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domenica 9 aprile 2017

88 La guerra civile in Spagna

LA GUERRA CIVILE IN SPAGNA

Durante la Prima guerra mondiale la Spagna si era mantenuta al di fuori del conflitto e ciò le aveva permesso grandi vantaggi commerciali; però il Paese si trovava in una condizione di gravissima arretratezza economica, che provocava forti tensioni sociali. I grandi latifondisti sostenuti dalla Chiesa e dagli ambienti militari si contrapponevano a un proletariato poverissimo, profondamente influenzato dai partiti di sinistra; due milioni di braccianti erano senza terra, mentre appena 50.000 grandi e medi proprietari possedevano metà dell’intero suolo spagnolo e la Chiesa curava circa 11.000 aziende e aveva solidi interessi nel mondo della finanza.
All’inizio degli anni ’20 la situazione interna era dunque molto difficile: se da una parte le forze progressiste spingevano verso il rinnovamento, dall’altra il re Alfonso XIII appoggiò invece il regime dittatoriale del generale Miguel Primo de Rivera.

Alfonso XIII (a sinistra) e Primo de Rivera nel 1930

Con la grande crisi del 1929 il malcontento popolare esplose e nel gennaio del 1930 de Rivera fu costretto a dimettersi. Nell’aprile del 1931 la coalizione antimonarchica vinse le elezioni. Alfonso XIII lasciò la Spagna e venne proclamata la repubblica.
Il nuovo governo repubblicano introdusse il suffragio universale, la separazione tra stato e Chiesa e la concessione dell’autonomia alla Catalogna; inoltre promosse una riforma agraria, che frazionava il latifondo e ridistribuiva le terre fra piccoli proprietari, a adottò atteggiamenti anticlericali, quali l’istituzione del matrimonio civile e il divorzio e l’incameramento dei beni ecclesiastici.

La proclamazione della Repubblica a Barcellona il 14 aprile 1931

Però la situazione era molto difficile e gli anni tra il 1931 e il 1935 passarono fra rotture di alleanze, tentativi di colpo di stato, ripresa delle forze conservatrici; nel 1933 le elezioni assegnarono la vittoria ad una coalizione di centro-destra, che abrogò le leggi anticlericali e annullò l’autonomia dei Catalani. Intanto la situazione economica peggiorava ulteriormente, aumentando la tensione sociale.
Alle elezioni del febbraio 1936 le forze di sinistra (comunisti, socialisti, repubblicani ed anarchici), unite nella coalizione del Fronte Popolare, tornarono al potere: l’odio contro gli sfruttatori e contro la Chiesa che li appoggiava esplose con inaudita violenza e spinse i contadini a trucidare proprietari terrieri, sacerdoti, funzionari, poliziotti. L’assassinio di un capo dei monarchici fu la scintilla che portò la destra, sostenuta dai quadri dell’esercito, alla ribellione: squadre di falangisti (come si chiamavano i fascisti spagnoli) cominciarono ad assalire i contadini e gli esponenti della sinistra.
Il 17 luglio 1936 il generale Francisco Franco (detto il caudillo, titolo corrispondente all’italiano “duce”), comandante delle truppe del Marocco spagnolo, organizzò la rivolta armata contro il governo legittimo. Con questo colpo di stato la Spagna si trovò divisa in due: a ovest le regioni guidate da un governo provvisorio insediato a Burgos, che affidò il potere al generale Franco; a est e al centro il governo legale repubblicano, che controllava anche le province basche, isolate dal resto della repubblica. Iniziò allora una sanguinosa guerra civile, che sarebbe durata tre anni.

La Spagna nel luglio 1936

Dal novembre 1936 la Germania e l’Italia riconobbero il governo del generale Franco e lo sostennero con grossi aiuti militari. La Germania non solo fornì armi e personale specializzato alle truppe di Franco, ma partecipò direttamente al conflitto, soprattutto con l’aviazione: per la prima volta nella storia furono utilizzati gli aerei per bombardare le popolazioni civili delle città, inaugurando così una pratica che sarebbe stata abbondantemente usata nel corso della Seconda guerra mondiale. Particolarmente feroce fu il bombardamento della città di Guernica (nella regione basca), che venne rasa al suolo dagli aerei tedeschi nell’aprile 1937; l’episodio ispirò la celebre tela del pittore spagnolo Pablo Picasso, divenuta il simbolo della guerra civile spagnola, ma anche del rifiuto di ogni guerra.

L’opera di Picasso “Guernica”

All’abbondanza di mezzi bellici e di aiuti di cui potevano disporre i ribelli nazionalisti (l’Italia fascista inviò in Spagna più di 80.000 uomini dell’esercito e della milizia), il governo legale repubblicano poté contrapporre solo i soldati rimasti fedeli alla repubblica, la polizia e i volontari che si riconoscevano nei valori della repubblica.
Mentre Francia e Inghilterra scelsero la via della non ingerenza, a controbilanciare l’aiuto fascista e nazista ai nazionalisti, intervenne a favore dei repubblicani l’URSS, con un aiuto più di materiali che di uomini. Inoltre volontari antifascisti provenienti da diverse nazioni si raccolsero in Spagna e diedero vita alle Brigate Internazionali: circa 40.000 uomini e donne, tra cui militanti comunisti e socialisti (come gli italiani Luigi Longo, Giuseppe Di Vittorio e Pietro Nenni), attivisti dei partiti democratici e repubblicani, ma anche scrittori di fama mondiale, come Ernest Hemigway e George Orwell, che contribuirono a suscitare in tutta Europa un sentimento di solidarietà popolare nei confronti dei repubblicani spagnoli.

Il Battaglione Garibaldi che riuniva i volontari italiani che combatterono nelle Brigate Internazionali

A partire dal 1938 i repubblicani, indeboliti dalle divisioni interne, cominciarono a perdere terreno. Le divergenze politiche tra comunisti e anarchici (i primi convinti dell’unità antifascista, i secondi contrari alla disciplina militarista e desiderosi di abbattere lo stato borghese) si trasformarono in scontri armati e reciproche accuse di tradimento. A questo si aggiunse la totale mancanza di aiuti da parte delle democrazie europee e un progressivo allentamento del sostegno dell’Unione Sovietica. Ben presto la disparità delle forze in campo permise alle truppe di Franco (detto anche “il generalissimo”) di avere la meglio: Valenza, poi Barcellona e infine Madrid caddero nelle mani dei franchisti.

Soldato repubblicano nel momento dell’uccisione; questa famosissima fotografia di Robert Capa venne scattata il 5 settembre 1936

Nella primavera del 1939 Franco assunse la guida dello stato e il suo governo fu riconosciuto dalla Francia, dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti: era la fine della guerra, costata la morte a circa 300 mila persone (altre stime arrivano fino al milione di morti, ma sono infondate). Cominciava l’esodo dei repubblicani e la repressione: più di 100 mila furono i fucilati negli anni successivi al conflitto, vittime della feroz matanza (feroce massacro) con cui Franco si liberò dei nemici del regime.

Francisco Franco e Benito Mussolini in uniforme militare nel 1941

Nel 1947 fu ripristinata la monarchia con la reggenza a vita di Franco, che morì nel 1975: per tutti gli anni della sua dittatura la Spagna fu uno stato ricondotto ai valori tradizionali della religione, dell’autoritarismo, del militarismo. Juan Carlos I di Borbone, nipote di Alfonso XIII, fu il successore di Franco, designato dallo stesso dittatore; con lui la Spagna è rientrata nel novero dei Paesi democratici.

Parata in onore di Franco a San Sebastián nel 1939





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