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sabato 2 gennaio 2016

72 L'Europa di fine Ottocento



L’EUROPA DI FINE OTTOCENTO

Il secolo XIX è stato definito dagli storici come “il secolo delle nazionalità”, in quanto, soprattutto dopo le rivoluzioni del 1848, fu un susseguirsi di rivoluzioni che avevano il fine di creare degli Stati nazionali moderni. La parola “nazione” comincia a essere usata nel Basso Medioevo, per indicare gruppi accomunati dalla stessa provenienza geografica (ad esempio gli studenti delle università); solo nel XIX secolo viene usata per indicare un tipo specifico di comunità politica, che si riconosceva unita da tradizioni storiche, lingua e costumi. Il concetto di “nazione” è, in realtà, molto controverso, perché se da una parte ha raccolto attorno a uno stesso ideale (ad esempio il Risorgimento in Italia) un gruppo di persone spinte all’azione per un fine preciso, dall’altra è diventato il fondamento ideologico del razzismo: semplificando, si può dire che ha spinto gruppi sociali a riconoscere la propria nazione come la migliore e, in quanto tale, in diritto di sottomettere le altre nazioni.

Un’immagine della rivoluzione del 1848 a Berlino

Spinti dall’idea di nazione gruppi di italiani lottarono per la creazione del regno d’Italia. Qualcosa di analogo accadde nei territori di nazionalità tedesca, dove esisteva una Confederazione Germanica, che riuniva 39 diversi Stati tedeschi. I nazionalisti tedeschi chiedevano la formazione di una sola, grande Germania e a guidare l’unificazione di questo Stato si candidarono sia la Prussia sia l’Austria. Fu la Prussia, guidata dal primo ministro (o cancelliere) Otto von Bismarck (al potere dal 1862 al 1890) ad avere la meglio: la Prussia era uno Stato che nel 1859 aveva varato una riforma dell’esercito e che, guidata dal re Guglielmo I, si era distinta per il forte carattere militarista.

Otto von Bismarck (a sinistra) e Guglielmo I; il primo ministro è, stranamente, in uniforme militare

Nel 1866 entrò in guerra contro l’Austria (è quella che per l’Italia fu la Terza guerra d’indipendenza) e la sconfisse. Venne allora creata una prima Confederazione della Germania del Nord, guidata proprio dalla Prussia.
Nel 1870 attaccò la Francia di Napoleone III (guerra franco-prussiana), sconfiggendola e conquistando l’Alsazia e la Lorena, due regioni di lingua tedesca prossime al confine francese. Nel 1871 l’unificazione tedesca si concluse e il re di Prussia venne proclamato imperatore di Germania. L’Austria rimase fuori dal nuovo Stato.

Le tappe dell’unificazione della Germania, con l’indicazione di alcuni dei 39 Stati tedeschi

La Germania conobbe un rapido sviluppo delle industrie (diventando la seconda potenza industriale in Europa) e delle ferrovie: nel 1880 aveva una rete ferroviaria più estesa di quella inglese. Il nuovo Stato, forte, popoloso e industrializzato, si inserì tra le maggiori potenze europee dell’epoca: il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda, la Francia, l’Impero Austro-Ungarico e l’Impero Russo.
La sconfitta dell’Austria nella guerra del 1866 portò questo Stato a una crisi interna, tanto che divenne una federazione di due Stati, quello austriaco e quello ungherese, che prese il nome di Impero Austro-Ungarico. Tale Impero aveva una costituzione comune per quanto riguarda la politica estera, quella economica e quella militare, ma l’Ungheria si autogovernava ed era autonoma in molti campi; inoltre il nazionalismo suscitava spesso forti contrasti fra i diversi gruppi etnici che vivevano entro i confini dell’Impero.

I territori dell’Impero Austro-Ungarico tenevano assieme ben 11 etnie (allora si diceva nazioni) diverse

In Francia la sconfitta nella guerra franco-prussiana provocò la fine dell’impero di Napoleone III e il ritorno alla repubblica, che fu da allora in poi la forma di governo di questo Stato. Il governo francese dovette accettare un armistizio che prevedeva anche l’occupazione di Parigi da parte dell’esercito prussiano. In base agli accordi, il governo francese cercò di togliere i cannoni alla guardia nazionale, cioè le formazioni di cittadini armati che provvedevano alla difesa della città.
La popolazione parigina reagì e il 18 marzo 1871 scoppiò una rivolta, con una larga partecipazione di operai e di piccoli borghesi. Non si trattò di una rivoluzione preparata dai partiti e dai movimenti socialisti, ma di un’insurrezione spontanea. A Parigi, assediata dai prussiani e dall’esercito regolare francese, si formò un governo rivoluzionario, che è passato alla storia con il nome di la Commune (la Comune) di Parigi. Nelle elezioni che vennero indette a suffragio universale maschile (26 marzo), molti lavoratori entrarono a far parte del governo. Esse prese dei provvedimenti ispirati alle idee socialiste: i membri e tutti i dipendenti del governo ricevettero salari da operai, in modo da non creare differenze economiche; i giudici vennero eletti dal popolo; fu istituita un’istruzione laica, non controllata dalla Chiesa, e gratuita; le proprietà delle chiese e dei monasteri passarono allo Stato; gli affitti furono ridotti.

