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sabato 16 agosto 2014

13 I popoli germanici e la fine dell'Impero Romano d'Occidente



I POPOLI GERMANICI E LA FINE DELL’IMPERO ROMANO D’OCCIDENTE

Ancor prima della fondazione dell’Impero i Romani ebbero occasione di entrare in contatto con quei popoli che essi chiamavano con disprezzo barbari e che oggi si preferisce chiamare germanici; essi vivevano nell’Europa centro-settentrionale, in una zona che si estendeva dal fiume Reno alla Scandinavia meridionale, dalle regioni baltiche all’est danubiano.

Oggetti di oreficeria visigota, facenti parte del Tesoro di Guarrazar (Madrid, Museo Arqueológico Nacional); è proprio partendo dalla scoperta e dall’analisi di oggetti simili che gli storici non accettano più la definizione dispregiativa di barbari, usata fino a qualche decennio fa,
 per designare i popoli germanici

Non sappiamo molto di queste popolazioni, sia perché i reperti archeologici sono insufficienti, sia perché le notizie lasciateci dai Romani non sono del tutto attendibili: troppe erano le differenze culturali, perché i Romani potessero veramente capire i Germani. Inoltre questi popoli sono stati usati successivamente come pretesto per la costruzione di concetti, in funzione anti-romana e a favore di una presunta purezza germanica, che sono arrivati fino alla fatidica ideologia della “razza ariana” del nazionalsocialismo di Hitler.
Oggi noi sappiamo che appartenevano al gruppo degli Indoeuropei e che, come altri popoli della stessa origine che si diffusero in ampie zone tra l’Europa e l’Asia, essi si insediarono inizialmente tra la Scandinavia e le regioni Baltiche, fondendosi con coloro che già abitavano in quei territori. Nel corso dei secoli si differenziarono in gruppi che assunsero caratteristiche proprie nella lingua, negli usi, nel nome stesso.

Guerrieri germanici (stampa dal “Costume antico e moderno” – Torino 1829)

Guerriero franco del V secolo, così come è stato immaginato da G. de Genouillac nel 1878
Un Visigoto in un’illustrazione moderna

Quando entrarono in contatto con i Romani per la prima volta, nel II secolo a.C., praticavano un’agricoltura primitiva, che impoveriva in fretta i campi e li costringeva a spostarsi con una certa frequenza (pur non essendo nomadi nel senso comune del termine). Quando tali spostamenti avvennero in direzione sud-ovest, fu inevitabile l’incontro con i Romani, che si stavano espandendo verso nord-ovest; importante fu il contatto con Giulio Cesare, il conquistatore della Gallia, a cui dobbiamo la prima descrizione di questi popoli nel suo De Bello Gallico (La Guerra Gallica) del 51 a.C.

Sarcofago Ludovisi, della metà del III secolo d.C. (Roma, Museo Nazionale Romano) 
con scena distribuita su 3 fasce; in quella superiore sono rappresentati i Romani vincitori, 
in quella mediana il combattimento tra Romani e Germani, in quella inferiore i barbari vinti

Negli anni dopo Cristo i rapporti tra Romani e Germanici furono soprattutto rapporti di guerra, ma, nello stesso tempo, il diffondersi della cultura latina nelle terre tra il Reno e l’Elba portò le classi superiori di questi popoli a richiedere sempre più i prodotti romani, particolarmente apprezzati. La romanizzazione di queste genti si intrecciò con la necessità dei Romani di avere soldati e per questo molti Germani entrarono a combattere nell’esercito imperiale.

Signifero (= portatore di insegne) germanico e condottiero romano 
(illustrazione tedesca della seconda metà del XIX secolo)

Non solo: i Romani si accordavano a volte con queste popolazioni, facendole stanziare in luoghi scelti lungo i confini dell’Impero, con lo scopo di farsi proteggere da loro in caso di eventuali invasioni (come accadde con i Franchi, gli Alemanni e i Burgundi).
In effetti nel III secolo il pericolo di invasioni si fece più concreto; diventò una minaccia nel IV secolo, quando l’arrivo nell’Europa orientale degli Unni (375), che da tre secoli avevano lasciato l’originaria Mongolia alla ricerca di nuove terre da predare, provocò massicci spostamenti di popoli germanici, i quali, scappando di fronte alle violenze degli Unni, cercarono riparo nella parte allora più debole dell’Impero Romano, ossia quella occidentale.

