ECONOMIA, SOCIETÀ E CIVILTÀ A ROMA
L’economia nell’antica Roma era
simile a quella degli altri popoli dell’Età Antica: agricoltura e allevamento
erano le attività tradizionali e più diffuse.
Scena di transumanza in un rilievo del I secolo d.C.; a partire
dall’epoca repubblicana la graduale riduzione dei terreni adibiti a pascolo
costrinse i pastori a spostare gli animali attraverso la penisola italica alla
ricerca di terre libere dallo sfruttamento agricolo
Nell’antica Roma i pascoli non erano destinati solo all’allevamento di
pecore e capre, ma anche di bovini, come testimonia questo mosaico del II
secolo a.C. raffigurante un pastore che suona il flauto mentre accudisce i suoi
buoi
Il possesso di grandi estensioni
di terra (latifondi) era l’elemento che distingueva la nobiltà senatoria e che
le permetteva di avere grandi ricchezze e il potere politico. Nei propri
latifondi i nobili abitavano in grandi ville, arredate, affrescate e con i
pavimenti rivestiti di mosaici; o meglio, ci abitavano soprattutto d’estate,
dato che nelle altre stagioni risiedevano per lo più a Roma.
La Casa dei Vettii a Pompei con il peristilio (il portico a colonne che
cingeva il cortile interno delle ville romane) e l’arredo dell’epoca
Oltre ai latifondi esistevano
però anche numerosi piccoli appezzamenti, sufficienti per mantenere una
famiglia; nelle regioni che venivano mano a mano occupate piccole proprietà
terriere venivano assegnate ai contadini, che vi andavano a vivere, facendo
nascere così nuovi villaggi di cultura romana in terre non romane: in fondo, si
trattava di colonie che diffondevano la civiltà latina nei nuovi territori
conquistati.
Importante nella Roma antica fu
anche il commercio, sia all’inizio (quando i Romani controllavano il commercio
di sale attorno al Tevere), sia, ancor più, quando si formò l’impero. Si
praticavano un commercio interno (ossia entro i confini imperiali), riguardante
soprattutto i prodotti agricoli ed artigianali necessari alla vita quotidiana,
e un prodotto estero (con i popoli che vivevano oltre i confini dell’impero):
con le tribù germaniche del nord Europa, con le popolazioni africane del sud,
con l’India e l’Impero Cinese, che fornivano prodotti pregiati o rari
(pellicce, ambre, animali feroci per le arene, oro e pietre preziose, seta,
pepe, perle , avorio).
Scena di mercato (rilievo del I secolo d.C.)
Un macellaio in un rilievo del II secolo d.C. proveniente da Ostia
Gli scambi commerciali favorirono
lo sviluppo dell’artigianato (spesso specialistico, ossia una città si specializzava
nella produzione di un certo bene, come Arezzo con i vasi di ceramica) e delle
attività finanziarie, cioè tutte le attività legate al prestito o
all’investimento del denaro.
Le ricchezze che nel corso dei
secoli sono giunte a Roma hanno modificato la società romana, accentuando le
differenze tra ricchi e poveri.
I più ricchi furono sempre i
grandi proprietari terrieri, che inizialmente erano solo patrizi, ma poi anche
plebei: potendo entrare a far parte del Senato, essi detenevano anche il potere
politico.
L’espansione militare permise ai
senatori di arricchirsi ulteriormente, ma offrì delle opportunità anche ad
altre categorie:
- i commercianti, che ampliavano
le aree in cui potevano vendere o acquistare le loro merci;
- coloro che si occupavano di
attività finanziarie, in quanto trovavano nuove occasioni di investimento;
- chi riceveva l’incarico per la
costruzione di opere pubbliche (acquedotti, teatri, arene, eccetera);
- chi riceveva il diritto di
sfruttare le risorse dello Stato, in particolare le miniere.
Un tratto dell’acquedotto romano iniziato da Caligola nel 38 e
completato da Claudio nel 52 d.C.
Bottega di un cambiavalute (metà del III secolo d.C.)
Tutti costoro, la cui ricchezza
non risiedeva nelle proprietà terriere, bensì nell’accumulo di denaro,
formarono una nuova classe sociale, quella dei cavalieri (o nobiltà equestre),
così chiamati perché nell’esercito combattevano a cavallo; essi, però, erano
esclusi dal Senato.
Il resto (contadini, negozianti,
artigiani, pescatori e così via) formava la massa del popolo: in anni di crisi
molti piccoli contadini erano costretti dai debiti a vendere le loro terre ai
grandi proprietari e, al pari dei membri di altre categorie, diventavano
proletari, termine che indica chi possiede solo la propria prole (vale a dire i
figli), cioè niente, e quindi vive poveramente. Il rischio di una ribellione da
parte di questa gente era sempre molto forte: per evitare rivolte, gli
imperatori cominciarono ad un certo punto a offrire panem et circenses, cioè distribuivano gratuitamente del pane per
sfamarsi e offrivano spettacoli nelle arene per dimenticare la propria miseria.
