LA RIFORMA PROTESTANTE
LA CRISI DELLA CHIESA
All’inizio dell’Età Moderna la
Chiesa era molto ricca e potente, ma proprio per questo molti entravano nel
clero solo per ottenere ricchezze e potere e non per fede religiosa: i nobili
si facevano nominare vescovi, spesso pagando, per ottenere le rendite delle
diocesi (ossia il territorio posto sotto il controllo di un vescovo), mentre
gli uomini di famiglie non nobili cercavano di diventare sacerdoti e di
ottenere una parrocchia per avere un reddito sicuro e regolare. Tutti costoro
si disinteressavano delle loro diocesi e parrocchie e spesso neppure vi
vivevano: ad esempio nella diocesi di Ginevra all’inizio del Cinquecento appena
il 20% dei parroci viveva nella propria parrocchia. Inoltre, per aumentare il
loro reddito, molti vescovi accumulavano le cariche, cioè erano vescovi di
diverse diocesi, in cui andavano molto raramente. Questa situazione era
piuttosto diffusa soprattutto in Germania, dove la mancanza di un saldo potere
monarchico (al contrario di ciò che era accaduto in Francia e in Spagna)
impediva di opporsi efficacemente alle tasse imposte dalla curia pontificia e
all’ingerenza del papa in molti affari politici.
La falsa dottrina dell’Anticristo, metà di un’illustrazione del
1545 di Lucas Cranach il Giovane
(l’altra metà è intitolata La vera religione di Cristo)
in cui la
Chiesa di Roma viene presentata come avida, corrotta e ispirata dal demonio
Del resto anche a Roma la
situazione era complicata: tra le principali famiglie italiane era una continua
e dura lotta per l’elezione del papa e in alcuni casi le diverse fazioni
corrompevano i cardinali per far eleggere il proprio candidato. Controllare
l’elezione del papa non era un fatto secondario, perché il pontefice poteva
distribuire le cariche religiose, che fornivano grandi redditi, e favorire la
propria famiglia e i propri sostenitori in molti modi.
Raffaello Sanzio, Ritratto di papa Leone X con i cardinali
Giulio de’ Medici e Luigi de’ Rossi
Questa situazione provocava le
critiche dei fedeli, che accusavano molti uomini di Chiesa di non rispettare le
regole religiose.
All’inizio del Cinquecento
scoppiò una nuova polemica, legata alla vendita delle indulgenze. L’indulgenza
era una riduzione della pena che l’anima di un morto doveva scontare in purgatorio,
per le colpe commesse in vita. Pagando una certa cifra, si poteva acquistare
per sé (o dal 1476 anche per un parente morto) questa riduzione di pena.
L’acquisto di un’indulgenza avveniva all’inizio del Cinquecento in terra
tedesca in maniera particolarmente efficace: il principe elettore Alberto di
Brandeburgo, in qualità di commissario papale, aveva incaricato un predicatore
domenicano e inquisitore, Johannes Tetzel, di effettuare la vendita. Costui,
preceduto da una croce con lo stemma del papa, entrava nelle città e nei
villaggi tedeschi, seguito dai notabili del luogo e dal popolo in solenne
processione, quindi entrava in chiesa e cominciava a predicare, descrivendo le
pene dell’inferno, incitando al pentimento, alla confessione e al pagamento di
un obolo per la completa remissione dei peccati dei propri parenti; nel momento
stesso in cui il denaro toccava il fondo della sua cassa – diceva il
predicatore – l’anima dei propri cari sarebbe volata in paradiso.
