LA CONQUISTA DELL’AMERICA
Dal 1492 in poi Spagnoli e
Portoghesi si gettarono alla conquista dell’America; qualche anno dopo si
aggiunsero ad essi anche Francesi, Inglesi e Olandesi.
La conquista dell’America da
parte degli Europei fu un evento unico nella storia dell’umanità (non
paragonabile al diffondersi della presenza europea in Africa e in Asia),
infatti ebbe alcune caratteristiche particolari:
-
la conquista fu totale, da Nord a Sud, e travolse tutti
i sistemi politici e sociali esistenti nel continente, sostituiti da altri del
tutto diversi;
-
le popolazioni indigene (cioè originarie del luogo; si
può dire anche native, o autoctone) furono tutte messe in una situazione di
inferiorità, pur essendo e rimanendo in molti luoghi in maggioranza dal punto
di vista numerico;
-
nel Nuovo Mondo si assistette a un travaso enorme di
Europei, i quali furono poi anche responsabili dell’invio in America di masse
consistenti di popolazioni di altri continenti, in particolare di quegli
Africani che hanno attraversato l’Atlantico incatenati a bordo di navi
negriere.
Disegno che sintetizza il volto delle tante popolazioni amerindie
all’inizio del XX secolo
Queste tre caratteristiche della
conquista dell’America hanno avuto effetti che perdurano ancora oggi e hanno
alterato la composizione umana dell’America, creando intrecci e problemi non
presenti altrove.
I primi europei che si
stabilirono in America furono spagnoli che si insediarono nelle isole delle
Antille scoperte da Colombo; si trattava di contadini in cerca di terra e di
avventurieri in cerca di ricchezze, i quali ritenevano naturale prendere con la
forza le terre degli indigeni e costringerli a lavorare per loro.
Scontro tra indios e conquistadores in un’illustrazione di Johann
Theodor De Bry
dal De America del 1592
Dalle Antille gli Spagnoli
cominciarono la conquista della terraferma, dove esistevano vasti Stati
amerindi: Hernán Cortés conquistò dal 1519 al 1521 l’impero degli Aztechi,
alleandosi con le popolazioni che erano state sottomesse da costoro; Francisco
Pizarro si impadronì dell’impero degli Incas (1531-1534), approfittando dei
contrasti tra i due figli dell’ultimo inca; molti altri conquistadores si impadronirono di altre terre e sottomisero altri
popoli. A quarant’anni dall’arrivo di Colombo tutti gli Stati e le regioni più
ricche dell’America centro-meridionale erano sotto dominio spagnolo e gli
indios erano ridotti in schiavitù.
Ritratto di Hernán Cortés
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Ritratto di Francisco Pizarro
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Diversi sono gli elementi che
spiegano la rapidità di questa conquista.
Innanzitutto la netta superiorità
militare: gli Spagnoli erano soldati di professione e soprattutto erano
equipaggiati con armi da fuoco, spade d’acciaio, solide armature e cavalli.
Nelle guerre essi si dimostravano spietati e riuscivano a provocare il terrore
tra gli avversari: imprigionavano e uccidevano i principi locali, privando le
popolazioni dei loro capi, e distruggevano i templi, convincendo gli indigeni
della superiorità del Dio cristiano sui loro dèi.
Indios sbranati dai cani sotto lo sguardo indifferente di soldati
spagnoli
Inoltre gli Spagnoli seppero
sfruttare le tensioni esistenti all’interno dei grandi Stati, cercando alleati
tra i popoli sottomessi o approfittando dei conflitti tra pretendenti al trono
o tra grandi famiglie.
Guerra tra Aztechi e Cuitlahuac (incisione dalla Historia de las
Indias di Diego Durán – 1579)
Infine poterono contare su un
alleato imprevisto: le malattie. I microbi portati dagli Spagnoli, infatti, non
erano presenti in America, perciò gli Amerindi non avevano anticorpi con cui
difendersi e i contatti con gli Europei provocarono epidemie spaventose, che
decimarono le popolazioni e le convinsero che i loro dèi le avevano
abbandonate.
