LE RIFORME DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE
I diversi governi che si
succedettero in Francia durante gli anni della rivoluzione (l’Assemblea
nazionale o costituente, la Convenzione, il Comitato di Salute Pubblica)
approvarono numerose riforme, che trasformarono profondamente l’ordinamento
francese e che, nei due secoli successivi, vennero riprese da altri Stati
europei. Solo alcune di queste riforme vennero poi abolite, in quanto inutili.
RIFORME NEI RAPPORTI CON LA
CHIESA
Vennero aboliti tutti gli ordini
religiosi che non svolgevano opera educativa o assistenziale (già nel 1789) e
le loro terre vennero confiscate. Nel 1790 i provvedimenti chiamati Costituzione civile del clero francese
decisero che gli ecclesiastici sarebbero stati stipendiati dallo Stato, purché
giurassero fedeltà alla costituzione francese; poiché il papa si oppose a tale
riforma, i vescovi e molti preti rifiutarono di prestare giuramento e ciò
provocò uno scisma all’interno della Chiesa francese: da una parte c’era la
Chiesa costituzionale, riconosciuta e sovvenzionata dallo Stato, dall’altra la
Chiesa rimasta fedele al papa, i cui preti erano «refrattari» (cioè non
disposti) al giuramento e non riconoscevano la costituzione.
Questi provvedimenti e l’appoggio
dato dalla Chiesa al re e ai nobili aprirono un periodo di forti contrasti tra
la Chiesa e il governo rivoluzionario e favorirono il diffondersi di una
mentalità laica.
Decreto dell’Assemblea Nazionale
che sopprime gli ordini religiosi (1790)
RIFORME SOCIALI
Altri provvedimenti eliminarono
quanto rimaneva del feudalesimo: le decime, i diritti dei signori, i privilegi
personali, le prestazioni di lavoro obbligatorie, ossia le odiate corvées. Nel
1790 vennero aboliti i titoli nobiliari, il che favorì una maggiore uguaglianza
sociale.
Venne introdotta una nuova
legislazione per la famiglia: venne istituito il matrimonio civile, celebrato
da un funzionario statale e non più da un prete, e venne accordata a entrambi i
coniugi la possibilità di divorziare e di contrarre un secondo matrimonio
(1792).
Furono approvati anche
provvedimenti relativi all’assistenza pubblica e all’istruzione: le pensioni
agli anziani e ai malati poveri, l’assistenza alle famiglie povere e alle
vedove, l’istituzione della scuola elementare.
Medaglia commemorativa in bronzo raffigurante “l’abbandono di tutti i
privilegi”
(Parigi, Museo Carnavalet)
RIFORME ECONOMICHE
Per quanto riguarda le attività
economiche, lo scioglimento delle corporazioni (1791) diede piena libertà
all’iniziativa economica privata, poiché non era più necessario far parte di
una corporazione (e accettarne le regole) per avviare un’attività artigianale o
commerciale.
La libertà commerciale interna al
Paese venne facilitata dalla scelta di uniformare in tutta la Francia il
sistema dei pesi e delle misure e a sua volta favorì lo sviluppo delle banche e
delle società finanziarie. Vennero aboliti pedaggi, dazi, dogane e la maggior
parte delle imposte dirette e lo Stato poté contare solo sulle imposte dirette,
legate ai beni mobili e immobili dei cittadini. I governi rivoluzionari furono
meno decisi nei cambiamenti riguardanti il commercio estero: anche se vennero
aboliti i privilegi di cui godevano alcuni porti (come Marsiglia) o le
compagnie di commercio (come la Compagnia delle Indie) e le imposte doganali, fu
conservato un sistema di tipo protezionista, che favoriva gli interessi dei
cittadini francesi a danno dei coloni, i quali ovviamente protestarono. Ai
coloni fu concessa la libertà di legiferare all’interno delle colonie ed essi,
malgrado i principi di uguaglianza della rivoluzione, mantennero la tratta dei
neri e la schiavitù.
Anche nel mondo delle industrie
(ancora agli albori) le riforme furono caute: venne mantenuta una vecchia
ordinanza che vietava agli operai di associarsi e di mettersi in sciopero.
In agricoltura, invece, i
cambiamenti furono profondi: la vendita delle terre della Chiesa e di quelle
sequestrate ai nobili che erano emigrati all’estero permise a molti borghesi e
contadini (più ai primi che ai secondi) di acquistare una proprietà e favorì il
formarsi di un’ampia classe di proprietari terrieri.
La carestia del 1794-1795, acquarello dei fratelli La Sueur
RIFORME POLITICHE
Profonde furono le trasformazioni
nello Stato francese, poi estese ad altri Paesi europei.
Innanzitutto la rivoluzione
francese portò a un forte accentramento del potere all’interno dello Stato:
tutti i diversi poteri locali (come i parlamenti regionali) vennero aboliti; un
gran numero di funzionari stipendiati dal governo assicurò allo Stato il
controllo diretto di tutto il territorio nazionale; le leggi divennero uniche
per tutto il Paese e il francese venne imposto come unica lingua ufficiale
anche nelle aree abitate da minoranze linguistiche.
