglie, la regine di origine toscana Caterina de’ Medici, assunse la reggenza dapprima per il figlio quindicenne Francesco II, quindi, alla morte di questo dopo un solo anno, per l’altro figlio undicenne Carlo IX. Poiché su quest’ultimo esercitava una forte influenza l’ammiraglio Gaspard de Coligny, un calvinista favorevole alla riconciliazione tra cattolici e ugonotti, Caterina de’ Medici, d’accordo con i Guisa, decise di toglierlo di mezzo.

Caterina de’ Medici

Tuttavia nell’attentato Coligny rimase solo ferito e, affinché non fosse scoperta la responsabilità della regina, costei decise di far uccidere tutti i capi protestanti, che si erano riuniti a Parigi per le nozze tra Margherita di Valois, figlia della regina, e Enrico di Navarra, della dinastia dei Borbone e capo politico degli ugonotti. Ne conseguì, però, un massacro di dimensioni molto superiori a quelle previste dalla regina: le milizie di Parigi, composte da bande di fanatici che avevano in odio gli ugonotti, nella notte tra il 23 e il 24 agosto 1572 (notte di San Bartolomeo) uccisero circa ventimila calvinisti, sorprendendoli nel sonno e massacrandoli nelle case e per le strade, senza differenza tra uomini, donne e bambini.

Il massacro della notte di San Bartolomeo in un dipinto di François Dubois del 1575

Enrico di Navarra sfuggì al massacro; nel 1574 morì Carlo IX e nel 1589 venne assassinato il suo successore Enrico III, che non aveva eredi. Enrico di Navarra si trovò così ad essere l’erede al trono, sebbene non fosse ben accetto dalla parte cattolica dei potenti di Francia; venne incoronato re solo nel 1593, dopo aver solennemente abiurato al protestantesimo (cosa che egli fece per ben sei volte, sempre a seconda delle convenienze) e in quell’occasione sembra che abbia detto la celebre frase: «Parigi val bene una messa».

Enrico IV abbraccia la religione cattolica, tela monocroma di Ludovico Buti

Enrico di Navarra come re di Francia prese il nome di Enrico IV e fu il capostipite della dinastia dei Borbone di Francia.
Si deve a lui la firma nel 1598 dell’editto di Nantes, che pose fine alle guerre di religione in Francia. L’editto non garantiva l’effettiva parità tra cattolici e calvinisti, in quanto la religione romana, praticata a corte, era considerata comunque quella ufficiale, mentre il calvinismo era solamente tollerato. Però il pluralismo religioso venne ammesso su buona parte del territorio francese, eccetto Parigi e le città murate: gli ugonotti ottennero il controllo di un centinaio di piazzeforti e si videro riconosciuti (come gli altri sudditi) il diritto di accedere all’istruzione, di usufruire della pubblica assistenza, di esercitare liberamente qualsiasi professione e di avere incarichi pubblici, purché si mostrassero leali e meritevoli.

Una pagina dell’editto di Nantes

Le guerre di religione in Francia, oltre ai morti, ebbero almeno due conseguenze importanti. Da una parte l’indebolimento della corona, a favore sia di Stati stranieri che intervennero pesantemente nelle faccende francesi (in particolare Inghilterra, Spagna, Germania e Svizzera), sia dei grandi signori francesi animati da un forte desiderio di indipendenza.
Dall’altra un fortissimo indebitamento della Francia, che fu costretta a ricorrere a prestiti inglesi, tedeschi e svizzeri. Solo dopo l’editto di Nantes la situazione cominciò a migliorare.

Parigi assediata durante le guerre di religione
(miniatura del XVI secolo dalle Memorie di P. de Commynes)

L’INTOLLERANZA CONTRO GLI ERETICI

Protestanti e cattolici, nel loro furore morale e nel reciproco timore di essere sopraffatti, si scagliarono anche contro chi, pur essendo della stessa confessione, manifestava pensieri e comportamenti difformi da quella che era considerata la norma, cioè coloro che erano considerati eretici.
Ne fecero le spese persino alcuni cardinali che durante il Concilio di Trento avevano sostenuto apertamente idee come quelle di Erasmo da Rotterdam: costui era un umanista olandese, che i riformatori luterani avevano in parte considerato un loro ispiratore, sebbene egli non sostenesse mai la loro riforma. Nel 1511 aveva pubblicato un libro, intitolato Elogio della Follia, nel quale affermava che le azioni degli uomini, in particolare di re, principi e papi, erano ispirate dalla Follia e li esortava, soprattutto gli uomini di Chiesa, a rinnovarsi, liberandosi di superstizioni, ipocrisie, rituali privi di significato per ritornare alla tolleranza, alla carità, all’amore, cioè al genuino messaggio di Cristo.