Indios colpiti dal vaiolo
Anche se la conquista spagnola
dell’America centro-meridionale fu molto rapida, non mancarono numerosi e
duraturi fenomeni di resistenza da parte di diverse popolazioni: per esempio i
maya Itzà dello Yucatan furono sottomessi solo nel 1696 e altre popolazioni, ancora più isolate,
riuscirono a difendere la propria indipendenza fino al XVIII secolo; alcune,
come gli Araucani del Cile e i Chichimechi del Messico, non furono
completamente sottomesse fino al XIX secolo.
Inoltre nelle regioni sottomesse
scoppiarono a lungo rivolte contro gli Spagnoli: ancora nel 1780 in Perù ci fu una
grande ribellione guidata da un cacicco (il nome dato ai capi locali) che aveva
preso il nome dell’ultimo inca, Tupac Amaru.
Dipinto novecentesco di Pedro Subercaseaux raffigurante Lautaro, uno
dei capi degli Araucani
che combatterono contro i conquistadores del Cile
INSEDIAMENTO EUROPEO IN AMERICA
Assieme alla conquista (nel 1556
una disposizione reale spagnola proibì da quel momento l’uso delle parole conquista e conquistadores e impose, al loro posto, i due nuovi termini descubrimiento e pobladores) cominciò e durò 3 secoli una profonda attività di
esplorazione dell’America: essa fu sempre la premessa di nuovi insediamenti da
parte degli europei.
In seguito a un accordo con la
Spagna (il trattato di Tordesillas del 1494), i Portoghesi occuparono la
regione che prese poi il nome di Brasile: qui però non sembravano esserci
grandi ricchezze da sfruttare, per cui inizialmente vi si stabilirono pochi
portoghesi.
Il cosiddetto planisfero di Alberto Cantino (dell’inizio del XVI
secolo) in cui è segnato il meridiano
di Tordesillas, che segna le terre
spettanti alla Spagna (a ovest del meridiano) e quelle al Portogallo (a destra)
Nel corso del Seicento nelle
piccole Antille (le isole minori dell’arcipelago) e lungo la costa del Mar dei
Caraibi si stabilirono inglesi, francesi ed olandesi, che non volevano essere
esclusi dal commercio e dallo sfruttamento dell’America e che usarono questi
territori per impiantarvi delle basi commerciali e per creare piantagioni in
cui coltivare i prodotti tropicali che stavano diventando di moda in Europa.
Le terre del Mar dei Caraibi si
trasformarono anche in basi per i pirati e i corsari che attaccavano le navi
spagnole, cariche d’oro e d’argento.
Nell’America settentrionale, dove
esistevano pochi insediamenti spagnoli (in Florida e nelle regioni a nord
dell’attuale Messico), cominciarono a stabilirsi coloni francesi (in Canada e
nella Louisiana, lungo il corso del Mississippi) e inglesi (lungo la costa
atlantica e nella baia di Hudson), ma fino al XVIII secolo i coloni europei
rimasero poco numerosi.
LO SFRUTTAMENTO DELLE RISORSE
La presenza europea in America si
caratterizzò a lungo per lo sfruttamento delle risorse del nuovo continente:
innanzitutto delle miniere di oro e argento, che arrivarono in Spagna in enormi
quantità.
Schiavi che cercano l’oro per gli Spagnoli
Nelle regioni più fertili i
coloni europei crearono grandi piantagioni, cioè grandi estensioni di terreno
in ognuna delle quali veniva coltivato un particolare prodotto: la canna da
zucchero (di origine asiatica), il caffè (di origine africana), il cacao (un
prodotto americano che divenne di moda in Europa a partire dalla seconda metà
del XVII secolo), il tabacco, più tardi il cotone.
La manodopera nelle miniere e
nelle piantagioni americane era costituita da indios, ma in molte regioni la
popolazione amerindia andò diminuendo rapidamente, per lo sterminio provocato
dalle armi o dalle malattie europee. Allora i coloni europei si procurarono
nuova manodopera catturando in altre regioni indios da rendere schiavi, ma
quando anche queste regioni furono spopolate, la scarsità di manodopera divenne
un grave problema.
