L’AMERICA PRIMA DI COLOMBO
Quando gli Europei arrivarono in
America, il continente era già densamente popolato, almeno in alcune aree. Ma
da chi? E a quale grado di sviluppo? E come gli Europei si relazionarono con le
popolazioni che incontrarono?
Le fonti scritte locali
antecedenti alla scoperta sono scarse e limitate alla Mesoamerica, termine che
indica un territorio compreso tra il Messico, l’Honduras e il Nicaragua, dove
si manifestò una realtà culturale variegata ma piuttosto sviluppata. La scarsità
dei codici precolombiani va spiegata: presso le corti regali, i tribunali, i
templi e le scuole esistevano delle autentiche biblioteche, però esse vennero
bruciate dagli Europei, che le consideravano un insieme di opere eretiche. Gli
Europei, infatti, maturarono da subito nei confronti degli indios americani un
atteggiamento negativo, non solo perché nei primi contatti essi incontrarono
popolazioni nude e impiumate, ma anche perché riscontrarono due caratteristiche
per loro inconcepibili: da una parte l’assenza di conquiste economiche e
tecnologiche assodate per gli Europei (per esempio gli animali domestici, la
ruota, la siderurgia), dall’altra la presenza di tradizioni sinistre, come il
cannibalismo, i sacrifici umani, la bellicosità. Questi due aspetti spinsero
gli Europei a evidenziare i valori negativi delle popolazioni precolombiane e a
considerare le loro creazioni più evolute (per esempio la monumentale
architettura, l’oreficeria, l’agricoltura intensiva, il commercio fiorente,
l’organizzazione monarchica) non come opera della loro civiltà, bensì del
diavolo: perciò esse andavano distrutte alle radici e sostituite con la
religione cristiana e la civiltà europea.
Una scena di cannibalismo
raffigurata in un’illustrazione del XVI secolo
L’AMERICA SETTENTRIONALE
Tra il Trecento e il Quattrocento
l’America settentrionale era abitata da diverse popolazioni, che occupavano
territori vastissimi, occupandosi soprattutto di agricoltura, o, nelle regioni
più fredde, di caccia e raccolta. Lungo la costa e nelle zone ricche di laghi
era molto praticata anche la pesca.
Nell’America settentrionale non
vi erano Stati e le popolazioni erano divise in tribù, ognuna delle quali
controllava un territorio. Le diverse tribù vivevano in villaggi, o, se erano
nomadi, in accampamenti di tende, che si potevano spostare facilmente secondo
le necessità. In tutta questa parte del continente non si svilupparono civiltà
urbane, anche se soprattutto in Florida e lungo il corso del Mississippi sono
stati rinvenuti dei centri archeologici che fanno pensare all’esistenza di
città anche di notevole ampiezza, con grandi piattaforme che sostenevano le
abitazioni dei sovrani, i templi e i luoghi dove celebrare cerimonie.
Recipiente in terracotta dipinta e incisa a forma di testa umana, dal
Medio Mississippi
(1400-1650 d.C.) Washington, National Museum of the American
Indian
Il sito archeologico di Mesa Verde (Colorado, U.S.A.), il più
importante insediamento
del popolo degli Anasazi
L’AMERICA CENTRALE
L’America centrale, in
particolare quella che viene storicamente indicata come Mesoamerica, era più
popolata dell’America del Nord: vi vivevano popolazioni diverse, dedite
all’agricoltura, all’artigianato e al commercio. Esse si erano organizzate in
città-stato, che erano spesso in guerra tra loro, anche se più per motivi di
prestigio individuale, di razzia e per la cattura di prigionieri, che di
conquista territoriale. Tra le diverse popolazioni erano frequenti, comunque,
gli scambi commerciali, intensi e regolari. Pur parlando lingue diverse e pur
essendo divise in tanti Stati, queste popolazioni avevano credenze e tradizioni
comuni, soprattutto per ciò che riguardava la religione: essa era un aspetto
importante per ciascuno di questi popoli, per questo i templi erano gli edifici
principali delle loro città e i sacerdoti avevano molto potere.