Molto importante fu
l’affermazione del principio della cittadinanza: all’interno dello Stato non vi
erano più sudditi, ma cittadini che avevano alcuni diritti, regolati da leggi
scritte. Tra questi diritti vi erano la libertà di stampa, quella religiosa e
il diritto a un processo imparziale. Le donne rimasero escluse dalla piena
cittadinanza, anche se esse si videro riconosciuti alcuni diritti.
La libertà di stampa, incisione anonima del 1789
Ai cittadini spettava il potere
di governare lo Stato attraverso i loro rappresentanti, liberamente eletti: si
affermò quindi il principio, espresso nella Dichiarazione
dei diritti, della sovranità popolare. I rappresentanti scelti dai
cittadini dovevano difendere non gli interessi specifici di una categoria di
cittadini, bensì gli interessi generali della nazione. L’assemblea (il
Parlamento) divenne ciò che prima era il re: il rappresentante dell’unità
nazionale e la sede della sovranità.
I cittadini nel loro insieme
costituivano la nazione e tutti erano tenuti a difendere la patria: per questo
venne introdotta la coscrizione generale per i maschi, ossia l’obbligo per ogni
maschio di prestare il servizio militare. Questi provvedimenti svilupparono in
Francia l’idea di nazionalismo, cioè la tendenza a esaltare la propria nazione,
che diverrà tipica di molti Stati nel corso del secolo XIX.
Cittadini francesi si arruolano per difendere la patria (guazzo dei
fratelli La Sueur del 1792)
Tra le riforme che nascevano dal
desiderio di avere leggi uniche per tutta la Francia, alcune entrarono
definitivamente in vigore, altre vennero poi cancellate.
Al primo gruppo appartengono i
cambiamenti relativi ai sistemi di misurazione: con una legge del 1795 si
scelse di adottare un sistema basato su una frazione del meridiano terrestre
passante per Parigi (in realtà uguale a qualunque meridiano terrestre completo).
Così per la lunghezza venne adottato il metro (corrispondente alla quaranta
milionesima parte del meridiano terrestre), per le aree e i volumi vennero
adottati il metro quadro e il metro cubo, per il peso il chilogrammo
(corrispondente al peso di un litro d’acqua distillata a 4°C). Il nuovo sistema divenne
obbligatorio nel 1801 e rimase in vigore anche nei Paesi che Napoleone aveva
conquistato durante le sue campagne (per esempio nel Regno d’Italia venne
introdotto nel 1796).
Illustrazione sull’uso delle nuove misure: 1 il litro – 2 il grammo – 3
il metro – 4 l’ara (misura di superficie dei terreni) – 5 il franco – 6 lo
stero (un’unità di misura per il volume del legno)
Al gruppo delle riforme che poi
vennero cancellate appartiene la riforma del calendario, approvata nel 1793.
Fu adottato come inizio dell’anno
il 22 settembre, cioè il giorno in cui cadeva anche l’anniversario della
proclamazione della Repubblica. In omaggio al principio di eguaglianza l’anno
fu diviso in 12 mesi di 30 giorni ciascuno, e i mesi in tre «decadi»; i giorni
delle decadi si chiamavano primidì, duedì, tridì… decadì. Alla fine dell’anno
si aggiungevano cinque giorni (che diventavano sei ogni 4 anni) detti
sanculottidi.
I nomi dei mesi furono presi dai
lavori campestri, dalle caratteristiche delle stagioni, dalle vicende
atmosferiche. Così, a partire dall’inizio dell’anno rivoluzionario, si
susseguivano questi mesi: Vendemmiaio, Brumaio (il mese delle brume, ossia le
nebbie), Frimaio (il mese del freddo), Nevoso, Piovoso, Ventoso, Floreale,
Germinale, Pratile, Messidoro, Termidoro (il mese del caldo), Fruttidoro.
Anche i giorni dell’anno avevano
un nome proprio, tratto dai frutti della terra, tranne i quintidì e i decadì
che portavano il nome di un animale domestico e di un attrezzo agricolo. Questo
sistema, che tendeva a perpetuare ogni anno la stessa successione di giorni,
decadi e mesi, aboliva non solo il riposo del settimo giorno (la domenica), ma
anche tutte le festività religiose e i santi ai quali erano stati dedicati i
vari giorni dell’anno. Inoltre, avendo dato un nuovo nome ai diversi giorni,
accadde che il giorno di Natale diventava il giorno del cane, san Francesco
diventava una zucca, san Tommaso un pioppo e così via, con una forte carica
anticristiana.
Il calendario rivoluzionario fu
abolito bel 1805 da Napoleone, che ristabilì il calendario gregoriano a partire
dal primo gennaio 1806.
Il calendario repubblicano francese in una incisione d’epoca (Parigi,
Bibliothèque Nationale)
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