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sabato 10 gennaio 2015

45 L'Asia e l'Europa tra Medioevo e Età Moderna



L’ASIA E L’EUROPA TRA MEDIOEVO E ETÀ MODERNA

LA SITUAZIONE POLITICA ASIATICA

Ancor più che in Africa (di cui si è parlato in una lezione precedente), in Asia esistevano all’inizio dell’Età Moderna numerosi Stati molto potenti.


Ma le conoscenze che gli europei avevano dell’Asia erano nel Medioevo minori di quelle che avevano i Greci e i Romani: erano andate perdute, infatti, molte delle notizie da essi raccolte, sostituite da ogni sorta di leggende. Si narrava che l’Asia era popolata da grifoni, amazzoni, uomini senza testa o con testa di cane o con la testa sul ventre, o dotati di un unico piede; naturalmente vi erano anche i cannibali e così via.

Maître de la Mazarine, illustrazione per un’edizione del libro di Marco Polo del 1410-1412 circa

Maître de la Mazarine, un’altra illustrazione per un’edizione del libro di Marco Polo 
del 1410-1412 circa


Scena di antropofagia in un manoscritto conservato alla Bibliothèque Nationale di Parigi

Le cose cominciarono a cambiare con il viaggio di Marco Polo, a cui seguirono le spedizioni di altri mercanti e monaci: penetrazione commerciale europea e diffusione del Cristianesimo si affiancarono a lungo in Asia.
Qui, nella regione sud-occidentale, si estendeva l’Impero dei Turchi Ottomani, che tra il XIV e il XVI secolo, oltre a conquistare in Europa la penisola balcanica fino all’Ungheria, occuparono in Africa l’Egitto e gran parte delle terre mediterranee, nonché la Mesopotamia e parte della penisola arabica. Tra il XVI e il XVII secolo l’Impero Ottomano fu il principale regno musulmano e uno degli Stati più popolosi e potenti del mondo: il periodo del suo massimo splendore si ebbe sotto il regno di Solimano, che in Europa venne detto “il Magnifico” per la sua splendida corte, mentre all’interno del suo impero era chiamato “il Legislatore”, per il suo lavoro di organizzazione e di codificazione della società e del governo imperiale.

Solimano il Magnifico in una miniatura ottomana del secolo XVI

Nella regione della Persia (l’Iran attuale) si formò l’impero dei Safawidi, che, pur essendo di stirpe turca, erano visti con ostilità dagli Ottomani, in quanto i Safawidi erano sunniti, mentre gli Ottomani erano sunniti. Temendo la ribellione degli sciiti che vivevano nell’impero Ottomano e che erano numerosi, il sultano turco Selim I fece massacrare, con l’accusa di essere spie dei Safawidi, 40.000 sciiti che vivevano nel suo territorio, guadagnandosi per sempre il soprannome de “il Terribile”. Con i Safawidi la regione divenne completamente sciita e ancora oggi l’Iran si distingue per questo aspetto dagli altri Stati musulmani, che sono tutti, almeno in percentuale maggioritaria, sunniti.

Un principe safawide con la sua corte in una miniatura persiana del secolo XVII

Anche l’India fu in parte sotto il controllo di re musulmani, sebbene l’Islamismo rimanesse meno praticato dell’Induismo. Nell’India settentrionale regnarono diverse dinastie musulmane e si formò l’Impero Moghul, la massima potenza in quella regione. La denominazione moghul (cioè mongolo secondo la lingua persiana) intendeva sottolineare la discendenza del fondatore della dinastia, Bābur Zahīr ad-Dīn Muhammad, da Gengis Khān; in realtà Bābur era discendente per parte paterna da Tamerlano, quindi era turco-mongolo.

Una miniatura indiana di scuola moghul del XVI secolo raffigurante il sultano Bābur

Bābur nel 1526 conquistò il sultanato di Delhi e ne divenne re, estendendo poi il suo potere su tutta l’India settentrionale. Tra i suoi successori si ricordano in particolare i seguenti: Akbar (imperatore dal 1556 al 1605), uno dei più grandi di questa dinastia, che consolidò il suo potere; il figlio Jahāngīr (1605-1628) che estese l’impero al Bengala e fu patrono delle arti e della cultura; Aurangzeb (1658-1707) che conquistò quasi tutta l’India. Dopo la sua morte l’impero Moghul cominciò a decadere, fino a quando nel 1858 l’ultimo sovrano, Bahādūr II fu deposto ed esiliato e il governo dell’India fu assunto dalla corona britannica.

