LA SOCIETÀ EUROPEA DELL’ANCIEN RÉGIME
Il secolo XVIII si chiuse con un
fatto di grande importanza per l’Europa e il mondo: la Rivoluzione francese del
1789. Fino a quella data la società era ancora, come nel Medioevo, rigidamente
divisa in tre classi, chiamate ordini o stati, e questa composizione sociale viene
chiamata Ancien Régime (= antico regime). Nascere allora in un ordine o in un
altro non era cosa indifferente, poiché ogni ordine aveva obblighi e privilegi
diversi, sicuramente non egualitari; cosicché le condizioni di vita di un
individuo erano rigidamente stabilite dalla classe sociale alla quale
apparteneva.
Disegno satirico ottocentesco sull’Ancien Régime
IL PRIMO STATO: IL CLERO
Il clero restava formalmente il
primo ordine della società, l’ordine di coloro che avevano il compito di
pregare, di implorare per gli uomini l’aiuto di Dio, di soccorrere i
diseredati. Per queste sue funzioni il clero aveva sempre rivendicato la
superiorità su chi aveva il compito di combattere (i nobili) e di lavorare (il
popolo); tale superiorità spingeva gli uomini di Chiesa a rivendicare
l’esenzione delle imposte, ma non sempre essi l’avevano ottenuta.
Malgrado nel Settecento il clero
avesse in parte ottenuto un ridimensionamento del proprio ruolo (a causa del decadimento
del papato e degli attacchi ideologici mossi dall’Illuminismo), rimaneva un
ordine potente, soprattutto nei paesi cattolici, però al suo interno esistevano
profonde differenze. Infatti coloro che ricoprivano le cariche principali
all’interno della Chiesa (cardinali, vescovi, abati) formavano l’alto clero,
avevano grandi rendite e molto potere, mentre tutti gli altri (i sacerdoti e i
monaci e le monache semplici) costituivano il basso clero, non ricoprivano
cariche importanti e non avevano né ricchezze né poteri. Questi ultimi erano
assai più numerosi dei membri dell’alto clero e godevano di solito solo del
prestigio sociale derivante dal loro ruolo religioso, generalmente tenuto in
gran conto dal popolo.
Pietro Longhi, L’ordine sacerdotale (dipinto del XVIII secolo)
L’alto clero era formato
soprattutto da membri della nobiltà, spesso di quella più antica e illustre: a
volte proprio l’appartenenza a una famiglia di alto rango permetteva di essere
messi a capo di una diocesi ricca e importante, senza il cursus honorum che
caratterizzava un qualunque prelato. A chi aspirava a diventare vescovo era
richiesta un’istruzione di livello universitario, anche se tale requisito non
era indispensabile quando a sostituirlo c’erano altissimi natali; in genere
comunque i vescovi rappresentavano un’élite della cultura, nella maggior parte
di quella più tradizionalista, ma a volte anche di quella più moderna e
aggiornata.
Ritratto del vescovo di Narni (dipinto del XVIII secolo)
Il basso clero si preparava dal
punto di vista culturale e religioso nei seminari, che però erano in numero
insufficiente, per cui non tutti potevano accedervi: la preparazione di costoro
restava lacunosa e approssimativa, però non è corretto parlare di ignoranza
dilagante, anche se a volte il problema poteva sussistere. Anche la provenienza
sociale del basso clero non era infima come a volte si dice: in Francia, per
esempio, il clero parrocchiale veniva reclutato tra la piccola e media
borghesia cittadina: artigiani, mercanti, notai, avvocati e così via, tutta
gente cioè che godeva di una relativa agiatezza e che poteva assicurare ai
figli i mezzi necessari per mantenersi agli studi.
Ritratto di un prelato (secolo XVIII)
IL SECONDO STATO: LA NOBILTÀ
Pur costituendo il secondo stato,
la nobiltà era in tutta Europa la classe superiore, anche se numericamente
rappresentava una percentuale della popolazione che andava dall’1 all’8 per
cento.
Dipinto di Luis Paret y Alcazar (seconda metà del secolo XVIII)
raffigurante il re spagnolo Carlo III mentre mangia davanti alla sua corte; nel
1768 la nobiltà spagnola rappresentava quasi l’8% della popolazione ed era la
più numerosa in Europa, pari a quella della Polonia
La Rivoluzione francese produsse
un gran numero di scritti che presentavano i nobili come personaggi dotati di
immense proprietà terriere, ricchissimi e dediti a un lusso sfrenato, immersi
in divertimenti e passatempi più o meno condannabili (il gioco, le donne, la
buona tavola), frivoli, ignoranti, intriganti, prepotenti, convinti di
appartenere a una razza diversa, sfruttatori dei contadini, violenti,
privilegiati senza alcuna giustificazione. Tutte caratteristiche sicuramente
presenti nella nobiltà, ma che non completano il quadro generale di questa
classe sociale: va considerato almeno che vi furono anche nobili privi di un
favoloso patrimonio (formavano la cosiddetta «plebe nobiliare») e nobili
istruiti e attratti dalle nuove idee dell’Illuminismo, o anche capaci di dare
un proprio apporto a tale movimento culturale.
Stampa del 1763 raffigurante due spadaccini; il diritto di portare la
spada costituiva una delle prerogative nobiliari più antiche e gelosamente
conservate
Il potere dei nobili era comunque
notevole: nell’Europa orientale (indicativamente quella a est del fiume Elba)
essi godevano quasi completamente dei privilegi di origine feudale: per esempio
controllavano la vita privata dei loro contadini, autorizzando o meno il loro
matrimonio, in base solitamente a calcoli ispirati al criterio di non
diminuire, anzi se possibile di aumentare, la manodopera a disposizione.