Indios impiegati come schiavi nelle miniere d’argento di Potosí
(Bolivia)
Dall’America settentrionale, in
cui il clima era più freddo e la presenza europea più scarsa, provenivano
soprattutto pellicce, pesce e legname. I mercanti di pelli si addentravano
nelle grandi foreste del Nord e ottenevano dagli indiani pelli di castori e di
altri animali; boscaioli e pescatori si stabilivano invece lungo le coste, per
sfruttare i primi le grandi foreste e i secondi le zone molto pescose
dell’Atlantico settentrionale.
Scambio di prodotti tra Europei e Indios nell’America del Nord
Va ricordato infine che in
America gli Europei conobbero prodotti che poterono essere coltivati e
divennero di uso quotidiano anche nel nostro continente: il mais, la patata, il
pomodoro, un genere di zucca, il fagiolo rosso, il peperone e il peperoncino,
il tabacco, una varietà di fragola, la patata americana, il fico d’india, le
arachidi, l’uva fragola, il girasole. Tra le piante che potevano essere
coltivate solo nelle zone tropicali si scoprirono il cacao, l’ananas,
l’avocado, la papaya, la noce di cocco (sulla cui origine, però, ci sono molte
incertezze). Mentre tra gli animali si scopre l’esistenza del tacchino, del
cincillà, del visone americano, del lama, della vigogna, dell’alpaca, del
guanaco, del bisonte americano.
ETNOCIDIO E GENOCIDIO
Nelle regioni dove gli europei si
insediarono più numerosi, la popolazione indigena si ridusse a causa delle
malattie, dei massacri e del feroce sfruttamento: gli indigeni, che non
ricevevano cibo a sufficienza, erano spesso costretti a lavorare nelle miniere
e nelle piantagioni fino a morire per la fatica e venivano ferocemente puniti
per ogni tentativo di ribellione o di fuga. Perciò tra il 1500 e il 1650 la
popolazione amerindia passò da 80-100 milioni (secondo altri 50-60) a circa 10
milioni di abitanti. In alcuni luoghi, come le Antille, già alla fine del XVII
secolo la scomparsa dei nativi era totale; qui, ma anche nelle Ande, fu
impressionante il numero di suicidi che si registrò tra gli amerindi.
Disegno raffigurante la Matanza del Templo Mayor (20 maggio 1520), uno dei tanti episodi di
violenza accaduti durante la conquista dell’America
Se a ciò aggiungiamo le
conversioni forzate al cristianesimo, gli spostamenti di intere popolazioni in
aree marginali e inospiti e la spoliazione del territorio delle varie tribù, è
legittimo parlare sia di etnocidio (cioè di distruzione della cultura di un
popolo), sia di genocidio (cioè di uccisione di massa di un popolo).
È sconcertante riscontrare come
alcuni storici neghino o ridimensionino tutto questo. Leggiamo ciò che è
scritto in un manuale per la scuola media, purtroppo abbastanza diffuso:
GLI EUROPEI IN AMERICA
Così come la popolazione indigena
andò calando, quella europea aumentò nel corso del tempo. Molti emigravano
dall’Europa e si stabilivano in America per motivazioni economiche, attratti dalla
possibilità di arricchirsi o almeno di uscire dalla miseria. Altri lo facevano
per sfuggire a persecuzioni religiose, come nel caso di molti coloni inglesi.
Non sempre però le migrazioni spontanee erano sufficienti per popolare e tenere
sotto controllo i territori conquistati: perciò i governi di alcuni Stati
europei (Inghilterra, Francia, Portogallo) inviarono in America anche uomini e
donne condannati al carcere.