Illustrazione con la proclamazione della Comune di Parigi, apparsa su una rivista francese 
l’8 aprile 1871

Tutto ciò durò poco più di due mesi: tra il 21 e il 28 maggio (la “settimana di sangue”) l’esercito regolare francese riconquistò Parigi con una battaglia strada per strada, che provocò 20.000 morti. Molti comunardi furono giustiziati senza processo. Altre 47.000 persone furono processate subito dopo: alcune furono condannate a morte, altre (7.500) ai lavori forzati in Nuova Caledonia, una colonia francese in Oceania, o al carcere; altre ancora si salvarono solo fuggendo all’estero.

Cadaveri di membri della guardia nazionale uccisi durante la settimana di sangue

L’Inghilterra, prima potenza industriale, navale e commerciale del mondo, conobbe un periodo di grande sviluppo sotto il lungo regno della regina Vittoria (1837-1901). Nell’Età Vittoriana, come spesso viene chiamato questo periodo, l’Inghilterra partecipò poco alle vicende politiche europee, mentre rafforzò ed estese il suo già vasto dominio coloniale in Africa, in Oceania e soprattutto in Asia (l’India divenne proprio in questi anni completamente soggetta all’Inghilterra). La monarchia parlamentare inglese divenne sempre più democratica con la concessione nel 1884 del diritto di voto a tutti i cittadini maschi nelle elezioni politiche (lo stesso non avvenne per le donne, che però ottennero il diritto di voto nelle elezioni amministrative, riguardanti le comunità locali).

La regina Vittoria in una foto del 1860

La Russia rimase un paese profondamente arretrato, anche se vi furono alcuni progressi grazie alle riforme dello zar Alessandro II Romanov (regnante dal 1855 al 1881), che eliminò la servitù della gleba (1861) e riorganizzò l’esercito, l’istruzione e la giustizia. Lo sviluppo industriale, invece, rimase molto limitato.

Lo zar Alessandro II in un ritratto di Nikolay Lavrov del 1873

L’Impero Ottomano, nell’Europa sud-orientale, era in piena crisi, tanto che venne definito “il grande malato” d’Europa.
Nella penisola Balcanica i popoli aspiravano a liberarsi dal dominio turco: sia la Russia, sia l’Austria-Ungheria cercavano però di portare la regione sotto il loro controllo. Le mire espansionistiche (ossia il desiderio di ampliare il proprio dominio) di questi due paesi e il nazionalismo dei popoli balcanici provocarono forti tensioni, tanto che la regione venne definita “la polveriera balcanica”.
In seguito alla guerra tra Russia e Impero Ottomano (1877-1878) le potenze europee imposero all’Impero Ottomano l’indipendenza di Serbia, Montenegro e Romania e l’autonomia della Bulgaria (congresso di Berlino del 1878).

I partecipanti al Congresso di Berlino del 1878 (Bismarck, che ne fu il promotore, è quello in piedi al centro) in una stampa dell’epoca

Anche all’interno degli Stati avvennero profondi cambiamenti. Molti Stati, come la Francia, la Prussia o i Paesi Bassi, avevano già una costituzione e altri l’ottennero nella seconda metà del secolo. Perciò gli Stati europei, ad eccezione della Russia e pochi altri, divennero monarchie costituzionali.
I re furono quindi affiancati da parlamenti, che avevano alcuni poteri. Nelle costituzioni nate in seguito a rivolte popolari, come in quella francese del 1848, i poteri del parlamento erano molto vasti, mentre nelle costituzioni concesse dai re i poteri parlamentari erano limitati. Spesso i parlamenti rappresentavano solo le classi sociali superiori, perché il suffragio non era quasi mai universale (cioè di tutti gli uomini). Con il tempo però esso andò ampliandosi. In tutti i paesi europei le donne rimasero comunque escluse dal voto.
Le costituzioni garantivano alcuni diritti fondamentali dei cittadini, tra cui quelli di riunione e di associazione.

L’Europa nel 1878




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