I popoli precolombiani che vivevano in Mesoamerica
Tra i popoli della Mesoamerica si
distinsero i Maya, che occuparono una vasta area compresa tra Messico,
Guatemala, Honduras, Belize e Salvador. In questa stessa zona i Maya
sopravvivono ancora oggi, formando uno dei gruppi etnici più consistenti e
omogenei del continente americano.
Due donne maya oggi
L’antica civiltà maya conobbe il
proprio apogeo tra il III e il X secolo d.C.; non formò mai uno Stato unitario,
ma rimase frazionata in numerose città-stato, di cui la più estesa fu quella
che si formò a Tikal (nell’attuale Guatemala) e che contava circa 25.000
abitanti.
L’area archeologica di Tikal
Raggiunse risultati sorprendenti
nella costruzione di opere pubbliche (templi e strade soprattutto) e in campo
matematico e astronomico. I Maya usavano nella numerazione un sistema a base 20
(vigesimale) e avevano inventato una scrittura di tipo geroglifico (che abbiamo
in parte decifrato).
Suonatori maya in un affresco del Tempio delle Pitture di Bonampák
dell’VIII secolo d.C.
Verso il IX secolo ebbero un
crollo che li obbligò a spostarsi nei bassopiani dello Yucatán, dove nel X
secolo furono sbaragliati dai Toltechi, una popolazione guerriera proveniente
dal Messico centrale, che impose ai Maya nuove e sanguinarie credenze
religiose, quali il culto del serpente piumato e i sacrifici umani.
Intorno al 1250 emersero nello
Yucatán gli Itzá, un gruppo misto di Maya e Toltechi, che però si consumò
rapidamente in guerre locali, tanto che tra il 1524 e il 1528 gli Spagnoli
conquistarono facilmente le loro terre.
Copia di un affresco del Tempio dei Giaguari a Chicén Itzá raffigurante
una scena di battaglia (900-1250 d.C.) Città del Messico, Museo Antropologico
Nel XV secolo, in una zona a
nord-ovest rispetto a quella occupata dai Maya, i Mexica o Aztechi costituirono
un vasto impero, conquistando numerose città e costringendo le popolazioni
sottomesse a pagare un tributo. Perciò nella capitale degli Aztechi,
Mexico-Tenochtitlàn, confluivano i prodotti di molte città, sia quelli
destinati all’uso quotidiano (cibo, abiti di cotone), sia quelli per la nobiltà
azteca (ornamenti, oggetti preziosi, animali rari). I popoli sottomessi inoltre
erano tenuti a fornire lavoratori per le grandi opere di costruzione che
trasformarono Mexico-Tenochtitlàn in una delle più ricche città del mondo:
paragonata a Venezia dagli Spagnoli quando vi arrivarono, la città era
un’autentica metropoli per la grandiosità degli edifici pubblici e per il
numero degli abitanti, calcolati a circa 360.000, una cifra enorme per l’epoca.
Pianta di Tenochtitlàn nel XVI secolo
“La grande Tenochtitlàn”, mural di Diego Rivera che rievoca le
meraviglie della capitale azteca: sullo sfondo si vedono i canali, i templi e i
palazzi, in primo piano il mercato, affollato di venditori,
di popolo, di merci
(Città del Messico, Palazzo Nazionale)
La potenza azteca non era però
ancora consolidata, infatti gli Aztechi avevano difficoltà a tenere sotto
controllo le province più lontane, tanto più che mancavano mezzi di trasporto
veloci, poiché il cavallo non era presente in America, e non vi erano grandi
vie di comunicazione. Per questo le rivolte contro i dominatori aztechi erano
frequenti, così come l’odio nei confronti di un popolo che aveva l’abitudine di
sacrificare sugli altari migliaia di prigionieri.
Nezahualcoyotl (Coyote digiunante), nobile azteco dipinto nel Codice
Ixtlilxochitl
(fine XVI - inizio XVII secolo) (Parigi, Biblioteca Nazionale)
L’AMERICA MERIDIONALE
Nell’America meridionale la
regione montuosa delle Ande, lungo la costa del Pacifico, era densamente
popolata e da millenni vi esistevano civiltà diverse con centri urbani
importanti. Lo sviluppo delle terre andine risale al 2500 a.C., quando le
popolazioni impararono a coltivare molte specie vegetali; la domesticazione
degli animali fu più tarda, ad eccezione dei due camelidi andini più diffusi,
il lama e l’alpaca. Più tardo fu anche lo sviluppo delle zone costiere, dove
l’agricoltura non era sufficiente al mantenimento della popolazione, che
ricorreva infatti abbondantemente ai prodotti della pesca.