Ritratto di Erasmo da Rotterdam di Quentyn Metsys (1517) e un disegno di Hans Holbein il giovane per la prima edizione dell’Elogio della Follia (1515)

Eretico fu giudicato anche il filosofo e letterato Giordano Bruno, un domenicano autore di libri di argomento scientifico, magico e religioso, nonché di una commedia. Egli continuò ad essere accusato di eresia dai Domenicani, anche dopo aver abbandonato l’ordine e aver soggiornato a lungo a Parigi, in Germania, a Venezia. Il Sant’Uffizio riuscì sempre a raggiungerlo, a farlo cacciare dai paesi che lo ospitavano e infine, dopo numerosi processi, lo fece bruciare sul rogo il 17 febbraio 1600 sulla piazza di Campo dei Fiori a Roma, che ricorda ancora con un monumento questo martire di un’epoca intollerante.

Statua a Giordano Bruno in Campo dei Fiori a Roma

LA STREGONERIA

Particolarmente numerose furono le vittime tra coloro che erano considerati appartenenti al mondo della stregoneria. Si trattava di uomini e soprattutto di donne che si credeva dotati di poteri magici, con i quali sapevano guarire persone e animali, ma anche provocare malattie, prevedere il futuro, assicurare ricchezze.
Si trattava in realtà di credenze pagane, retaggio di idee maturate addirittura nel mondo classico. Nel XIII secolo il teologo domenicano Tommaso d’Aquino aveva detto che streghe e stregoni avevano ricevuto il loro potere dal diavolo in persona, con cui si incontravano durante i sabba (o tregende). Il sabba delle streghe venne descritto per la prima volta nel 1250 dall’inquisitore domenicano Stefano di Borbone, secondo cui esso era un raduno notturno di adoratori del demonio, che avveniva in determinati giorni e luoghi, di solito dove anticamente si celebravano riti pagani, durante i quali i partecipanti abiuravano la fede cristiana, si abbandonavano a danze sfrenate, a banchetti a base di carne umana e ad atti sessuali con Satana, rappresentato di solito sotto forma di caprone.

Un sabba in un’illustrazione di inizio ‘600 di Francesco Maria Guaccio, dal libro “Compendium Maleficarum”

Le persone sospettate di appartenere alla stregoneria, spesso senza prove, venivano torturate, costrette a confessare e infine condannate a morire sul rogo; persecuzioni e processi erano organizzati non solo da inquisitori ecclesiastici, ma anche da magistrati laici.
In tutta Europa, in quella cattolica e ancor più in quella protestante, migliaia di persone, soprattutto donne, finirono sul rogo, in particolare tra il 1434 e il 1447 e, soprattutto, tra il 1580 e il 1650. non mancarono voci in aperto dissenso con le persecuzioni, come quella di Johannes Wierus, che nel 1563 negava l’esistenza delle streghe, ritenendo che fossero delle minorate mentali, in preda a folli, quanto incolpevoli, deliri. Ciò nonostante solo verso la fine del Seicento il delitto di stregoneria venne cancellato dalla maggior parte dei codici europei.

Una condanna al rogo, illustrazione del 1485

L’INTOLLERANZA CONTRO EBREI E MUSULMANI

L’intolleranza, all’inizio dell’Età Moderna, si estese anche contro i seguaci di altre religioni.
Gli ebrei, che venivano accusati dei crimini più infami, spesso erano attaccati e uccisi da gruppi di fanatici. Molti furono costretti a convertirsi e diversi re europei decisero di espellerli dai loro stati (la Spagna lo fece nel 1494, il Portogallo nel 1497, il Regno di Napoli nel 1539). Gli ebrei si diressero nell’Italia centro-settentrionale, nell’Europa orientale, in particolare in Polonia, e nei paesi musulmani dell’Africa e dell’Asia. In altri stati essi furono costretti a risiedere nei ghetti, quartieri riservati a loro, come accadde a Venezia nel 1516 e a Roma nel 1555. La parola ghetto ha origine proprio dal quartiere ebraico di Venezia.

Veduta sul ghetto di Venezia

Anche i musulmani di Spagna (detti moriscos) subirono una conversione forzata e vennero posti sotto il controllo dell’Inquisizione; chi non voleva convertirsi, doveva abbandonare il paese. In seguito furono accusati di eresia e definitivamente scacciati dalla Spagna, senza neppure poter portare con sé i propri beni (1609-1611).

Imbarco di moriscos nel porto di Vinaros di Pere Oromig y Francisco Peralta (1613)


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