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giovedì 9 luglio 2015

59 La Rivoluzione americana



LA RIVOLUZIONE AMERICANA

Nella seconda metà del Settecento l’America settentrionale era quasi tutta sotto il controllo dell’Inghilterra: dall’inizio del Seicento, quando vennero fondati i primi insediamenti inglesi a Jamestown (1607) e a Plymouth (1620), si erano formate tredici colonie. Esse erano distinte in 3 parti: Maryland, Virginia, North Carolina, South Carolina e Georgia formavano il sud; New York, Pennsylvania, New Jersey e Delaware il centro; Connecticut, Rhode Island, New Hampshire e Massachusetts  il nord, chiamato anche Nuova Inghilterra.
Più a nord i Francesi avevano occupato la colonia chiamata Canada, che al termine della guerra dei Sette anni (1756-1763) venne ceduta all’Inghilterra; nel meridione, lungo le coste del Golfo del Messico, vi erano gli Spagnoli.


La popolazione di origine europea viveva quasi esclusivamente lungo la costa atlantica (nel 1763 aveva già raggiunto la quota di due milioni e mezzo di coloni): mano a mano che ci si allontanava dalla costa, gli europei diventavano meno numerosi e la maggioranza della popolazione era costituita dagli indiani pellerossa, divisi in numerose tribù. Numerosi erano anche i neri di origine africana portati in America come schiavi.
Le tredici colonie inglesi avevano sviluppato stili di vita e di economia piuttosto differenti tra nord e sud: le colonie settentrionali erano abitate da borghesi, tutti dediti ad arricchirsi con le loro imprese mercantili e artigianali, che li stavano portando a sviluppare quella mentalità capitalistica che nella lontana madrepatria farà nascere nella seconda metà del Settecento la rivoluzione industriale. Le colonie meridionali, invece, erano essenzialmente agricole, formate dalle grandi piantagioni in cui ricchi uomini comandavano su folle di schiavi, mentre conducevano una vita elegante e raffinata, dedita alla cultura, all’abilità politica e militare, a un atteggiamento bonario e paternalistico nei confronti di chi era inferiore a loro.

La villa di Thomas Jefferson (terzo presidente degli U.S.A.) in Virginia è chiaramente ispirata 
ai modelli architettonici del Palladio; ciò succedeva per le magioni di tutti i grandi piantatori 
delle colonie meridionali, imbevuti di neoclassicismo francese

Nel complesso i coloni avevano creato una società sicura di se stessa, ricca e forte. In particolare nel nord si distinguevano le attività metallurgiche (alimentate dal carbone di legna ottenuto da immense foreste), la produzione e il commercio di rum (negli Stati della Nuova Inghilterra) e la manifattura cantieristica (concentrata in particolare nel Massachusetts e capace nella seconda metà del ‘700 di fare concorrenza ai cantieri inglesi, tant’è che il 30 % della flotta mercantile inglese era costituito da navi costruite in America).

Cantiere navale nella Nuova Inghilterra

Nel sud le attività manifatturiere erano scarsissime, ma la ricchezza derivava, oltre che dalle piantagioni, dall’esportazione di alcuni prodotti quali il tabacco, l’indaco (la pianta da cui si otteneva il colorante azzurro) e il legname.
Allo sviluppo economico delle tredici colonie la Gran Bretagna guardava con molta preoccupazione: per limitare la concorrenza americana il governo inglese non seppe che emanare una serie di leggi in favore del proprio commercio. Così le colonie furono obbligate a esportare certi prodotti solo in Gran Bretagna e ad acquistarne altri solo dalla Gran Bretagna, anche nel caso di manufatti che le colonie erano in grado di produrre da sé.
I coloni reagirono praticando il contrabbando, ma la marina inglese iniziò una caccia spietata ai contrabbandieri, i quali, se catturati, venivano arruolati forzatamente nelle navi reali, il che equivaleva a un invio ai lavori forzati.

Incisione raffigurante dei contrabbandieri del XVIII secolo

Inoltre nel 1765 la scelta dell’Inghilterra di imporre una tassa sulla carta bollata, presentata come necessaria per pagare l’esercito che difendeva le colonie, nonché il rifiuto della richiesta delle colonie di essere considerate come Paesi liberi, ancorché fedeli alla corona, provocarono una prima ondata di violente proteste, che costrinse la Gran Bretagna a ritirare la tassa sul bollo. Nello stesso tempo, però, vennero varati dei dazi doganali su alcune merci che lo colonie importavano. Lo scontento popolare riprese, mentre il diffondersi delle idee dell’Illuminismo tra il ceto colto (in particolare quello dei piantatori del sud) alimentava idee sempre più forti in opposizione alla corona inglese.
Nel 1770 un episodio minimo in termini di sangue (l’uccisione di 5 manifestanti da parte di soldati inglesi) divenne il «massacro di Boston», un evento che si caricò da subito di profondi significati: le vittime divennero i primi martiri della rivoluzione.

Il massacro di Boston (5 marzo 1770) in un’incisione di P. Revere

Londra fu costretta a fare marcia indietro e ritirò tutte le imposte, tranne quella sul tè, mantenuta solo per salvare il principio dell’autorità inglese. Per protesta, nel 1773 alcuni cittadini di Boston, travestiti da indiani, assalirono le navi inglesi ancorate nel porto e gettarono in mare una gran quantità di casse di tè pronte per essere vendute: fu il cosiddetto Boston tea party.