Un europeo alla corte dell’imperatore Jahangir 
(miniatura del XVII secolo, Washington, Freer Gallery of Art)

Nell’Estremo Oriente c’era innanzitutto la Cina, dove, nel XIV secolo, una grande rivolta cacciò la dinastia di origine mongola dei Yuan e venne fondata una nuova dinastia, quella dei Ming, che regnò dal 1368 al 1644. Il ricordo della lunga dominazione mongola portò i sovrani della dinastia Ming a chiudersi su posizioni xenofobe e nazionalistiche, ma il commercio con gli stranieri, pur diminuito, rimase consistente. Proprio per controllare la frontiera settentrionale con i Mongoli, la prima capitale dei Ming, ossia l’attuale Nanchino, venne declassata nel 1421 a favore di Shuntianfu, che da questo momento si chiamerà anche Bejing (cioè capitale del nord), che noi chiamiamo Pechino.

L’imperatore Hongwu, fondatore della dinastia Ming, in un ritratto ufficiale di anonimo 
della seconda metà del XIV secolo (Taipei, Museo Nazionale di Palazzo)

Durante il periodo Ming vennero introdotte in Cina nuove colture alimentari, come il sorgo (venuto dall’Etiopia) e il mais, la patata e l’arachide (venuti dal Nuovo Mondo attraverso le Filippine). Le attività agricole in Cina divennero predominanti, anche se la tecnica conobbe un’evoluzione piuttosto lenta: lo sforzo del governo di diversificare le colture tradizionali, incoraggiando la coltivazione del grano e dell’orzo a sud e del riso a nord, stimolò ad aumentare le superfici coltivate e a risolvere in parte il problema alimentare. Altre nuove colture, invece, vennero praticate per il commercio sul mercato internazionale: tabacco, tè, cotone, canna da zucchero e arachidi consentirono ai coltivatori cinesi profitti superiori a quelli ottenuti con le coltivazioni tradizionali.

Vaso cloisonné provvisto di largo coperchio e decorato con draghi su fondo di nuvole, 
della dinastia Ming della prima metà del XV secolo (Londra, British Museum)

Tra il XIV e il XV secolo la Cina dei Ming conobbe un periodo di grande espansione e fu uno dei maggiori centri economici e culturali del mondo, con la maggiore percentuale di popolazione urbana del pianeta.

La Città Proibita, sede del potere imperiale della dinastia Ming e di quella successiva Qing

Nell’Estremo Oriente c’era anche l’impero del Giappone, che però attraversò un lungo periodo in cui le grandi famiglie nobili controllavano il territorio mediante un sistema di governo di tipo militare, guidato dallo shōgun, che risiedeva a Kamakura, in contrapposizione a Kyoto, dove risiedeva l’imperatore; questi di fatto non era in grado di imporre il proprio potere, perciò si parla di un periodo feudale nella storia del Giappone, che terminò solo alla fine del Cinquecento.

Fujiwara Takanobu, Ritratto dello shōgun Minamoto Yoritomo, XII secolo (Kyoto, Tempio Jingōji)

Il secolo XVI, infatti, fu per il Giappone un periodo di grandi mutamenti: si sviluppò il commercio privato, nacquero molte città libere, arrivarono gli occidentali (commercianti e missionari), le armi da fuoco furono introdotte nel Paese e venne conosciuto il Cristianesimo.

Toyoharu Utagawa, Imbarcazioni sul fiume mentre vengono caricate e scaricate
(Newark, The Newark Museum) secolo XVIII

Tutti mutamenti che contribuirono alla unificazione sotto una dittatura militare del Giappone; l’iniziatore di questa unificazione fu Oda Nobunaga, a cui si unirono Tokugawa Ieyasu e Toyotomi Hideyoshi. Quest’ultimo viene da alcuni considerato la maggior figura politica e militare della storia giapponese: abile stratega, si servì del Cristianesimo per lottare contro i monaci buddisti ribelli e per trarre benefici dal commercio che i Portoghesi avevano con la Cina. Quindi intraprese la conquista della Corea e anche della Cina, ma i Cinesi riuscirono a respingerla. Alla morte di Hideyoshi (1598) venne proclamato shōgun Ieyasu, il quale trasferì la capitale politica a Yedo (l’odierna Tokyo), mentre a Kyoto rimasero l’imperatore e la corte.

