PIRATI, CORSARI, BUCANIERI E FILIBUSTIERI
Chiunque oggi pensi alla
pirateria, ha in mente – complici letteratura e cinematografia, soprattutto –
uomini rozzi e violenti che bazzicano osterie malfamate ai Caraibi e percorrono
l’oceano Atlantico in cerca d’avventure, velieri nemici e bottini. Il fenomeno,
però, fu più esteso, sia nel tempo, sia nello spazio.
I protagonisti della famosa saga cinematografica “Pirati dei Caraibi”
Tralasciando qui la pirateria
praticata nel Mediterraneo al tempo dei Romani e quella attuale, e
concentrandosi sul periodo tra la fine del Medioevo e l’Età Moderna, va detto
che il fenomeno della pirateria diventa una realtà veramente drammatica a
partire dal tardo Quattrocento, sia per tutte le popolazioni che vivono sulle
coste del mar Mediterraneo, sia per coloro che in esso praticano la navigazione
mercantile; lo testimoniano le tante torri d’avvistamento e le fortezze costruite
lungo le coste del Tirreno, dell’Adriatico, dell’Egeo, dello Ionio.
Torre delle Mandre (in provincia di Palermo), una delle tante torri
d’avvistamento
contro le incursioni dei pirati musulmani
Verso la fine del Quattrocento al
termine pirata finisce per sostituirsi quello di corsaro, un appellativo
originariamente legato solo a chi si dedicava alla cosiddetta “guerra di
corsa”, che si può considerare una sorta di pirateria legittimata. Infatti in
un trattato anglo-francese del 1495 era stata valutata la possibilità di
permettere azioni di disturbo contro la parte avversa, concedendo anche a navi
private, cioè non militari, di «correre contro navi non amiche». La “guerra di
corsa” autorizzava, pertanto, le azioni criminali intraprese sul mare e sulle
coste e le presentava, con giustificazioni di carattere politico e religioso
(spesso infatti si trattava di cristiani contro musulmani, ma più tardi anche
di cattolici contro protestanti), come atti di supporto alla guerra vera e
propria. Essa finì ben presto con il costituire per molti avventurieri un vero
lavoro e una sicura fonte di reddito.
Con il passare del tempo la
“guerra di corsa” nel Mediterraneo divenne sempre più praticata e con essa si
intensificarono anche gli atti di pirateria spicciola.
Attacco di pirati greci a una nave inglese
E quando l’oceano Atlantico
cominciò ad essere attraversato da navi spagnole, provenienti dall’America
cariche di oro e argento, ma anche dall’Africa cariche di schiavi, francesi,
inglesi e olandesi ricevettero dai loro re l’autorizzazione ad impadronirsi dei
prodotti che esse trasportavano. I corsari, ossia gli uomini che praticavano la
“guerra di corsa”, si prefiggevano lo scopo di danneggiare un Paese nemico,
contro cui fosse in atto una guerra, impedendone il commercio, e di arricchirsi
con il bottino ottenuto. Una parte del bottino, infatti, andava al comandante e
all’equipaggio della nave corsara, ma un’altra quota andava a coloro che
avevano finanziato la spedizione e al re che l’aveva autorizzata o anche
finanziata personalmente: ad esempio la regina Elisabetta I d’Inghilterra (che
fu sovrana dal 1558 al 1603) aveva diritto a una quota dei guadagni realizzati
dal celebre corsaro Francis Drake.
Elisabetta I nomina sir il corsaro Francis Drake
A differenza dei corsari, alcuni
attaccavano le navi di ogni nazione anche in tempo di pace e senza alcuna
autorizzazione di un monarca, tenendosi interamente il bottino: è a costoro che
si dovrebbe dare correttamente il nome di pirati, ma anche – come fu in uso più
tardi – quello di bucanieri o di filibustieri.
Il pirata Barbanera all’attacco di una nave in un dipinto di Jean Leon
Gerome Ferris (1920)
I bucanieri erano coloni bianchi,
inizialmente cacciatori e pastori, che si dedicarono al contrabbando e alla
pirateria dopo la distruzione dei loro insediamenti da parte degli Spagnoli. Il
loro nome deriva dall’uso di mangiare carne affumicata su una speciale grata,
il boucan, in uso presso gli indigeni delle Antille.
I filibustieri, invece, devono il
loro nome al termine olandese vrijbuiter, che significava «cacciatore di
bottino»; erano avventurieri di varie nazionalità, che praticavano la pirateria
nella regione caraibica ai danni delle navi spagnole e delle città costiere.
Attacco piratesco
In generale molti diventavano
pirati per la possibilità di arricchirsi, grazie al bottino delle navi
catturate e ai saccheggi delle città, ma altri sceglievano questa vita per il
gusto dell’avventura, oppure erano disertori, o ancora vittime di persecuzione
religiosa, o anche criminali costretti a fuggire e a vivere al di fuori della
legge, perché in patria sarebbero stati incarcerati o giustiziati. Solo i
corsari non avevano questo destino, anzi, potevano anche essere premiati dai re
che se ne servivano. Poco noto è il fatto che ci furono anche delle piratesse.
Le piratesse Anne Bonny e Mary Read
Il fenomeno della pirateria, compresa
quella autorizzata, si diffuse assai in America: per circa due secoli pirati e
corsari razziarono, depredarono, torturarono e massacrarono popolazioni intere
(ma il massacro fu prerogativa soprattutto dei pirati). Le loro gesta fecero la
reputazione di personaggi come Jean David (o François) Nau, detto l’Olonese,
che nel 1655 attaccò la città di Maracaibo lasciandola lastricata di cadaveri;
o come Henry Morgan, che nel 1670 saccheggiò Panama alla
testa di 2.500 uomini; o il guascone Montbars soprannominato “lo Sterminatore”
per le sue stragi di Spagnoli; o Edward Teach, detto Barbanera, che depredò per diversi anni le
coste della Carolina.
Puerto Principe (l’attuale Camagüey, Cuba) attaccata dal pirata Henry
Morgan nel 1668
Secondo alcuni storici i pirati
furono una specie di avanguardia della colonizzazione non iberica del Nuovo Mondo, cioè prima che arrivassero i coloni inglesi, francesi e olandesi,
arrivarono i pirati dall’Inghilterra, dalla Francia, dall’Olanda. Solo quando
divennero un ostacolo alla nuova colonizzazione europea, non più violenta bensì
pacifica, i pirati furono cacciati e liquidati in breve tempo dagli stessi che
prima li avevano sostenuti.
La testa del pirata Barbanera appesa al bompresso del vascello del
tenente Robert Maynard
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