I POPOLI GERMANICI E LA FINE DELL’IMPERO ROMANO D’OCCIDENTE
Ancor prima della fondazione
dell’Impero i Romani ebbero occasione di entrare in contatto con quei popoli
che essi chiamavano con disprezzo barbari e che oggi si preferisce chiamare
germanici; essi vivevano nell’Europa centro-settentrionale, in una zona che si
estendeva dal fiume Reno alla Scandinavia meridionale, dalle regioni baltiche
all’est danubiano.
Oggetti di oreficeria visigota, facenti parte del Tesoro di Guarrazar
(Madrid, Museo Arqueológico Nacional); è proprio partendo dalla scoperta e
dall’analisi di oggetti simili che gli storici non accettano più la definizione
dispregiativa di barbari, usata fino a qualche decennio fa,
per designare i popoli germanici
Non sappiamo molto di queste
popolazioni, sia perché i reperti archeologici sono insufficienti, sia perché
le notizie lasciateci dai Romani non sono del tutto attendibili: troppe erano
le differenze culturali, perché i Romani potessero veramente capire i Germani.
Inoltre questi popoli sono stati usati successivamente come pretesto per la
costruzione di concetti, in funzione anti-romana e a favore di una presunta
purezza germanica, che sono arrivati fino alla fatidica ideologia della “razza
ariana” del nazionalsocialismo di Hitler.
Oggi noi sappiamo che
appartenevano al gruppo degli Indoeuropei e che, come altri popoli della stessa
origine che si diffusero in ampie zone tra l’Europa e l’Asia, essi si
insediarono inizialmente tra la Scandinavia e le regioni Baltiche, fondendosi
con coloro che già abitavano in quei territori. Nel corso dei secoli si
differenziarono in gruppi che assunsero caratteristiche proprie nella lingua,
negli usi, nel nome stesso.
Guerrieri germanici (stampa dal “Costume antico e moderno” – Torino
1829)
Guerriero franco del V secolo, così come è stato immaginato da G. de
Genouillac nel 1878
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Un Visigoto in un’illustrazione moderna
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Quando entrarono in contatto con
i Romani per la prima volta, nel II secolo a.C., praticavano un’agricoltura
primitiva, che impoveriva in fretta i campi e li costringeva a spostarsi con
una certa frequenza (pur non essendo nomadi nel senso comune del termine).
Quando tali spostamenti avvennero in direzione sud-ovest, fu inevitabile
l’incontro con i Romani, che si stavano espandendo verso nord-ovest; importante
fu il contatto con Giulio Cesare, il conquistatore della Gallia, a cui dobbiamo
la prima descrizione di questi popoli nel suo De Bello Gallico (La Guerra Gallica) del 51 a.C.
Sarcofago Ludovisi, della metà del III secolo d.C. (Roma, Museo
Nazionale Romano)
con scena distribuita su 3 fasce; in quella superiore sono
rappresentati i Romani vincitori,
in quella mediana il combattimento tra Romani
e Germani, in quella inferiore i barbari vinti
Negli anni dopo Cristo i rapporti
tra Romani e Germanici furono soprattutto rapporti di guerra, ma, nello stesso
tempo, il diffondersi della cultura latina nelle terre tra il Reno e l’Elba
portò le classi superiori di questi popoli a richiedere sempre più i prodotti
romani, particolarmente apprezzati. La romanizzazione di queste genti si
intrecciò con la necessità dei Romani di avere soldati e per questo molti
Germani entrarono a combattere nell’esercito imperiale.
Signifero (= portatore di insegne) germanico e condottiero romano
(illustrazione tedesca della seconda metà del XIX secolo)
Non solo: i Romani si accordavano
a volte con queste popolazioni, facendole stanziare in luoghi scelti lungo i
confini dell’Impero, con lo scopo di farsi proteggere da loro in caso di
eventuali invasioni (come accadde con i Franchi, gli Alemanni e i Burgundi).
