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venerdì 19 settembre 2014

23 La rinascita delle città

LA RINASCITA DELLE CITTÀ

Malgrado il generale ristagno economico che caratterizzò i cinque secoli dell’Alto Medioevo, anche in quel periodo attività come quelle degli artigiani e dei mercanti avevano continuato ad essere praticate: gli artigiani lavoravano soprattutto nei feudi, nei grandi monasteri e nelle città, ma producevano solo i prodotti essenziali, come gli strumenti agricoli e le armi, e alcuni beni di lusso per i nobili.
Nel Basso Medioevo, invece, con l’incremento della popolazione e la ripresa dei traffici commerciali, vi fu un forte aumento della richiesta di prodotti artigianali.

Vetrate nella chiesa di Notre-Dame a Semur-en-Auxois (Francia): in queste vetrate sono rappresentati vari momenti del lavoro degli artigiani tessili. Si riconoscono la smistatura della lana (riquadro 1), la tintura della lana (3), la tessitura (4), la follatura (5), i lavori di rifinitura (altri riquadri). Le quattro vetrate in basso sono originali del 1460 circa, le quattro in alto sono state rifatte nell’Ottocento

Perciò in tutte le città nacquero botteghe artigiane, in cui lavoravano il mastro, o maestro (ossia il proprietario della bottega, il quale era il più esperto del mestiere), gli operai alle sue dipendenze, che erano salariati (cioè ricevevano un salario, una paga) e gli apprendisti, cioè giovani che volevano apprendere il mestiere: costoro erano di solito i figli stessi del mastro, o altri giovani figli di altri artigiani.

Un panettiere con un apprendista

Gli artigiani erano in maggioranza uomini, ma nell’Europa centro-settentrionale vi erano molte donne artigiane che si dedicavano alla produzione di alcuni capi d’abbigliamento (per esempio le cinture), di oggetti d’uso comune (come aghi e forbici) e di gioielli. Gli uomini però, temendo la concorrenza femminile, cercarono di escludere le donne da molte attività artigianali e spesso ci riuscirono, poiché essi avevano il potere nelle città e quindi potevano fare leggi e regole a loro favorevoli.

Jean Bourdichon (1457-1521), La bottega di un falegname;
probabilmente la donna è la moglie del mastro falegname e il bambino è il figlio

Con il passare del tempo e il grande sviluppo del commercio, in molte città vi fu una specializzazione della produzione: ad esempio Brescia divenne uno dei principali centri europei per la produzione di armi e per la lavorazione dei metalli; Lucca per i tessuti di seta; Cremona per quelli di fustagno (un tessuto misto di lana e cotone); Bologna per la lavorazione del cuoio; Venezia per quella del vetro.

L’artigianato del vetro venne applicato dall’arte romanica e soprattutto gotica alla realizzazione delle vetrate delle cattedrali, come queste 5 vetrate nel Duomo di Augusta (Germania), che risalgono al 1130 circa e sono le più antiche che si siano conservate integre

Alcune invenzioni di questi secoli favorirono lo sviluppo dell’artigianato: dal XIII secolo l’arcolaio a ruota (strumento per ridurre le matasse di lana o altri filati in gomitoli) e il telaio a pedale resero più rapide le operazioni di filatura e tessitura. Il filo ottenuto con l’arcolaio a ruota era però di qualità inferiore a quello ottenuto manualmente, perciò veniva utilizzato solo per le produzioni meno pregiate.

Un fabbro medievale e i suoi attrezzi

Nelle città le botteghe artigianali facevano largo uso del mulino: grazie alla diffusione dell’albero a camme (un’invenzione dell’antichità), il movimento circolare della ruota del mulino veniva trasformato nel movimento verticale di un utensile, come un martello o una mazza. Fu così possibile utilizzare i mulini per la lavorazione dei tessuti (mulino a gualchiera, cioè una macchina che rende compatti e morbidi la lana e il feltro: XI secolo) e del cuoio (mulino da concia, che è appunto il trattamento della pelle animale per trasformarla in cuoio: XII secolo), ma anche per produrre la birra (XI secolo) e per fondere il ferro (XII secolo).