Johannes Tetzel in un’incisione del tardo Cinquecento ritratto con la
cassetta dell’obolo
per le indulgenze
La vendita delle indulgenze
fruttava enormi somme di denaro alla Chiesa, ai nobili e alle grandi banche,
come quelle dei Fugger e dei Medici. Nel caso tedesco una parte del denaro ricavato
dalla vendita delle indulgenze andava al papa per la costruzione della nuova
basilica di San Pietro a Roma; un’altra parte era stata assegnata dal pontefice
Leone X ad Alberto di Brandeburgo per rifarsi del colossale debito che costui
aveva contratto con i Fugger allo scopo di pagare la Sede apostolica, da cui
aveva ottenuto il controllo di ben tre diocesi vescovili, tra cui quella
prestigiosa di Magonza. Molti, e non solo in Germania, criticavano la vendita
delle indulgenze e l’idea che con il denaro si potesse comperare un ingresso
più rapido in paradiso.
La vendita delle indulgenze in una xilografia del 1530 circa
MARTIN LUTERO
Nel 1517 Martin Lutero, un monaco
agostiniano che insegnava nell’università tedesca di Wittenberg, una cittadina
nel Ducato di Sassonia, affisse alla porta della chiesa del castello annesso
all’università un foglio, su cui aveva scritto 95 tesi personali, con cui,
secondo l’uso accademico, invitava le autorità ecclesiastiche competenti a una
pubblica discussione sulla vendita delle indulgenze. Lutero scriveva nelle 95
tesi che le indulgenze non avevano alcun valore e la sua opinione, molto
critica nei confronti del papa e della curia romana, fu ben accolta in
Germania.
Illustrazione con l’episodio delle 95 tesi affisse alla porta della
chiesa del castello di Wittenberg
Il papa ordinò a Lutero di
ritrattare, cioè di ritirare le proprie affermazioni, ma egli si rifiutò e anzi
sviluppò le sue tesi, negando l’autorità del papa e dei vescovi: egli affermò
che tutti i cristiani dovevano cercare direttamente nella Bibbia l’insegnamento
divino, sostenne che i sacramenti (tranne il battesimo e l’eucarestia) non
avevano nessun valore e che gli ecclesiastici potevano sposarsi. Lutero venne
allora accusato dai domenicani di eresia e solo per ragioni politiche (papa
Leone X appoggiava il duca Federico di Sassonia come candidato al trono
imperiale) il pontefice decise per il momento di non fare ulteriori passi
contro il frate. Ma quando nel 1519 divenne imperatore il giovane Carlo d’Asburgo,
il papa non aveva più motivo di temporeggiare.
Carlo d’Asburgo (ossia Carlo V) giovane in un dipinto cinquecentesco di
Bernard van Orley
Nel giugno del 1520 Leone X
minacciò Lutero di scomunica e il frate rispose bruciando la bolla papale nella
piazza di Wittenberg. Nel gennaio 1521 arrivò la scomunica e il duca di
Sassonia decise di proteggere Lutero, rifiutandosi di consegnarlo a Roma e
proponendo che, prima di essere messo al bando, il frate scomunicato venisse
giudicato da un tribunale dell’impero.
Lutero brucia pubblicamente la bolla papale
Nell’aprile 1521 venne convocata
la dieta di Worms, presieduta dall’imperatore Carlo V: davanti a lui e ai
principi lì riuniti, Lutero rifiutò di ritrattare quanto aveva scritto nelle 95
tesi e negli scritti successivi, a meno che, Sacre Scritture alla mano, non gli
dimostrassero che aveva torto. «Qui sto saldo. Non posso fare altrimenti»,
sembra che abbia detto in tedesco davanti all’imperatore.
Xilografia colorata del 1557 raffigurante Lutero a Worms;
l’immagine è
chiaramente errata storicamente, dato che rappresenta Carlo V come un vecchio
con la barba bianca, quando in realtà l’imperatore aveva appena 21 anni
Al termine della
dieta Lutero venne bandito dall’impero e privato di ogni diritto: chiunque si
fosse imbattuto in lui era autorizzato a fare giustizia senza alcuna
conseguenza. Ma il frate nel frattempo era scomparso: il duca di Sassonia
l’aveva portato al sicuro in una fortezza della Turingia, dove Lutero visse
isolato per quasi un anno, dedicandosi alla traduzione in tedesco del Nuovo
Testamento.
