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mercoledì 12 novembre 2014

41 L'America prima di Colombo



L’AMERICA PRIMA DI COLOMBO

Quando gli Europei arrivarono in America, il continente era già densamente popolato, almeno in alcune aree. Ma da chi? E a quale grado di sviluppo? E come gli Europei si relazionarono con le popolazioni che incontrarono?


Le fonti scritte locali antecedenti alla scoperta sono scarse e limitate alla Mesoamerica, termine che indica un territorio compreso tra il Messico, l’Honduras e il Nicaragua, dove si manifestò una realtà culturale variegata ma piuttosto sviluppata. La scarsità dei codici precolombiani va spiegata: presso le corti regali, i tribunali, i templi e le scuole esistevano delle autentiche biblioteche, però esse vennero bruciate dagli Europei, che le consideravano un insieme di opere eretiche. Gli Europei, infatti, maturarono da subito nei confronti degli indios americani un atteggiamento negativo, non solo perché nei primi contatti essi incontrarono popolazioni nude e impiumate, ma anche perché riscontrarono due caratteristiche per loro inconcepibili: da una parte l’assenza di conquiste economiche e tecnologiche assodate per gli Europei (per esempio gli animali domestici, la ruota, la siderurgia), dall’altra la presenza di tradizioni sinistre, come il cannibalismo, i sacrifici umani, la bellicosità. Questi due aspetti spinsero gli Europei a evidenziare i valori negativi delle popolazioni precolombiane e a considerare le loro creazioni più evolute (per esempio la monumentale architettura, l’oreficeria, l’agricoltura intensiva, il commercio fiorente, l’organizzazione monarchica) non come opera della loro civiltà, bensì del diavolo: perciò esse andavano distrutte alle radici e sostituite con la religione cristiana e la civiltà europea.

Una scena di cannibalismo raffigurata in un’illustrazione del XVI secolo

L’AMERICA SETTENTRIONALE

Tra il Trecento e il Quattrocento l’America settentrionale era abitata da diverse popolazioni, che occupavano territori vastissimi, occupandosi soprattutto di agricoltura, o, nelle regioni più fredde, di caccia e raccolta. Lungo la costa e nelle zone ricche di laghi era molto praticata anche la pesca.
Nell’America settentrionale non vi erano Stati e le popolazioni erano divise in tribù, ognuna delle quali controllava un territorio. Le diverse tribù vivevano in villaggi, o, se erano nomadi, in accampamenti di tende, che si potevano spostare facilmente secondo le necessità. In tutta questa parte del continente non si svilupparono civiltà urbane, anche se soprattutto in Florida e lungo il corso del Mississippi sono stati rinvenuti dei centri archeologici che fanno pensare all’esistenza di città anche di notevole ampiezza, con grandi piattaforme che sostenevano le abitazioni dei sovrani, i templi e i luoghi dove celebrare cerimonie.

Recipiente in terracotta dipinta e incisa a forma di testa umana, dal Medio Mississippi 
(1400-1650 d.C.) Washington, National Museum of the American Indian

Il sito archeologico di Mesa Verde (Colorado, U.S.A.), il più importante insediamento 
del popolo degli Anasazi

L’AMERICA CENTRALE

L’America centrale, in particolare quella che viene storicamente indicata come Mesoamerica, era più popolata dell’America del Nord: vi vivevano popolazioni diverse, dedite all’agricoltura, all’artigianato e al commercio. Esse si erano organizzate in città-stato, che erano spesso in guerra tra loro, anche se più per motivi di prestigio individuale, di razzia e per la cattura di prigionieri, che di conquista territoriale. Tra le diverse popolazioni erano frequenti, comunque, gli scambi commerciali, intensi e regolari. Pur parlando lingue diverse e pur essendo divise in tanti Stati, queste popolazioni avevano credenze e tradizioni comuni, soprattutto per ciò che riguardava la religione: essa era un aspetto importante per ciascuno di questi popoli, per questo i templi erano gli edifici principali delle loro città e i sacerdoti avevano molto potere.