Detenuti inglesi vengono imbarcati su una nave all’ancora nel Tamigi in
partenza per l’America:
si noti come molti di essi siano dei ragazzi
Nelle colonie europee d’America
si formò una società mista, bianca e india,
in cui esisteva però una netta divisione sociale: il potere e le
ricchezze erano in mano ai bianchi, mentre gli indigeni vivevano in condizioni
di inferiorità e molto spesso erano costretti ai lavori forzati per i coloni
europei. Poiché nei primi secoli le donne europee erano molto meno numerose
degli uomini, molti coloni europei si prendevano concubine indiane: nacquero così
molti meticci, cioè persone nate da un genitore di origine europea e uno di
origine amerindia, i quali di solito occupavano una posizione inferiore a
quella degli europei, ma superiore a quella degli indiani. In alcune aree, per
esempio in gran parte del Messico, essi divennero la maggioranza della
popolazione.
A partire dal XVI secolo in
America si stabilì un’altra popolazione: i neri portati come schiavi
dall’Africa per lavorare nelle piantagioni.
Gli europei trasferirono in
America piante e animali domestici, modelli di abitazione e di famiglia, modi
di vivere, religione e lingua: essi trasformarono profondamente l’America, in
cui sorsero città di tipo europeo, porti, strade, fortezze, università (la
prima fu quella di San Marco a Lima, nel 1551), chiese, conventi.
Cuzco (Perù): la Cattedrale cattolica costruita tra il 1560 e il 1664,
al posto di una prima chiesa
che era stata costruita nel 1539 sopra un tempio
inca
Persino i nomi dati alle regioni
erano spesso di origine europea: Nuova Spagna venne chiamato il vicereame
spagnolo esteso nell’America centrale, Nuova Castiglia quello in Perù, Nuova
Scozia venne chiamata una regione del Canada, molte furono le città dal nome
europeo, come Nuova York (ossia New York).
I figli della nobiltà amerindia
vennero mandati in scuole in cui imparavano la lingua, la religione e i valori
europei. Molti indiani perciò cominciarono a imitare i modi di vita degli
europei. Anche nell’interno dell’America del Nord, dove i coloni europei furono
a lungo una minoranza, gli scambi commerciali modificarono profondamente il
modo di vivere degli indiani, diffondendo l’uso delle armi da fuoco e dei
cavalli.
Dipinto raffigurante una scena (dei pellerossa a cavallo) che a noi
oggi appare comune, ma che è la conseguenza dell’introduzione del cavallo in
America da parte degli Europei
Gli europei imposero ovunque il
Cristianesimo e distrussero le statue degli dèi, che essi consideravano idoli,
e i templi, costruendo invece al loro posto un gran numero di chiese. Le
popolazioni indigene furono convinte o costrette a convertirsi, ma il
Cristianesimo non sostituì completamente le religioni tradizionali: spesso si
ebbe una mescolanza di elementi (credenze, miti e riti) della religione
cristiana con quella locale, che prende il nome di sincretismo religioso.
I territori spagnoli, inglesi,
portoghesi e poi anche quelli francesi in America dipendevano direttamente dai
re degli Stati che li avevano conquistati e avevano una limitata autonomia: le
colonie spagnole, ad esempio, erano amministrate da un Consiglio delle Indie,
che aveva sede a Madrid, e le miniere americane erano monopolio reale (cioè
erano sotto il completo controllo del re). Tutte le decisioni più importanti
erano perciò prese al di fuori delle colonie e talvolta i coloni protestavano,
perché i loro interessi venivano danneggiati.
In generale i governi europei non
incoraggiarono lo sviluppo delle attività artigianali in America e, per
favorire i propri centri di produzione, imposero ai coloni di importare dalla
madrepatria tutti i prodotti necessari, in particolare tessuti e liquori. In
questo modo l’America forniva all’Europa prodotti minerari e agricoli, ma non
artigianali e questo fatto è all’origine di sviluppi futuri della storia del
Nuovo Mondo.
Mappa di Londra nel 1572: la grandezza della Gran Bretagna e di Londra
passò anche attraverso
i commerci con il Nuovo Mondo
Se vuoi ascoltare/vedere questa lezione, clicca sui video seguenti:
La conquista dell'America (parte 1)
La conquista dell'America (parte 2)
La conquista dell'America (parte 1)
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