La cartina ti permette di vedere quanti e quali popoli premevano ai confini dell’Impero Romano 
ai tempi dell’imperatore Diocleziano (fine del III secolo)

Roma si trovò impreparata ad affrontare questi spostamenti e intere vaste aree dell’Impero passarono sotto il controllo di nuove popolazioni: la Britannia venne occupata dagli Angli e dai Sassoni, la Gallia dai Franchi e dai Burgundi, la colonia Elvetica (ossia la Svizzera) dagli Alemanni, l’Africa dai Vandali. La stessa penisola italica venne attaccata dai Visigoti, i quali, sotto il comando del re Alarico, devastarono nel 401 la ricca città di Aquileia (i cui abitanti fuggirono nelle isole della laguna veneta, fondando il primo nucleo della futura Venezia) e nel 410 saccheggiarono la stessa Roma.

I Visigoti di Alarico saccheggiano Roma 
(incisione di Ludovico Pogliaghi dalla Storia del Medioevo del 1892)



Un’altra incisione di Ludovico Pogliaghi sul Sacco di Roma

Sebbene Roma non fosse più, fin dal 402, la capitale dell’Impero (essendo stata scelta per questo ruolo la più tranquilla Ravenna, che era circondata da terre acquitrinose e quindi meno appetibili dagli invasori e possedeva un porto, da cui fuggire in fretta verso Oriente in caso di pericolo), il sacco di Roma fu un evento terribile, che suscitò un’enorme impressione nei contemporanei, tanto che sant’Agostino (allora vescovo in Algeria) pensò che stessero arrivando il Giorno del Giudizio e la fine del mondo.

Il porto di Classe era il porto di Ravenna fatto costruire da Augusto verso il 27 a.C. 
(mosaico da Sant’Apollinare Nuovo, Ravenna – inizio VI secolo)

Qualche anno dopo anche gli Unni, guidati da Attila, entrarono in Italia e saccheggiarono numerose città: di nuovo Aquileia, poi Padova, Vicenza, Verona, Bergamo, Brescia, Milano.

Attila in un’incisione del XVIII secolo

Nel 451 Roma venne nuovamente saccheggiata, questa volta dai Vandali, che erano arrivati dall’Africa attraverso il Mediterraneo.
L’Impero Romano d’Occidente, almeno di nome, esisteva ancora; in realtà era nelle mani di capi militari di origine germanica. Un generale del popolo dei Goti impose come imperatore suo figlio, che era appena un ragazzo, con il nome di Romolo Augustolo; ma nel 476 un altro militare germanico, Odoacre, depose Romolo Augustolo. Odoacre non assunse il titolo di imperatore, però inviò le insegne e i simboli dell’Impero d’Occidente a Costantinopoli, doveva viveva l’imperatore romano d’Oriente.

Odoacre e Romolo Augustolo (illustrazione di Ludovico Pogliaghi)

L’Impero Romano d’Occidente era praticamente finito.
Sebbene i fatti accaduti nel V secolo non siano stati percepiti come la fine di un’epoca (vuoi perché avvennero in un arco di tempo di decenni, vuoi perché la gente comune era troppo coinvolta nelle scorrerie e nelle violenze germaniche o unne per pensare ad altro che a salvar la pelle), gli storici successivi hanno scelto il 476 d.C. come una data fondamentale, che ha cambiato il corso del tempo: il 476 è diventato l’anno della fine dell’Età Antica e dell’inizio di un nuovo periodo storico, che chiamiamo Medioevo.

Popolazioni in fuga dalle invasioni barbariche (miniatura da un manoscritto  bizantino del V secolo, conservato a Parigi alla Bibliothèque Nationale)

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