Disegno ricostruttivo di un mulino ad acqua medievale

Nell’Alto Medioevo vi erano mercanti che si spostavano tra paesi vicini o da una regione all’altra, acquistando e poi rivendendo ogni tipo di oggetto. Inoltre in alcune occasioni si tenevano mercati, in cui i contadini potevano vendere prodotti e procurarsi ciò di cui avevano bisogno.
Nel Basso Medioevo si ebbe un forte sviluppo del commercio, perché si ritornò a un’economia aperta, basata sullo scambio di prodotti tra regioni diverse.
I mercanti ambulanti continuarono a esistere, ma divennero numerosi mercanti di altro tipo. Alcuni erano artigiani che vendevano direttamente nella loro bottega ciò che producevano. Altri erano specializzati nel commercio di alcuni prodotti e vendevano, ad esempio, solo tessuti. Molti mercanti percorrevano grandi distanze, soprattutto per commerciare oggetti di lusso che garantivano enormi ricchezze, sebbene il passaggio in molti luoghi fosse soggetto a dazi (pagamento di una somma di denaro) a volte anche elevati.

Venditori ambulanti per le vie di Parigi nel XV secolo, secondo Gourdon De Genouillac che nel 1879 pubblicò le sue incisioni nel libro “Parigi attraverso i secoli”: da sinistra, un venditore di abiti usati, una lattaia, un venditore di bicchieri

In questo affresco di Ambrogio Lorenzetti (Effetti del buon governo) del 1338-1339, si vedono chiaramente alcune botteghe artigianali aperte sulle vie di Siena; spesso gli artigiani abitavano, con i famigliari e gli apprendisti, nel piano superiore dell’edificio in cui sorgeva la bottega

I prodotti commerciati erano molto diversi. Le materie prime (cioè non lavorate), come la lana o le sostanze per tingere, o il legname, nonché il ferro, lo stagno, il rame e il piombo erano richieste dagli artigiani. I prodotti di lusso, come le spezie orientali, i tessuti di seta e le pellicce, le armi e i cavalli venivano ricercati anche in regioni molto lontane, perché procuravano grandi guadagni, ed erano acquistati dai nobili e dai cittadini più ricchi. I prodotti alimentari (grano, vino, burro, pesce, sale) e i capi d’abbigliamento (panni e tessuti, calzature e oggetti in cuoio) servivano a tutti coloro che vivevano in città e non producevano direttamente il loro cibo o non tessevano le stoffe di cui avevano bisogno. Rimase fiorente per tutto il Basso Medioevo anche il commercio degli schiavi, sebbene formalmente vietato: gli schiavi giungevano soprattutto dall’Europa orientale e venivano venduti principalmente nei paesi arabi.

Il mercato degli schiavi in una miniatura araba del XV secolo

Accanto ai piccoli mercati, a partire dal XII secolo vennero organizzate grandi fiere, cioè mercati in cui si potevano acquistare prodotti provenienti anche da molto lontano. Alcune di queste fiere erano dei veri e propri mercati internazionali, a cui partecipavano mercanti da tutta Europa, come le fiere delle Fiandre (l’attuale Belgio) e quelle della Champagne, una regione della Francia settentrionale, oggi famosa per la produzione di un vino di lusso.

