LE
MIGRAZIONI NEL XIX SECOLO
Nel corso dell’Ottocento ci fu un forte
aumento della popolazione sia in Europa, sia in altre aree del mondo: in Europa
si passò da 266 milioni di abitanti nel 1850 a 401 nel 1900, in Cina la
popolazione triplicò tra il 1700 e il 1850, quando superò i 400 milioni. Questo
aumento dipese dallo sviluppo dell’agricoltura, che forniva più cibo, e,
soprattutto in Europa, dai progressi nelle condizioni igieniche.
La popolazione
mondiale tra 1800 e 1900
Nelle campagne d’Europa e di diversi Stati
dell’Asia i posti di lavoro non erano sufficienti per una popolazione in rapida
crescita e molti decisero di lasciare la loro casa alla ricerca di lavoro e
condizioni di vita migliori.
Nel XIX secolo, dunque, vi fu una grande
migrazione dalle campagne alle città, soprattutto verso i grandi centri
industriali. Spesso queste migrazioni avvenivano all’interno dello stato, ma
quando lo Stato era poco industrializzato uomini e donne si dirigevano anche
verso regioni più lontane, come gli irlandesi nelle città industriali inglesi.
Ad attirare i contadini in città era la possibilità di trovare un lavoro e di
ottenere maggiori guadagni, perciò queste migrazioni furono più intense nei
periodi di crisi o di trasformazioni economiche.
Le migrazioni avvenivano anche tra città
diverse, soprattutto dai centri minori a quelli maggiori: nel XIX secolo si
accentuò la differenza esistente tra i grandi centri urbani, che conobbero una
crescita molto rapida, e i piccoli centri, molti dei quali persero importanza.
Illustrazione
del 1851 raffigurante un gruppo di irlandesi in preghiera prima di emigrare
Le migrazioni portarono a una forte
crescita urbana, soprattutto là dove vi erano più possibilità di trovare
lavoro: nelle capitali, nei principali porti e in alcune città industriali.
Molti si spinsero più lontano, lasciando
il proprio continente: tra l’Ottocento e l’inizio del Novecento si ebbe perciò
la più vasta migrazione su lunga distanza mai avvenuta fino ad allora nel
mondo: tra il 1850 e il 1913 più di 40 milioni di persone lasciarono l’Europa
per gli Stati Uniti e altri si diressero in Canada e nei Paesi dell’America
meridionale, in particolare Argentina e Brasile; altri ancora in Australia e,
in misura minore, in Africa; tra il 1815 e il 1915 oltre 20 milioni di cinesi,
giapponesi e indiani raggiunsero altri Paesi asiatici, l’America o (nel caso
degli indiani) l’Africa inglese.
Le migrazioni oltre oceano avevano di
solito cause economiche: molti lasciarono il loro Paese perché gli Stati meta
di immigrazione offrivano maggiori possibilità di lavoro e salari più alti.
Emigranti
tedeschi diretti negli Usa nel porto di Amburgo nel 1874
Le migrazioni potevano però avere anche
altre motivazioni. Alcuni furono espulsi dal loro Paese, per motivi politici o
perché appartenenti a minoranze etniche o religiose: fu in particolare il caso
di molti ebrei, discriminati e poi espulsi dalla Russia (1891), ma anche di
sindacalisti, socialisti e anarchici. Altri infine partirono per sfuggire a
guerre, come fecero molti contadini cinesi durante la grande rivolta popolare
del 1853-1864.
Ebrei
russi a Ellis Island (New York) nel 1900 circa
Per gli emigranti il trasferimento in un
altro continente presentava diversi problemi. Il viaggio costava molto, tanto
che spesso l’emigrante doveva indebitarsi per pagarlo, e presentava diversi
rischi, tra cui quello di naufragio. Le condizioni di vita e di lavoro nel
nuovo Paese esponevano l’emigrante a malattie e incidenti, senza che egli
potesse contare su un’assistenza sanitaria. L’immigrato si trovava isolato, in
un paese di cui non conosceva la lingua, ed era per lui molto difficile
inserirsi in una realtà nuova; il suo isolamento era spesso aggravato dalla
separazione dalla propria famiglia.
L’affondamento
del piroscafo Sirio nel 1906 (copertina di Achille Beltrame per la Domenica del
Corriere): dal 1883 la nave era usata per il trasporto di emigranti italiani in
America
Nei confronti degli immigrati vi era molta
diffidenza, soprattutto quando essi avevano tradizioni diverse: ad esempio
molti Paesi, come gli Stati Uniti, proibirono l’immigrazione cinese (1891) e
limitarono quella giapponese (1907).
Per poter affrontare meglio questi
problemi, gli emigranti tendevano a stabilirsi in Paesi in cui erano già
presenti loro familiari o amici, che nel primo periodo potevano ospitarli e
aiutarli. Si ebbero così migrazioni a catena, in cui ogni immigrato richiamava
altri immigrati, e all’interno di molte città e Stati si formarono comunità di
immigrati, spesso molto numerose, con forti concentrazioni: ad esempio a
Wellington (Nuova Zelanda) si formò una forte comunità proveniente da Stromboli
(Sicilia), a Providence (Stati Uniti) una di Caserta, a San Gustavo (Argentina)
una delle prealpi piemontesi.
Alloggio
sotterraneo per emigranti poveri a New York nel 1869
Nessun commento:
Posta un commento