Statua a Federico di Sassonia nella chiesa del castello di Wittenberg
LA DIFFUSIONE DELLE DOTTRINE
LUTERANE
Intanto le dottrine luterano si
diffondevano ovunque in Germania, non solo presso università e conventi, ma
anche tra i borghesi delle città e i signori tedeschi. Il giorno di Natale del
1521 Carlostadio, professore di teologia a Wittenberg ed ex-collega di Lutero,
celebrò messa in lingua volgare e senza paramenti sacri, utilizzando una
liturgia modificata: era la risposta a quanti (cittadini, studenti delle
università e confratelli di Lutero) chiedevano una concreta traduzione delle
dottrine luterane in un nuovo modo di vivere e di celebrare i riti religiosi.
Era l’inizio di qualcosa, che non rientrava dapprima nemmeno nelle
intenzioni di Lutero: qualcosa che è passato alla storia come Riforma
protestante e che è il distacco di una parte della cristianità dalla Chiesa
cattolica di Roma e la formazione di nuove Chiese (oltre a quella luterana ce
ne furono altre) dette complessivamente protestanti o anche riformate.
Andrea Carlostadio in un’acquaforte del XVI secolo
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Illustrazione ottocentesca raffigurante un episodio di iconoclastia,
suggerita alla Riforma da Carlostadio
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Mentre Lutero era al sicuro in
Turingia, scoppiò una serie di disordini: distruzione di chiese e di altari,
sovvertimenti nella liturgia, dissoluzione delle regole monastiche e degli
ordini sacri, diffusione della poligamia tra i sacerdoti. Lutero fu costretto a
lasciare la Turingia e a tornare a Wittenberg, per organizzare la sua dottrina
ed evitare derive incontrollate ed eccessi pericolosi.
In quest’opera di sistemazione
della nuova Chiesa luterana svolse un ruolo importante la stampa: una fitta
rete di grandi e piccole tipografie stampò e diffuse in tutta la Germania sia
la Bibbia tradotta da Lutero (scritta in una lingua che, proprio grazie a
quest’opera, divenne patrimonio comune di tutti i tedeschi), sia gli altri
scritti del frate agostiniano.
Illustrazione da un’edizione del 1522 della Bibbia tradotta da Lutero
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Copia a colori del frontespizio dell’edizione del 1534 della Bibbia
con illustrazioni di Lucas Cranach
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Scritti che non si limitavano
alla polemica antiromana, ma puntavano sull’istruzione dei lettori. C’era
infatti tutto un mondo di tradizioni da ricostruire, dato che i vecchi culti
erano stati aboliti: quello dei santi, delle reliquie, delle indulgenze, dei
pellegrinaggi, dei suffragi per i defunti, dell’uso del latino nella liturgia,
della fede nel purgatorio (che tra l’altro era un’invenzione medievale), di
cerimonie e feste. C’erano da definire anche nuovi ruoli sociali, dopo la
cancellazione del celibato ecclesiastico, dei voti monastici, delle esenzioni
fiscali del clero, delle immunità dei chierici dalle leggi dello Stato.
Il matrimonio tra Lutero e l’ex monaca Katharina von Bora,
che diede un
contributo importante all’elaborazione del matrimonio ecclesiastico
Secondo le stime degli storici la
Riforma luterana provocò un incremento dell’alfabetizzazione in Germania nel
corso del Cinquecento: se all’inizio del secolo le persone in grado di leggere
e scrivere erano 400.000, erano circa un milione a fine secolo, che significava
il 5% della popolazione, con punte del 30% nelle città. Va considerato,
inoltre, che all’epoca la lettura non era una pratica esercitata
individualmente e in silenzio, bensì un fenomeno sociale che aveva spesso luogo
ad alta voce negli spazi pubblici cittadini o nelle riunioni in case private.
Oltre agli scritti di Lutero e
alla Bibbia e al Vangelo, la comunicazione orale comprendeva anche canti ed
inni, che non appartenevano solo alla liturgia in volgare nelle chiese, ma che
si propagavano anche fuori dai luoghi di culto.