Incisione raffigurante l’episodio passato alla storia come “The Boston Tea Party”

Il Parlamento inglese chiuse il porto di Boston e sospese le garanzie costituzionali nel Massachusetts. L’esercito venne inviato contro i «ribelli», che si erano riuniti a poche miglia da Boston; nell’aprile 1775 a Lexington (nel North Carolina) avvenne il primo scontro tra l’esercito inglese e una settantina di miliziani americani.

La battaglia di Lexington in un’incisione di Amos Doolittle del 1775, colorata qualche anno dopo

Costretti a ritirarsi, essi assalirono nuovamente l’esercito reale nei giorni successivi, con un esito clamoroso: i soldati inglesi, splendenti nelle loro uniformi rosse, furono costretti a ritirarsi e a rifugiarsi dentro le mura di Boston, assediata dai «ribelli». I quali ebbero modo di organizzarsi nei mesi seguenti, sotto il comando di George Washington, un tranquillo piantatore della Virginia, che, durante la guerra dei Sette anni, aveva imparato il mestiere delle armi.

George Washington prima della battaglia di Trenton, dipinto di John Trumbull del 1792

Dal 1776 al 1782 si combatté quella che viene chiamata Rivoluzione americana, o anche Guerra d’indipendenza americana: non riconoscendo più l’autorità del re e del Parlamento inglesi, le tredici colonie approvarono il 4 luglio 1776 una Dichiarazione di indipendenza e la nascita di una nuova Nazione, gli Stati Uniti d’America. Ancora oggi il 4 luglio è giorno di festa negli U.S.A.

La Dichiarazione d’Indipendenza, dipinto di John Trumbull del 1819

Uno storico ha calcolato che un terzo degli abitanti delle colonie aderì alla Rivoluzione, un terzo rimase indeciso e un terzo si dichiarò lealista, cioè fedele al re inglese, che in quegli anni era Giorgio III del Casato di Hannover.
Dalla parte dei ribelli si schiereranno più avanti Francesi e Spagnoli, mentre con gli Inglesi si schierarono quasi tutte le tribù pellerossa (in particolare gli Irochesi), spaventate dal desiderio dei coloni di occupare le pianure oltre i monti Allegheny e quindi di invadere le loro terre.

Il dipinto rappresenta una scena di massacro operato dagli Irochesi
durante la Rivoluzione americana nel 1778 in Pennsylvania

Gli anni di guerra si succedettero con una serie di vittorie e di sconfitte da entrambe le parti, ma la clamorosa sconfitta subita dagli Inglesi nell’ottobre 1777 a Saratoga spinse Francia e Spagna ad appoggiare i coloni, inviando loro armi, munizioni e materiale bellico, che arrivò in America nella primavera del 1778, in un momento particolarmente critico per le truppe di George Washington.

La resa del generale Burgoyne a Saratoga, un dipinto di John Trumbull (1826)

Durante l’inverno precedente, infatti, i soldati avevano patito la fame per mesi e si erano ritrovati senza munizioni, armi, materiale sanitario, scarpe e persino sapone, mentre i cavalli morivano di fame a centinaia.
L’atto finale della guerra si ebbe a Yorktown, dove gli Inglesi si arresero alle milizie americane dopo un lungo assedio, il 19 ottobre 1781: le trattative di pace iniziarono l’anno successivo a Versailles e il 3 settembre 1783 venne riconosciuta l’indipendenza degli Stati Uniti dalla corona britannica. L’Inghilterra cedette al nuovo Stato anche un vasto territorio all’interno, fino al fiume Mississippi, dove la popolazione era costituita quasi esclusivamente da indiani.

La prima bandiera statunitense (con 13 stelle e 13 strisce a raffigurare le 13 colonie)
viene issata al posto di quella britannica a New York in un’incisione dell’epoca

Tra il 1786 e il 1787 le tredici colonie divenute Stati Uniti d’America si diedero una costituzione ispirata alle idee illuministe. Essa prevedeva la divisione dei tre poteri tra un parlamento (il Congresso, cui spettava il potere legislativo), il presidente (a capo del potere esecutivo) e i tribunali (che ebbero il potere giudiziario). Gli Stati Uniti d’America divennero una repubblica federale, in cui ogni Stato poteva avere leggi diverse, ma la difesa e la politica estera erano in comune. Il presidente (il primo fu George Washington) ottenne poteri molto vasti, non molto inferiori a quelli del re d’Inghilterra.
La Costituzione degli Stati Uniti stabiliva l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, ma in realtà le donne furono escluse dal voto e all’interno di ogni Stato le leggi stabilivano chi poteva votare e chi no. Agli indiani che ancora vivevano all’interno dei tredici Stati e agli schiavi neri non fu riconosciuto alcun diritto.

George Washington si rivolge all’Assemblea costituente



Nei decenni successivi alla Rivoluzione americana i bianchi si diffusero sempre più a ovest, nelle terre dei pellerossa; nacquero nuovi Stati, che si andarono ad aggiungere ai tredici iniziali e per i quali restarono valide le regole decise con la Costituzione; essa non può essere modificata, ma solo integrata, cioè è possibile solamente aggiungere a quelli originari dei nuovi articoli, chiamati emendamenti.

Se vuoi vedere / ascoltare questa lezione, clicca sul seguente link:
La rivoluzione americana

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