Una scena di mercato in una miniatura del secolo XIV, dal libro Le chevalier errant (Parigi, Bibliothèque Nationale de France)

Con il ritorno a un’economia aperta ci fu un grande sviluppo nei trasporti, perché era necessario far giungere ogni merce dalla regione di produzione a quelle in cui veniva venduta.
Gli spostamenti avvenivano soprattutto lungo i fiumi e per mare, perché trasportare sull’acqua, mediante navi, costava di meno che trasportare via terra, servendosi di carri: un’unica nave poteva caricare una quantità di merce che avrebbe richiesto un gran numero di carri. La vera novità del commercio nel Basso Medioevo fu rappresentata dai fiumi: l’Europa ne è ricca, così vennero sfruttati quanto più possibile il Reno e l’Elba, il Danubio e la Mosa, la Senna e il Rodano, il Po e l’Adige, ma anche nell’Europa orientale la Vistola, il Volga e il Dnepr. I trasporti marittimi, però, potevano essere ostacolati dalle correnti e, soprattutto in alcune stagioni, dalle condizioni del tempo. Inoltre non tutte le regioni erano raggiungibili via fiume o via mare, anche se la via d’acqua rimaneva preferita e il ricorso al trasporto terrestre tendeva a ridursi, quando ciò era possibile, al tratto che metteva in comunicazione due o più vie fluviali.

Miniatura tratta da un’edizione del 1317 della Vita e martirio di San Dionigi: vi si vedono sia il trasporto terrestre sia quello fluviale a Parigi

Comunque, poiché i trasporti terrestri conservavano la loro importanza, le antiche strade romane vennero riparate e ne vennero costruite di nuove. Per attraversare i fiumi si costruirono ponti, come il primo ponte in pietra sul Tamigi, a Londra (1180-1209).

Così Claude de Jongh ha dipinto nel 1632 l’Old London Bridge, il primo ponte in pietra di Londra

I viaggi, soprattutto quelli su lunghe distanze, presentavano molti rischi per i mercanti: il carico e anche la nave potevano andare persi per tempeste, naufragi, attacchi di pirati e incendi. Nacquero perciò le compagnie di assicurazione: il mercante poteva pagare una quota prima del viaggio e, se la merce andava persa, la compagnia di assicurazione gli versava un indennizzo, ossia una certa somma come risarcimento dei danni.
Alcuni progressi permisero un grande sviluppo dei trasporti. L’astrolabio, un’invenzione araba che permette di orientarsi con le stelle, e la bussola, che indica i punti cardinali senza che sia necessario fare ricorso al sole o alle stelle, resero più facile stabilire la rotta in mare. Le carte geografiche divennero più precise e furono realizzati (dal 1270) libri portolani, che indicavano le caratteristiche delle coste e i porti e si possono considerare, dunque, gli antenati delle attuali carte nautiche. Il timone di poppa permise di dirigere meglio le imbarcazioni e vennero realizzati nuovi tipi di nave, come la cocca, a tre alberi, e la caracca, una grande nave, sia mercantile sia da guerra, di alto bordo, cioè con i fianchi più alti.

Un astrolabio del 1300 e un portolano del 1325

Venezia, per esempio, aveva una flotta composta sostanzialmente di due tipi di nave: le navi lunghe (o galere) e le navi tonde (le cocche). Le cocche erano usate essenzialmente come navi da carico; dopo il 1300 si introdussero degli accorgimenti tecnici nel timone e nelle vele, che permisero di aumentare la velocità e la maneggevolezza. Queste navi si muovevano usando la vela, mentre i remi venivano impiegati solo per le manovre in porto, nei momenti di bonaccia o nei rapidi spostamenti in battaglia. La galera, lunga e affusolata, rimase comunque una delle migliori imbarcazioni dell’epoca, poiché era in grado di coprire lunghi percorsi a notevole velocità, grazie ai tre vogatori per banco e al supporto di due o tre vele latine. Per questo veniva usata sia a scopi bellici, sia a scopi commerciali.

A sinistra una cocca, a destra una galera (o galea) veneziana

Il commercio richiedeva l’uso del denaro, che scarseggiava. Perciò re, imperatori e città libere ripresero a coniare monete, prima d’argento e poi, dal XIII secolo, d’oro, alcune delle quali circolavano in tutta Europa, come il fiorino di Firenze, il ducato di Venezia e il genovino di Genova.
La grande quantità e varietà di denaro in circolazione favorì lo sviluppo delle attività finanziarie, ossia di tutte quelle attività riguardanti il denaro: nacquero così i banchi (che oggi chiameremmo banche), come quello dei Bonsignori di Siena o dei Bardi di Firenze.