Templi a Kyoto, raffigurati in un paravento del 1600 circa,
conservato al Kimbell Art Museum di Fort Worth (Texas, USA)

Infine c’era anche il regno di Corea. Essa si era unificata nel 668 e da quella data aveva goduto per secoli di un periodo di sviluppo, secondo solo a quello cinese. Nel secolo XII si erano fatte forti le minacce dei popoli nomadi a nord: nel 1250 i Mongoli conquistano la Corea e solo verso la fine del secolo XIV emerge la dinastia Yi, capace di controllare il Paese. Ma sul finire del secolo XVI la Corea viene invasa prima dal Giappone di Hideyoshi, quindi dai Cinesi; il vassallaggio nei confronti della Cina spinse la Corea a chiudersi in un isolamento totale, durato fino alla metà del secolo XIX.

Ambasciatori coreani verso il Giappone, 1655 (Londra, British Museum)

SCAMBI TRA EUROPA E ASIA

Quando gli europei raggiunsero l’Asia, essi cercarono di ottenere il controllo del commercio nell’oceano Indiano, forzando le popolazioni dell’Asia meridionale a commerciare solo con loro. Se la superiorità dell’artiglieria navale e delle grandi navi europee in mare aperto permise al Portogallo e poi all’Olanda di controllare la navigazione in alto mare, lungo la costa le navi asiatiche, molto rapide e più numerose, potevano mettere in difficoltà gli europei, che furono talvolta sconfitti. Sulla terraferma i grandi eserciti dei regni asiatici erano in grado di respingere ogni attacco, perciò fino alla fine del Seicento il dominio europeo rimase sempre limitato ad alcune basi commerciali fortificate lungo le coste, come le portoghesi Goa (1510) e Bombay (1534, dal 1661 inglese) in India.

Uomo e donna portoghesi a Goa, in un’incisione del 1806 di Grasse de St. Sauveur,
che li ritrae nei loro costumi a metà strada tra l’Europa e l’India

Solo a metà del ‘700 ebbe inizio un periodo di vera e propria colonizzazione in Asia: l’Inghilterra inviò un esercito per difendere gli interessi commerciali inglesi in India e si impossessò di alcune regioni che facevano parte dell’impero Moghul (1757), mentre l’Olanda estese i suoi domini sulle isole della Sonda (attuale Indonesia).
I contatti tra europei e asiatici furono soprattutto scambi commerciali: gli europei in Asia meridionale cercavano le spezie, che furono a lungo il principale prodotto fornito da queste regioni; in seguito ebbe un grande sviluppo il commercio dei tessuti (in particolare del cotone indiano) e poi del caffè e del tè. Oltre a questi prodotti, gli europei cominciarono a importare dall’Asia orientale anche seta e porcellana cinesi e il salnitro.

 La raccolta del pepe, miniatura dal Livres des merveilles di Marco Polo (sec. XV):
il pepe era una delle spezie più ricercate dagli europei

I rapporti culturali tra europei e asiatici non furono facili: gli europei che si recavano in Asia erano di solito avventurieri, commercianti e soldati, poco istruiti e privi di scrupoli, pronti alla violenza e alla rapina, e senza nessuna conoscenza del modo di vivere dei popoli con cui venivano a contatto. Perciò agli asiatici gli europei apparvero spesso barbari e ignoranti.
I missionari invece erano istruiti e più attenti agli usi locali (come padre Matteo Ricci, che divenne esperto della civiltà cinese), ma nonostante questo la diffusione del Cristianesimo rimase molto limitata.

Anonimo giapponese, Martirio di Gesuiti europei e giapponesi a Nagasaki nel 1622
(Roma, Chiesa del Gesù)

Dettaglio dal Martirio di Gesuiti europei e giapponesi a Nagasaki nel 1622
(Roma, Chiesa del Gesù)


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