Il pane divenne la base dell’alimentazione dei romani, specialmente di
quelli che vivevano in città. Esso veniva spesso venduti a prezzi calmierati o
distribuito gratuitamente ai ceti più bassi come raffigurato in questa pittura
del I secolo d.C. rinvenuta a Pompei
Il gradino più basso della
società era occupato dagli schiavi, sempre più numerosi con il progredire
dell’espansionismo di Roma. Le loro condizioni di vita erano diverse a seconda
del lavoro che svolgevano; comunque, sia che coltivassero i campi dei
latifondisti o servissero in vari modi nelle case dei ricchi, sia che venissero
addestrati per combattere come gladiatori o potessero anche diventare
negozianti o artigiani in proprio, erano proprietà del padrone, che poteva
farne quello che voleva: venderli, percuoterli, ucciderli.
Spesso scoppiarono rivolte di
schiavi, come quella di Spartaco, che occupò l’esercito nell’Italia meridionale
dal 73 al 71 a.C.
A volte uno schiavo poteva essere
affrancato (liberato) dal padrone, oppure poteva guadagnare abbastanza da
potersi comperare la libertà: diventava così un liberto e un cittadino romano.
La cattura di uno
schiavo in un rilievo di età imperiale
Schiavi impegnati in
lavori agricoli (rilievo marmoreo di età imperiale)
Combattimento tra
gladiatori in un mosaico di Pompei
Essere un cittadino romano era
importante, perché permetteva tutta una serie di privilegi, negati a coloro che
non lo erano (venivano chiamati peregrini);
di solito la cittadinanza romana veniva concessa alle famiglie illustri dei
popoli conquistati, o a volte anche ad intere città, come ricompensa per meriti
particolari o per servizi prestati. Nel 212 d.C. l’imperatore Caracalla la
estese a tutti coloro che vivevano nell’impero.
La famiglia romana aveva regole e
consuetudini simili a quella greca: il matrimonio era combinato, il padre aveva
un potere assoluto sulla moglie e sui figli, le donne contavano meno dei
maschi.
Una madre allatta il
suo bambino mentre il padre li osserva
(particolare di un sarcofago del II
secolo d.C. ritrovato a Ostia)
Coppia di coniugi
(affresco dalla casa di Terentius Neo a Pompei)
Nell’arte romana
ricorre spesso un’immagine come questa: il matrimonio tra due sposi suggellato
da una stretta di mano (dextrarum iunctio)
Soltanto col tempo le donne
ottennero una maggiore libertà: poterono uscire di casa, partecipare ai
banchetti, ottenere il divorzio. Furono però sempre escluse dalla vita
politica.
Anche nella vita quotidiana i
Romani erano molto simili ai Greci, anzi, se nei primi secoli la civiltà greca
influenzò moltissimo Roma, possiamo dire che dopo la conquista della Grecia nel
II secolo a.C. la città se ellenizzò. Infatti, per fare solo qualche esempio
- la religione romana si modellò
su quella greca e molti dèi latini presero le caratteristiche di quelli greci;
- la vita sociale, come accadeva
in Grecia, aveva nei banchetti e nelle cerimonie religiose i suoi momenti più
importanti;
- le terme (cioè i bagni
pubblici) fornivano un momento d’incontro e di divertimento amatissimo;
- l’abbigliamento era composto da
tuniche e mantelli, come in Grecia (unico elemento di novità la toga romana,
usata dagli uomini in occasioni ufficiali);
- l’usanza di mangiare distesi si
diffuse anche a Roma;
- l’amore per il teatro contagiò
anche i Romani, soprattutto in età imperiale, anche se i Romani preferivano
spettacoli più leggeri e, soprattutto, amavano le arene, dove assistevano a
gare dei carri, combattimenti di gladiatori, esecuzione di condannati a morte o
battaglie navali;
- la lingua latina si arricchì
abbondantemente di lessico greco (passato poi anche nelle lingue neolatine);
- la letteratura latina si ispirò
a modelli greci (pensiamo all’importanza Omero per Virgilio, o di Esopo per
Fedro).
Questo non significa che la
civiltà romana non abbia sviluppato delle caratteristiche nuove ed originali,
anzi; nelle abitazioni, nell’abbigliamento, nelle tradizioni, nell’arte,
nell’educazione dei figli, nei divertimenti, nell’esercito, nella tecnica
(pensiamo agli acquedotti e alle strade romane) e in tanti altri aspetti della
cultura di un popolo, i Romani costruirono qualcosa che è rimasto nel tempo e
non solo come vestigia della loro grandezza passata.
Busto in marmo di Marte (II secolo d.C.); Marte era il corrispondente
latino del dio greco Ares
Una schiava serve il
pasto alla padrona di casa e al suo bambino accomodati su un triclinio
Mosaico con attori
tragici e musici dalla Casa del Poeta Tragico di Pompei (I secolo d.C.)
Rilievo con corsa di
carri nel Circo Massimo
Un partecipante a una
gara tra quadrighe (mosaico dalla Villa del Casale di Piazza Armerina 320-350
d.C.)
Macchina da cantiere
edile, con cui era possibile sollevare grandi pesi e rendere più efficace il
lavoro, mediante una grande ruota mossa da operai posti al suo interno (rilievo
della fine del I secolo d.C.)
Interessante; anche le immagini sono molto ben scelte. Da notare tra l'altro il coltello del macellaio, modello tuttora in vendita.
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