Banchieri toscani in un affresco di Niccolò Gerini del 1395 nella chiesa di San Francesco a Prato

I banchieri si occupavano di prestare il denaro ad artigiani e commercianti e di cambiare le valute dei diversi Paesi. In alcune città, come Genova, le attività finanziarie ebbero un grande sviluppo e contribuirono alla ricchezza dello Stato.
Furono inventati strumenti finanziari, per favorire la circolazione del denaro: è il cado della lettera di cambio, che permetteva a un mercante di acquistare merci facendosi anticipare del denaro da un banco, e poi di rendere la somma in un’altra valuta e in un altro paese. Vennero inoltre introdotti i libri contabili, in cui venivano segnati i guadagni e le spese.

10 biccherne conservate all’Archivio di Stato di Siena; le biccherne sono delle tavolette dipinte che fungevano da copertina per i libri contabili delle magistrature senesi. In ciascuna di queste 10 biccherne è rappresentato il camarlingo (cioè l’amministratore delle finanze) intento a ricevere, contare o deporre denari. Le biccherne sono datate dalla fine del Duecento alla fine del Trecento.

Il passaggio da un’economia chiusa a un’economia aperta avvenne in tutta Europa, ma in tempi molto diversi: l’Italia, Bisanzio, la Francia orientale, la Renania (la regione tedesca lungo il fiume Reno), le Fiandre e l’Inghilterra costituivano verso il 1200 il centro economico dell’Europa. Invece le terre dei Vichinghi, degli Slavi, degli Ungheresi e le altre regioni dell’Europa settentrionale e orientale erano marginali sul piano economico.

L’ufficio di un banchiere italiano in una miniatura del XIV secolo, conservata al British Museum di Londra

In particolare la creazione di una grande rete commerciale marittima favorì lo sviluppo di alcune città italiane, chiamate repubbliche marinare (prima Amalfi e Venezia, poi Pisa e Genova) e delle città tedesche, che erano riunite in un’associazione, l’Hansa (in italiano anche Lega anseatica), la quale nel momento di maggior potenza comprendeva 90 città, ma ben 164 erano le città collegata ad essa da stretti rapporti.


Le città non erano scomparse durante l’Alto Medioevo (di solito erano città di origine romana), ma la loro popolazione si era spesso fortemente ridotta rispetto all’Età Antica e queste città erano poco più che dei grossi villaggi; inoltre erano nati pochi nuovi centri. Solo in alcune regioni, come l’Italia, le città erano rimaste abbastanza numerose e popolose, pur essendo anch’esse in crisi.
Nel Basso Medioevo invece ci fu una forte ripresa delle città esistenti, soprattutto nell’Europa centro-occidentale, dall’Italia all’Inghilterra: alcune di queste città conobbero un grande sviluppo, perché furono scelte come capitali da parte del re (Parigi, Londra, Copenaghen, Lisbona, Stoccolma, Varsavia, Praga e così via). Altre invece si ingrandirono perché divennero grandi centri commerciali, come Venezia e Amburgo, Lubecca e Genova, Pisa e Anversa. Dato poi che la popolazione in crescita tendeva a stabilirsi nelle città, il numero di abitanti dei centri urbani prese ad aumentare rapidamente. Nel XIII secolo Parigi e alcune città italiane avevano più di 100.000 abitanti. Nell’Europa orientale e settentrionale invece i grandi centri erano pochi: il principale era Costantinopoli/Bisanzio.