Poncho con la caratteristica composizione a scacchiera dell’arte
tessile Paracas, la cultura che si diffuse nei primi secoli a.C. nella costa
meridionale del Perù
Nel XV secolo i popoli che
vivevano nella regione delle Ande vennero in maggioranza sottomessi da una
popolazione originaria del Perù, che fondò un grande impero. Noi ignoriamo
l’origine etnica di questa popolazione, ma si ritiene che essa sia affine ai
Quechua che ancora oggi rappresentano il gruppo indigeno più consistente del
Perù. Questa popolazione viene indicata comunemente con il termine di Incas, in
quanto inca era il nome dato ai nobili (l’imperatore, che era al vertice della
società, era detto Sapa Inca). L’impero degli Incas dipendeva da un forte
potere centrale: infatti l’inca controllava tutta la popolazione, grazie a
un’estesa rete di strade, che permetteva il rapido spostamento di soldati e
messaggeri, e di un gran numero di funzionari locali: essi eseguivano gli
ordini dell’inca in ogni regione e riferivano quanto accadeva.
Veduta di Machu Picchu, cittadella degli Inca costruita sulle Ande a 2450 m di altitudine,
non
molto lontano da Cuzco, la capitale incaica
L’artigianato (tra cui la
lavorazione dell’oro e della ceramica) e il commercio erano molto sviluppati,
ma l’attività principale all’interno dell’impero era l’agricoltura: essa veniva
praticata in maniera intensiva, sfruttando il terreno in senso verticale, con
la costruzione di terrazzamenti, e mediante irrigazione artificiale e
concimazione. Le terre, di proprietà dell’imperatore, venivano distinte in tre
parti, una per lo Stato, una per i servizi della religione e la terza veniva
assegnata alle comunità (dette ayllu), che le distribuivano alle famiglie, in
base al numero di componenti, affinché ognuna avesse il necessario per vivere.
Le terre assegnate alle vedove, agli anziani e agli orfani, che non erano in
grado di svolgere da soli il lavoro necessario, venivano coltivate da tutti gli
abitanti del villaggio. I lavori sui terreni pubblici avevano comunque la
precedenza su quelli svolti nei terreni privati: tutti gli agricoltori abili
erano obbligati a quelle mansioni, che avevano lo scopo di rendere tutti
partecipi della prosperità dell’impero e di certi vantaggi materiali; infatti i
prodotti dei terreni demaniali (ossia pubblici) ammassati nei magazzini di
stato, costruiti ad apposite distanze lungo le vie imperiali, servivano per il
nutrimento degli eserciti in marcia, dei pubblici funzionari in viaggio di
servizio e del clero, ma potevano anche essere distribuiti alla popolazione in
caso di carestia.
I terrazzamenti di Pisac (in Perù) sono la testimonianza degli immensi
lavori realizzati per favorire
lo sviluppo agricolo nell’impero degli Incas
Come per gli altri popoli
precolombiani, anche per gli Incas la religione costituiva un elemento
importante: il culto del Sole, considerato il capostipite della dinastia al
potere nei secoli XIV-XV, era un elemento di unificazione dell’impero, ma
poiché gli Incas (come gli Aztechi) erano molto tolleranti in materia
religiosa, i popoli conquistati potevano adorare anche le proprie divinità. Una
volta operata l’annessione politica di un territorio, i simulacri della
religione locale venivano trasportati con tutti gli onori nel tempio principale
di Cuzco, quale simbolo di alleanza e pegno di fedeltà. Uno dei motivi di
maggior contrasto tra Incas e Spagnoli fu proprio l’intolleranza manifestata da
questi ultimi.
Cerimonia a Inti, il Dio del Sole degli Incas
BELLO
RispondiEliminautile e ben fatto, grazie
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