Lutero che suona in famiglia
Importante poi fu il ruolo delle
illustrazioni che accompagnavano le varie edizioni della Bibbia pubblicate in
quegli anni: è stato calcolato che nel 1546, l’anno della morte di Lutero, più
di 500 differenti illustrazioni erano state approntate per accompagnare il
testo biblico, anche da parte di artisti importanti come Lucas Cranach il Vecchio.
Tra queste illustrazioni (a volte quasi dei fumetti con personaggi che si
scambiano battute) compariva spesso lo stereotipo del contadino tedesco, il
buon Hans con la zappa in mano, sfruttato da frati corrotti e crapuloni che
sedevano al suo desco e ne insidiavano le figlie, o da predicatori di
indulgenze e commissari papali che lo depredavano dei suoi magri risparmi.
Erano illustrazioni che riprendevano un’antica vena anticlericale di origine
medievale o che si rifacevano a quelle immagini d’insulto, con le quali i
cavalieri e i nobili dell’impero si sfidavano tra loro e aprivano una guerra
feudale.
Illustrazione per un’edizione di un libretto satirico: da sinistra i
personaggi raffigurati sono Lutero,
il frate francescano Thomas Murner (con la
faccia da gatto), uno studente e Karsthans, il contadino
È stato detto che la Riforma
luterana sia «figlia di Gutenberg», in quanto tra il 1517 e il 1555 la stampa è
stata un veicolo fondamentale per la diffusione nell’area tedesca del movimento
luterano, il quale rivendicava la lettura diretta della sacra Scrittura da
parte del fedele e, per giunta, in lingua volgare. Di sicuro questo fenomeno
spiega il diverso atteggiamento nei confronti dei libri, che divise l’Europa in
due: da una parte l’Europa protestante considerò il libro in volgare come un
veicolo di diffusione della fede, dall’altra l’Europa cattolica si chiuse nella
difesa del latino e nella condanna del libro proibito, quello che, usando la
lingua volgare, serviva principalmente alla diffusione delle eresie.
Illustrazione satirica del 1526, in tedesco Schandbild, che avrebbe
grossomodo il significato dell’espressione italiana “mettere alla berlina”
LA RIVOLTA DEI CAVALIERI E LA
GUERRA DEI CONTADINI
Negli anni Venti il messaggio
religioso della Riforma si intrecciò con tensioni sociali e politiche latenti
nell’impero e portò prima alla rivolta dei cavalieri (1522-1523), poi alla
guerra dei contadini (1524-1525).
I cavalieri costituivano la bassa
nobiltà dell’impero, legata ad antichi ideali militari, sempre più povera e
sempre più esclusa dalla politica. Fu facile per alcuni di questi cavalieri
leggere nelle parole di Lutero un invito alla spoliazione delle proprietà
ecclesiastiche: riuniti in una «unione fraterna» 600 cavalieri del Reno superiore
rivolsero le armi contro l’arcivescovo di Treviri, mentre altri si dirigevano
contro altri vescovi. Furono sconfitti da una lega di principi, che riuscì a
scongiurare il pericolo dell’estensione della protesta alla media e all’alta
nobiltà.