 I popoli precolombiani che vivevano in Mesoamerica

Tra i popoli della Mesoamerica si distinsero i Maya, che occuparono una vasta area compresa tra Messico, Guatemala, Honduras, Belize e Salvador. In questa stessa zona i Maya sopravvivono ancora oggi, formando uno dei gruppi etnici più consistenti e omogenei del continente americano.

Due donne maya oggi

L’antica civiltà maya conobbe il proprio apogeo tra il III e il X secolo d.C.; non formò mai uno Stato unitario, ma rimase frazionata in numerose città-stato, di cui la più estesa fu quella che si formò a Tikal (nell’attuale Guatemala) e che contava circa 25.000 abitanti.

L’area archeologica di Tikal

Raggiunse risultati sorprendenti nella costruzione di opere pubbliche (templi e strade soprattutto) e in campo matematico e astronomico. I Maya usavano nella numerazione un sistema a base 20 (vigesimale) e avevano inventato una scrittura di tipo geroglifico (che abbiamo in parte decifrato).

Suonatori maya in un affresco del Tempio delle Pitture di Bonampák dell’VIII secolo d.C.

Verso il IX secolo ebbero un crollo che li obbligò a spostarsi nei bassopiani dello Yucatán, dove nel X secolo furono sbaragliati dai Toltechi, una popolazione guerriera proveniente dal Messico centrale, che impose ai Maya nuove e sanguinarie credenze religiose, quali il culto del serpente piumato e i sacrifici umani.
Intorno al 1250 emersero nello Yucatán gli Itzá, un gruppo misto di Maya e Toltechi, che però si consumò rapidamente in guerre locali, tanto che tra il 1524 e il 1528 gli Spagnoli conquistarono facilmente le loro terre.

Copia di un affresco del Tempio dei Giaguari a Chicén Itzá raffigurante una scena di battaglia (900-1250 d.C.) Città del Messico, Museo Antropologico

Nel XV secolo, in una zona a nord-ovest rispetto a quella occupata dai Maya, i Mexica o Aztechi costituirono un vasto impero, conquistando numerose città e costringendo le popolazioni sottomesse a pagare un tributo. Perciò nella capitale degli Aztechi, Mexico-Tenochtitlàn, confluivano i prodotti di molte città, sia quelli destinati all’uso quotidiano (cibo, abiti di cotone), sia quelli per la nobiltà azteca (ornamenti, oggetti preziosi, animali rari). I popoli sottomessi inoltre erano tenuti a fornire lavoratori per le grandi opere di costruzione che trasformarono Mexico-Tenochtitlàn in una delle più ricche città del mondo: paragonata a Venezia dagli Spagnoli quando vi arrivarono, la città era un’autentica metropoli per la grandiosità degli edifici pubblici e per il numero degli abitanti, calcolati a circa 360.000, una cifra enorme per l’epoca.

Pianta di Tenochtitlàn nel XVI secolo


“La grande Tenochtitlàn”, mural di Diego Rivera che rievoca le meraviglie della capitale azteca: sullo sfondo si vedono i canali, i templi e i palazzi, in primo piano il mercato, affollato di venditori, 
di popolo, di merci (Città del Messico, Palazzo Nazionale)

La potenza azteca non era però ancora consolidata, infatti gli Aztechi avevano difficoltà a tenere sotto controllo le province più lontane, tanto più che mancavano mezzi di trasporto veloci, poiché il cavallo non era presente in America, e non vi erano grandi vie di comunicazione. Per questo le rivolte contro i dominatori aztechi erano frequenti, così come l’odio nei confronti di un popolo che aveva l’abitudine di sacrificare sugli altari migliaia di prigionieri.