In effetti nel III secolo il
pericolo di invasioni si fece più concreto; diventò una minaccia nel IV secolo,
quando l’arrivo nell’Europa orientale degli Unni (375), che da tre secoli
avevano lasciato l’originaria Mongolia alla ricerca di nuove terre da predare,
provocò massicci spostamenti di popoli germanici, i quali, scappando di fronte
alle violenze degli Unni, cercarono riparo nella parte allora più debole
dell’Impero Romano, ossia quella occidentale.
La cartina ti permette di vedere quanti e quali popoli premevano ai
confini dell’Impero Romano
ai tempi dell’imperatore Diocleziano (fine del III
secolo)
Roma si trovò impreparata ad
affrontare questi spostamenti e intere vaste aree dell’Impero passarono sotto
il controllo di nuove popolazioni: la Britannia venne occupata dagli Angli e
dai Sassoni, la Gallia dai Franchi e dai Burgundi, la colonia Elvetica (ossia
la Svizzera) dagli Alemanni, l’Africa dai Vandali. La stessa penisola italica
venne attaccata dai Visigoti, i quali, sotto il comando del re Alarico,
devastarono nel 401 la ricca città di Aquileia (i cui abitanti fuggirono nelle
isole della laguna veneta, fondando il primo nucleo della futura Venezia) e nel
410 saccheggiarono la stessa Roma.
I Visigoti di Alarico saccheggiano Roma
(incisione di Ludovico
Pogliaghi dalla Storia del Medioevo del 1892)
Un’altra incisione di Ludovico Pogliaghi sul Sacco di Roma
Sebbene Roma non fosse più, fin
dal 402, la capitale dell’Impero (essendo stata scelta per questo ruolo la più
tranquilla Ravenna, che era circondata da terre acquitrinose e quindi meno
appetibili dagli invasori e possedeva un porto, da cui fuggire in fretta verso
Oriente in caso di pericolo), il sacco di Roma fu un evento terribile, che
suscitò un’enorme impressione nei contemporanei, tanto che sant’Agostino
(allora vescovo in Algeria) pensò che stessero arrivando il Giorno del Giudizio
e la fine del mondo.
Il porto di Classe era il porto di Ravenna fatto costruire da Augusto
verso il 27 a.C.
(mosaico da Sant’Apollinare Nuovo, Ravenna – inizio VI secolo)
Qualche anno dopo anche gli Unni,
guidati da Attila, entrarono in Italia e saccheggiarono numerose città: di
nuovo Aquileia, poi Padova, Vicenza, Verona, Bergamo, Brescia, Milano.
Attila in un’incisione del XVIII secolo
Nel 451 Roma venne nuovamente
saccheggiata, questa volta dai Vandali, che erano arrivati dall’Africa
attraverso il Mediterraneo.
L’Impero Romano d’Occidente,
almeno di nome, esisteva ancora; in realtà era nelle mani di capi militari di
origine germanica. Un generale del popolo dei Goti impose come imperatore suo
figlio, che era appena un ragazzo, con il nome di Romolo Augustolo; ma nel 476
un altro militare germanico, Odoacre, depose Romolo Augustolo. Odoacre non
assunse il titolo di imperatore, però inviò le insegne e i simboli dell’Impero
d’Occidente a Costantinopoli, doveva viveva l’imperatore romano d’Oriente.
Odoacre e Romolo Augustolo (illustrazione di Ludovico Pogliaghi)
L’Impero Romano d’Occidente era
praticamente finito.
Sebbene i fatti accaduti nel V
secolo non siano stati percepiti come la fine di un’epoca (vuoi perché
avvennero in un arco di tempo di decenni, vuoi perché la gente comune era
troppo coinvolta nelle scorrerie e nelle violenze germaniche o unne per pensare
ad altro che a salvar la pelle), gli storici successivi hanno scelto il 476
d.C. come una data fondamentale, che ha cambiato il corso del tempo: il 476 è
diventato l’anno della fine dell’Età Antica e dell’inizio di un nuovo periodo
storico, che chiamiamo Medioevo.
Popolazioni in fuga dalle invasioni barbariche (miniatura da un
manoscritto bizantino del V secolo,
conservato a Parigi alla Bibliothèque Nationale)
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