Veduta di Venezia in una miniatura del XV secolo (Oxford, Bodleian Library)

Nacquero anche nuove città: furono spesso i re a fondarle e a concedere loro una certa autonomia, per favorire lo sviluppo economico dei loro regni. Così anche regioni fino ad allora povere di centri urbani, come l’Europa centro-orientale, videro aumentare il numero delle città.
I molti che sceglievano di vivere in città lo facevano per motivi diversi. Alcuni perché la vita era più sicura, meno esposta agli attacchi dei briganti. Molti invece erano attratti dalle occasioni di lavoro: artigiani e mercanti potevano vendere i propri prodotti a più gente; la costruzione di case e chiese offriva molte opportunità a falegnami e muratori; maestri e medici avevano più clienti, come pure farmacisti, notai, cambiavalute e così via. In città si stabilivano anche contadini che cercavano di sfuggire al dominio feudale: gli abitanti delle città infatti erano di solito liberi. Infine in città vi erano maggiori possibilità di migliorare le proprie condizioni di vita e chi era abile in un lavoro artigianale o nel commercio poteva arricchirsi.
Le principali città medievali erano dotate di mura, per difendersi dagli attacchi. Lungo le mura si aprivano alcune porte, che venivano chiuse la sera.

Le mura di Monteriggioni (Siena): così dovevano apparire anche città più grandi di questa

Al centro della città vi erano la chiesa principale e il palazzo comunale (o palazzo pubblico), che sorgevano su piazze, dove si ritrovavano i cittadini.
Le vie erano strette e seguivano l’andamento del terreno; il fondo stradale era spesso in terra battuta, e solo dal XII secolo furono presi i primi provvedimenti per pavimentare le strade (a Parigi, ad esempio, nel 1184). Al centro della strada scorreva un canale per raccogliere i rifiuti delle case, che venivano buttati direttamente nell’acqua: non c’erano infatti fognature coperte. Le condizioni igieniche della città erano perciò scadenti e, soprattutto d’estate, quando il caldo e la mancanza d’acqua rallentavano l’eliminazione dei rifiuti, non erano rare le epidemie.
Le case erano molto diverse a seconda della ricchezza e della posizione sociale degli abitanti. Le case dei nobili fino al XIV secolo erano spesso dotate di torri, che rappresentavano una difesa, ma anche un segno di potenza.

Le torri di San Gimignano (Siena): esse erano parte delle case dei nobili e volevano dimostrare anche la potenza dei proprietari

Gli artigiani e i mercanti più agiati vivevano in case molto ampie e alcuni si costruirono, a partire dalla fine del Trecento, veri e propri palazzi. Per i meno ricchi, invece, l’abitazione comprendeva solo due ambienti: la sala, in cui si pranzava e si stava durante il giorno, e la camera, in cui si dormiva. Nelle case non c’era acqua corrente, che si andava a prendere alle fontane pubbliche.
Dall’XI secolo in poi in tutte le grandi città vennero ricostruite le chiese cattedrali, cioè le chiese principali, in cui aveva sede il vescovo. La costruzione di una grande chiesa durava decenni, a volte anche secoli: trasportare, tagliare, sollevare e collocare al loro posto le pietre era un lavoro lungo e difficile con i mezzi molto semplici che erano disponibili allora. Tutta la popolazione contribuiva alla costruzione, che dava prestigio alla città, e spesso venivano chiamati architetti da altri centri per dirigere i lavori.

Facciata e zona absidale del Duomo di Modena, cattedrale romanica costruita tra il 1099 e il 1184, con rifacimenti fino al 1319

Le città che conobbero un grande sviluppo nel Medioevo di solito continuarono a espandersi e conservarono la loro importanza anche nei secoli successivi, quando si entrò nell’Età Moderna. Esse perciò sono ancora oggi le grandi città europee, che formano il più importante nodo urbano del nostro continente; soltanto poche città vennero fondate nell’Età Moderna e Contemporanea. Si tratta di città che vennero scelte come capitali (Madrid nel 1561 e San Pietroburgo nel 1703), o che si svilupparono per la presenza delle industrie, che nacquero dalla fine del Settecento in poi (le città della conurbazione Reno-Ruhr in Germania, o alcune città inglesi).

Palazzo Vecchio a Firenze: era il palazzo pubblico della città e venne costruito tra il 1299 e il 1314



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