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mercoledì 30 settembre 2015

66 La Restaurazione


LA RESTAURAZIONE

Dopo la sconfitta di Napoleone, si cercò un po’ ovunque in Europa di cancellare i cambiamenti avvenuti con la rivoluzione francese e con l’impero napoleonico e di riportare la situazione a quella esistente prima del 1789. Per questo il periodo successivo al 1815 viene chiamato Restaurazione: come si restaura un dipinto che abbia subito i danni del tempo, così si dovevano cancellare i danni provocati in un quarto di secolo (dal 1789 al 1815) dalla rivoluzione francese e da Napoleone.
Per ottenere questo scopo, i rappresentanti dei diversi sovrani europei si riunirono a Vienna in un congresso (detto appunto Congresso di Vienna) tra il 1814 e il 1815 e stabilirono che i confini tra gli Stati dovevano ritornare a com’erano prima delle conquiste napoleoniche.

I lavori del Congresso di Vienna (qui in un dipinto di Jean-Baptiste Isabey) cominciarono il primo novembre 1814 e terminarono il 9 giugno 1815

Però questo ritorno ai confini prenapoleonici riuscì solo in parte. Infatti, poiché le grandi potenze europee che avevano sconfitto Napoleone miravano ognuna a rafforzare la propria posizione, vi furono alcuni cambiamenti nei confini degli Stati, soprattutto a spese degli Stati più deboli e delle repubbliche esistenti prima del periodo napoleonico: l’Austria mantenne il territorio della repubblica di Venezia, ottenuto con il trattato di Campoformio del 1797; l’Inghilterra conservò le colonie olandesi che aveva conquistato durante le guerre napoleoniche (in particolare Ceylon, l’attuale Sri Lanka, in Asia, e la colonia del Capo di Buona Speranza, in Africa); la Russia mantenne il controllo della Finlandia e della Polonia; la Prussia acquistò diversi territori in Germania, diventando il più forte Stato tedesco, accanto all’Austria. La Francia mantenne i confini del 1792, ossia le furono lasciati i territori conquistati nei primi anni della rivoluzione (nelle Fiandre, presso il Reno e in Savoia), grazie all’abilità del rappresentante francese, il marchese di Talleyrand, che riuscì a fare in modo che il nuove re francese non venisse umiliato e perdesse per questo l’appoggio dei Francesi.

Due dei principali artefici del Congresso di Vienna: il marchese di Talleyrand (francese, a sinistra) e il principe di Metternich (austriaco)

Vennero rafforzati gli Stati ai confini della Francia, affinché fossero in grado di resistere meglio in caso di eventuali nuovi attacchi francesi: il Regno di Sardegna ottenne il territorio della repubblica di Genova; il Belgio (dominio austriaco fino alle guerre napoleoniche) fu unito alle Province Unite, formando il Regno dei Paesi Bassi.
L’Impero Germanico fu sostituito da una Confederazione Germanica (nel 1819) formata da 39 Stati, là dove prima ve n’erano 350: i cambiamenti di confine furono numerosi. Gli Asburgo, inoltre, non ebbero più il titolo di imperatori germanici, ma quello più modesto di imperatori d’Austria.

L’Europa dopo il Congresso di Vienna (1815)

Allo stesso modo il Congresso di Vienna cercò di cancellare i cambiamenti politici e sociali introdotti in Europa nel periodo precedente: per esempio venne eliminato il Codice civile e si restituirono alla nobiltà alcuni dei privilegi che le erano stati tolti; ma anche in questo ambito il “restauro” non riuscì completamente.
Non era possibile, infatti, restituire alla Chiesa le terre messe in vendita e comperate dalla borghesia, perché questo avrebbe potuto provocare una rivolta. Alcune riforme che avevano rafforzato il potere regale (come l’eliminazione delle autonomie regionali) furono mantenute: questo accadde negli Stati che avevano subito il dominio napoleonico e che mantennero perciò un ordinamento (un’organizzazione statale) più moderno.
Molti Stati rimasero monarchie assolute, ma in alcuni si ebbero delle riforme, a cominciare dalla Francia, dove era salito al trono il re Luigi XVIII, fratello di Luigi XVI, essendo Luigi XVII (il figlio del re ghigliottinato) morto a soli dieci anni quando venne imprigionato dalla repubblica francese. Comprendendo che i Francesi non avrebbero accettato un completo ritorno al passato, Luigi XVIII concesse una costituzione ancora nel 1814, il che fece della Francia una monarchia costituzionale, come era già l’Inghilterra. Il suffragio (cioè il diritto di voto) era però limitato ai cittadini più ricchi: solo 72.000 cittadini maschi, su una popolazione complessiva di venti milioni, eleggevano il parlamento.