Franz von Sickingen, uno dei capi dei cavalieri in rivolta
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Monumento a Ulrich von Hutten e Franz von Sickingen (due cavalieri
ribelli) a Bad Münster am Stein-Ebernburg
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La rivolta dei contadini fu un
fenomeno più complesso e diffuso: incominciò tra maggio e giugno del 1524 nella
Selva Nera (la zona dell’attuale Germania vicina a Svizzera e Francia), ma si
propagò rapidamente dalla Renania alla Svevia, alla Turingia, alla Franconia,
all’Alsazia, al Tirolo, alla Carinzia, alla Sassonia. Si calcola che nel 1525 ben
300.000 contadini fossero in rivolta. Rivendicavano la restituzione di terre e
diritti comuni in passato riconosciuti alle comunità di villaggio (diritti di
caccia, di pesca, del taglio della legna nei boschi), l’abolizione dei diritti
signorili e delle decime ecclesiastiche, la riduzione degli affitti, il
ripristino della consuetudine di eleggere il proprio parroco: rivendicazioni
che si intrecciavano con richieste innovatrici originate dal messaggio
luterano. Ma fu proprio Lutero (definito allora dai capi rivoluzionari «il papa
di Wittenberg», o «il dottor menzogna», o anche «fra porco da ingrasso») a
esortare i principi allo sterminio dei ribelli, nella consapevolezza che le
novità introdotte dalla sua predicazione stavano portando al disordine sociale
e che l’allargarsi della rivolta contadina minacciava il potere dei nobili
tedeschi, dalla cui protezione dipendeva la sua stessa vita.
Illustrazione raffigurante la guerra dei contadini
Gli insorti furono così sconfitti
a Frankenhausen, in Turingia, il 15 maggio 1525 in seguito a uno
scontro con i soldati dei principi tedeschi: 8.000 ribelli e furono annientati
e il loro capo, Thomas Müntzer (un sacerdote che era stato inizialmente
favorevole a Lutero ma poi aveva rotto con lui assumendo posizioni sempre più radicali),
venne torturato e decapitato il 25 maggio 1525. La guerra contadina terminò
definitivamente in luglio: costò la vita a circa 100.000 contadini, morti in
battaglia o trucidati dopo la cattura.
Un contadino messo al rogo dopo la disfatta di Frankenhausen
LA RIFORMA DENTRO E FUORI DALLA
GERMANIA
Mentre in Germania la Riforma
luterana incontrava sempre più l’appoggio dei diversi principi territoriali (in
funzione spesso anti-imperiale), ma anche delle città imperiali (una sorta di
piccole repubbliche governate da un consiglio cittadino direttamente dipendenti
dall’imperatore), fuori della Germania le idee di Lutero trovavano sostenitori
e personalità capaci di svilupparle in forme originali e autonome.
A Zurigo si affermò la
predicazione di Huldreich Zwingli, che si distingueva da Lutero per alcune
particolarità teologiche inerenti ai sacramenti e per una valenza politica
legata al fatto che Zurigo era una repubblica libera governata da borghesi.
Uldreich Zwingli in un ritratto di Hans Asper
A Ginevra il teologo francese
Giovanni Calvino poté realizzare le proprie idee, che assegnavano alla vita
religiosa un ruolo preminente su quella politica. Tra il 1540 e il 1560 Ginevra,
sotto la guida di Calvino, si collocò al centro di una rete di dimensioni
europee, diventando il luogo di rifugio degli esuli per motivi religiosi che
intanto si andavano moltiplicando. La città raddoppiò quasi la propria
popolazione, nonostante fosse sottoposta a una rigida disciplina dei costumi:
le autorità civili ed ecclesiastiche vigilavano sulla regolare frequenza ai
servizi divini, sulla partecipazione alla comunione, persino sulle letture
domestiche dei cittadini; erano proibiti il gioco dei dadi e delle carte, le
acconciature e gli abiti eccentrici, i nomi di battesimo che non comparivano
nella Bibbia; furono imposte inflessibili restrizioni ai balli e alle
rappresentazioni teatrali, alla frequentazione delle osterie, ai bambini che
giocavano per strada durante le funzioni religiose, a ogni forma di lusso e di
ostentazione. L’applicazione di rigide regole e di un ferreo rifiuto di ogni
forma di dissidenza religiosa culminò nella condanna a morte sul rogo di
Michele Serveto, un riformatore catalano che negava la Trinità e che, costretto
a fuggire dal suo paese, venne arrestato a Ginevra; l’episodio suscitò un ampio
dibattito nell’Europa di metà Cinquecento.