Nezahualcoyotl (Coyote digiunante), nobile azteco dipinto nel Codice Ixtlilxochitl 
(fine XVI - inizio XVII secolo) (Parigi, Biblioteca Nazionale)

L’AMERICA MERIDIONALE

Nell’America meridionale la regione montuosa delle Ande, lungo la costa del Pacifico, era densamente popolata e da millenni vi esistevano civiltà diverse con centri urbani importanti. Lo sviluppo delle terre andine risale al 2500 a.C., quando le popolazioni impararono a coltivare molte specie vegetali; la domesticazione degli animali fu più tarda, ad eccezione dei due camelidi andini più diffusi, il lama e l’alpaca. Più tardo fu anche lo sviluppo delle zone costiere, dove l’agricoltura non era sufficiente al mantenimento della popolazione, che ricorreva infatti abbondantemente ai prodotti della pesca.

Poncho con la caratteristica composizione a scacchiera dell’arte tessile Paracas, la cultura che si diffuse nei primi secoli a.C. nella costa meridionale del Perù

Nel XV secolo i popoli che vivevano nella regione delle Ande vennero in maggioranza sottomessi da una popolazione originaria del Perù, che fondò un grande impero. Noi ignoriamo l’origine etnica di questa popolazione, ma si ritiene che essa sia affine ai Quechua che ancora oggi rappresentano il gruppo indigeno più consistente del Perù. Questa popolazione viene indicata comunemente con il termine di Incas, in quanto inca era il nome dato ai nobili (l’imperatore, che era al vertice della società, era detto Sapa Inca). L’impero degli Incas dipendeva da un forte potere centrale: infatti l’inca controllava tutta la popolazione, grazie a un’estesa rete di strade, che permetteva il rapido spostamento di soldati e messaggeri, e di un gran numero di funzionari locali: essi eseguivano gli ordini dell’inca in ogni regione e riferivano quanto accadeva.

Veduta di Machu Picchu, cittadella degli Inca costruita sulle Ande a 2450 m di altitudine,
non molto lontano da Cuzco, la capitale incaica

L’artigianato (tra cui la lavorazione dell’oro e della ceramica) e il commercio erano molto sviluppati, ma l’attività principale all’interno dell’impero era l’agricoltura: essa veniva praticata in maniera intensiva, sfruttando il terreno in senso verticale, con la costruzione di terrazzamenti, e mediante irrigazione artificiale e concimazione. Le terre, di proprietà dell’imperatore, venivano distinte in tre parti, una per lo Stato, una per i servizi della religione e la terza veniva assegnata alle comunità (dette ayllu), che le distribuivano alle famiglie, in base al numero di componenti, affinché ognuna avesse il necessario per vivere. Le terre assegnate alle vedove, agli anziani e agli orfani, che non erano in grado di svolgere da soli il lavoro necessario, venivano coltivate da tutti gli abitanti del villaggio. I lavori sui terreni pubblici avevano comunque la precedenza su quelli svolti nei terreni privati: tutti gli agricoltori abili erano obbligati a quelle mansioni, che avevano lo scopo di rendere tutti partecipi della prosperità dell’impero e di certi vantaggi materiali; infatti i prodotti dei terreni demaniali (ossia pubblici) ammassati nei magazzini di stato, costruiti ad apposite distanze lungo le vie imperiali, servivano per il nutrimento degli eserciti in marcia, dei pubblici funzionari in viaggio di servizio e del clero, ma potevano anche essere distribuiti alla popolazione in caso di carestia.

I terrazzamenti di Pisac (in Perù) sono la testimonianza degli immensi lavori realizzati per favorire 
lo sviluppo agricolo nell’impero degli Incas

Come per gli altri popoli precolombiani, anche per gli Incas la religione costituiva un elemento importante: il culto del Sole, considerato il capostipite della dinastia al potere nei secoli XIV-XV, era un elemento di unificazione dell’impero, ma poiché gli Incas (come gli Aztechi) erano molto tolleranti in materia religiosa, i popoli conquistati potevano adorare anche le proprie divinità. Una volta operata l’annessione politica di un territorio, i simulacri della religione locale venivano trasportati con tutti gli onori nel tempio principale di Cuzco, quale simbolo di alleanza e pegno di fedeltà. Uno dei motivi di maggior contrasto tra Incas e Spagnoli fu proprio l’intolleranza manifestata da questi ultimi.

Cerimonia a Inti, il Dio del Sole degli Incas

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