Luigi XVIII in un ritratto di Jean-Baptiste Paulin Guérin dei primi decenni del secolo XIX

Anche altri Paesi (come la Svezia, i Paesi Bassi e alcuni Stati tedeschi) divennero monarchie costituzionali.
I sovrani di Russia (Alessandro I), Prussia (Federico Guglielmo III) e Austria (Francesco II) stabilirono un patto, con il quale si impegnarono ad appoggiarsi a vicenda per reprimere ogni tentativo rivoluzionario in Europa. Questo accordo venne chiamato Santa Alleanza, perché basato sulla fede cristiana comune alla Russia ortodossa, alla Prussia protestante e all’Austria cattolica. Con essa collaborarono anche l’Inghilterra e la Francia (1818).

I 3 sovrani della Santa Alleanza: da sinistra lo zar di Russia, il re della Prussia e l’imperatore d’Austria

La Restaurazione, dunque, fece recuperare alla nobiltà il prestigio perduto, riportandola a rivestire un ruolo importante nel governo dello Stato; al contrario, la borghesia era stata nuovamente esclusa dal potere. Dopo quanto era successo dalla presa della Bastiglia in poi, la borghesia non poteva accettare questa situazione.
All’interno della borghesia si sviluppò il liberalismo, un movimento che richiedeva maggiore libertà, in particolare di riunione, di associazione e di stampa, in modo da poter far circolare le proprie idee. La borghesia liberale sosteneva inoltre che lo Stato non doveva controllare in nessun modo le attività economiche, lasciando agli imprenditori la libertà di organizzarsi come volevano; questo modo di pensare prese il nome di liberismo.
I liberali richiedevano un maggiore potere per i cittadini e quindi volevano che il potere dei re fosse limitato da un parlamento, come avveniva da secoli in Inghilterra e, dopo la rivoluzione, anche in Francia. Essi perciò volevano che si tenessero elezioni, in cui eleggere liberamente un parlamento.
All’interno dei liberali vi erano però posizioni molto diverse. Alcuni, chiamati democratici, volevano il suffragio universale, ossia il diritto di voto per tutti i cittadini (ma considera che in Europa per tutto l’Ottocento solo i maschi erano considerati cittadini). Altri, chiamati moderati, chiedevano che il voto fosse concesso in base al censo, ossia il patrimonio posseduto, che veniva sottoposto a tasse: solo i più ricchi, dunque, potevano votare secondo i moderati.
I sovrani cercarono di impedire la circolazione delle idee liberali, che furono anche condannate dalla Chiesa cattolica. Nonostante questo, esse ebbero una larga diffusione in tutta Europa, attraverso giornali clandestini, cioè stampati e fatti circolare di nascosto. A diffondere le idee liberali furono soprattutto delle associazioni segrete, come la Carboneria, di origine francese, che si organizzavano per preparare anche lo scoppio di rivolte, al fine di creare dei governi rispondenti ai bisogni dei borghesi liberali.

I cosiddetti 4 sergenti de La Rochelle, 4 giovani soldati (di età compresa tra 20 e 26 anni) che furono ghigliottinati nel 1822 in quanto carbonari che volevano rovesciare la monarchia

Accanto al diffondersi del liberalismo si assistette anche al diffondersi del nazionalismo, ossia di un forte sentimento di appartenenza ad una nazione, soprattutto da parte di quei popoli che erano o si sentivano oppressi da altri popoli: accadeva ai popoli che vivevano nella penisola Balcanica ed erano dominati dai Turchi, oppure ai polacchi, che erano divisi tra Austria, Russia e Prussia. Tutti costoro cominciarono a manifestare il loro nazionalismo richiedendo la fine della dominazione straniera e l’indipendenza del loro territorio nazionale.
Allo stesso modo i popoli che vivevano divisi in tanti staterelli, come gli Italiani e i Tedeschi, cominciarono a richiedere l’unificazione in un unico grande Stato; nel caso dell’Italia, alcune regioni erano anche sottoposte a dominio straniero, per esempio austriaco, perciò al desiderio di unificazione si univa quello dell’indipendenza.
I movimenti liberali, le associazioni segrete e il nazionalismo sono la testimonianza di quanto fosse difficile, se non impossibile, cancellare un quarto di secolo di storia e restaurare il passato. Nei decenni successivi avverrà proprio il fallimento della Restaurazione.

Il secolo XIX venne segnato da un gran numero di rivolte dei popoli oppressi contro i popoli oppressori, come quella di questa illustrazione che vede i liberali italiani contro l’esercito austriaco

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