Giovanni Calvino
Altre correnti riformiste si
diffusero contemporaneamente a quella di Lutero, come quella degli anabattisti,
i quali sostenevano che il battesimo andava somministrato agli adulti che lo
sceglievano, non ai bambini inconsapevoli; piuttosto radicali nelle loro scelte
politiche, gli anabattisti si diffusero durante la guerra dei contadini, ma,
dopo la disfatta di costoro, abbandonarono ogni disegno di rivolgimento
sociale, professando un sostanziale pacifismo. Però un episodio violento
accaduto a Münster nel 1535 gettò un lungo discredito su di loro, che furono
perseguitati da cattolici e luterani in un clima di esaltazione religiosa.
Persecuzioni contro anabattisti
Inoltre nel 1534 in Inghilterra il re
Enrico VIII fondò la Chiesa anglicana, di cui assunse il comando; le
motivazioni di tale gesto non erano affatto religiose, ma piuttosto politiche
(il papa veniva escluso da ogni forma di finanziamento da parte
dell’Inghilterra) e dinastiche (Enrico VIII aveva necessità di divorziare e
risposarsi per poter generare un erede maschio).
Ritratto di Enrico VIII di Hans Holbein il Giovane
LO SCONTRO CON CARLO V
Le dottrine luterane riuscirono
ad aggregare i principi tedeschi contro l’imperatore.
Nel 1530 si tenne la dieta di
Augusta, presieduta da un Carlo V incoronato da pochi mesi da papa Clemente VII
nella cattedrale di Bologna. La ricerca di una conciliazione tra imperatore
cattolico e principi protestanti fallì; venne raggiunto solo un accordo
militare dettato dal pericolo dei Turchi che stavano marciando su Vienna.
Carlo V alla dieta di Augusta
I tentativi di conciliazione
continuarono negli anni successivi e sembravano concretizzabili dopo l’apertura
nel 1545 del Concilio di Trento, voluto dal papa; ma quando si capì che il
Concilio non era più sentito da Roma come lo strumento per un accordo, bensì
per una definitiva condanna del protestantesimo, i principi tedeschi, nel 1552,
si allearono con il re di Francia Enrico II in una coalizione antiasburgica. La
guerra che ne seguì costrinse Carlo V alla pace di Augusta (1555), la quale
riconosceva legittima la Chiesa evangelico-luterana a fianco di quella
cattolica. Veniva dunque sancita una parziale libertà religiosa (parziale
perché i calvinisti non vennero riconosciuti), però non ai singoli individui,
bensì ai principi e alle città libere, secondo la formula cuius regio, eius religio, cioè colui al quale appartiene il
territorio, ne determina la religione, fatto salvo il diritto dei sudditi di
emigrare.
La prima pagina della pace di Augusta (conservata a Mainz, Germania)
Dopo la pace di Augusta (e mentre
Carlo V spartiva il suo impero in due tronconi, uno tedesco affidato al
fratello Ferdinando I e uno spagnolo al figlio Filippo II, e si ritirava in un
monastero in Spagna) il luteranesimo era ormai diffuso in gran parte della
Germania centrale e settentrionale, nel regno di Svezia e in quello di
Danimarca, negli Stati baltici e in Finlandia.
Il calvinismo era penetrato a
occidente in Francia, in Scozia, nei Paesi Bassi, in Inghilterra e a oriente in
Polonia, Boemia, Ungheria, Transilvania; ma anche in Germania, nonostante la
pace di Augusta non l’avesse riconosciuto, il calvinismo si diffuse in alcune
zone.
Le divisioni religiose che si
vennero a creare furono all’origine di lunghe e sanguinose guerre interne a
diversi Stati e, tra il 1618 e il 1648, della guerra dei Trent’anni, che fu di
dimensioni europee.
Interpretazione moderna (di Augusto Ferrer-Dalmau) della Battaglia di
Rocroi,
una delle battaglie della Guerra dei Trent’anni
Se vuoi vedere / ascoltare questa lezione, clicca sui link seguenti:
La Riforma protestante (parte 1)
La Riforma protestante (parte 2)
La Riforma protestante (parte 3)
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