Ai nobili erano riservati i
comandi militari, molte cariche di corte e il ruolo di governatori nelle
province. L’aspirazione principale di un nobile era quella di vivere il più
possibile a contatto del re (l’aveva ben capito Luigi XIV costruendo la reggia
di Versailles), perché in questo modo si potevano ottenere incarichi e
donazioni e quindi dei concreti vantaggi economici.
Un dipinto della scuola di Pietro Longhi raffigurante una famiglia
nobile veneziana nella villa di campagna durante l’estate; l’entroterra veneto
è ancora oggi ricchissimo di ville patrizie
Per sostenere le proprie entrate
molti re misero in vendita i titoli nobiliari: questi potevano essere
acquistati solo da borghesi arricchiti, i quali, in possesso di un titolo di
conte, marchese o barone, potevano ottenere una carica pubblica, che conferisse
prestigio e denaro. Questa usanza che era in vigore già da parecchi decenni
modificò notevolmente la fisionomia della nobiltà del Settecento. Se la
tradizione assegnava all’aristocratico il compito di difendere il re e la
patria dai nemici esterni, va detto che nel XVIII secolo era assai esiguo il
numero di famiglie che potevano vantare questa (com’era definita) «nobiltà di
spada»; la stragrande maggioranza dei nobili era di origine relativamente
recente (cinquecentesca e seicentesca) e proveniva da ambienti in cui, più che
la spada, si maneggiava la penna e i libri di contabilità (e formava la
cosiddetta «nobiltà di toga»).
Un gruppo di nobili inglesi in un’incisione colorata di R. Digton
IL TERZO STATO
Tutti coloro che non erano né
nobili né ecclesiastici costituivano il Terzo Stato, il quale comprendeva due
categorie ben distinte: da una parte la borghesia, dall’altra il popolo, il
quale a sua volta metteva assieme persone socialmente assai diverse: i
lavoratori delle città, i contadini delle campagne, gli emarginati di vario
tipo.
Il numero dei borghesi era
generalmente ristretto, più ampio negli stati dall’economia più fiorente, come
le Fiandre, l’Inghilterra e alcune zone della Germania: anche se con il termine
“borghesi” si indicavano categorie di persone piuttosto diverse da paese a
paese, possiamo dire che erano considerati tali
- gli imprenditori (ossia coloro
che esercitavano un’attività in proprio, sostanzialmente artigiani e
commercianti, ma dalla seconda metà del Settecento anche industriali)
- i funzionari pubblici (cioè
coloro che lavoravano per qualche settore dello stato)
- coloro che esercitavano una
libera professione, come avvocati, notai, medici e, in certi casi, gli artisti
di vario genere.
Mercanti russi in un’incisione del XVIII secolo
I borghesi avevano di solito un
grande potere economico, ma scarso potere politico, a meno che non
acquistassero un titolo nobiliare grazie alle loro ricchezze. Poiché vivevano
in città, godevano di una certa autonomia, dato che le città avevano statuti
diversi da quelli vigenti nelle campagne; così la vita economica cittadina era
spesso decisa da una ristretta cerchia di borghesi, attraverso le corporazioni.
Come nel Medioevo le corporazioni organizzavano la produzione dei diversi
mestieri, controllavano la quantità e la qualità delle merci prodotte, avevano
il monopolio sul mercato locale, cioè impedivano qualsiasi forma di concorrenza
a loro non conveniente. Esse inoltre svolgevano una funzione sociale, poiché
assicuravano l’assistenza, in caso di bisogno, alle vedove e agli orfani delle
varie corporazioni.
Borghesi scozzesi del secolo XVIII
I lavoratori delle città erano
coloro che lavoravano per i borghesi (nelle loro botteghe artigiane o nei loro
traffici commerciali) o che svolgevano funzione di servi nelle loro case: per
molti contadini un posto di domestico in città era una meta assai ambita,
specialmente se si riusciva a entrare al servizio di persone facoltose e
sebbene il lavoro spesso fosse assai pesante e, per le donne, fossero frequenti
le insidie del padrone di casa. Questi lavoratori ricevevano un salario per il
loro lavoro, ma non possedevano case o terreni e non veniva riconosciuto loro
alcun diritto, cosicché non partecipavano alla vita pubblica. In caso di
mancanza di lavoro o se commettevano qualche errore clamoroso, potevano essere
“licenziati” e finivano con l’ingrossare le fila dei mendicanti e degli
emarginati.
Londra nel Settecento (qui in una stampa d’epoca di William Hogarth)
brulicava come tutte le grandi città europee di lavoratori addetti ai più
svariati servizi
La situazione dei contadini nelle
campagne era ancora peggiore: essi costituivano la stragrande maggioranza della
popolazione, in una percentuale che andava dal 65 al 90 per cento. Sottoposti a
diversi obblighi di origine feudale (comprese le corvées, che nell’Europa
occidentale erano però state sostituite quasi ovunque da un tributo in denaro),
i contadini non potevano in molti stati cambiare lavoro, né erano liberi di
spostarsi dove volevano: se desideravano trasferirsi in un qualsiasi luogo,
dovevano chiederne l’autorizzazione alle autorità e non sempre l’ottenevano; se
fuggivano e venivano ripresi, potevano essere puniti a piacimento del signore;
se commettevano un reato venivano giudicati, soprattutto nell’Europa orientale,
dal loro signore (nell’Europa occidentale, invece, la funzione giudicante venne
tolta ai nobili e affidata ai funzionari statali).
Contadini in un dipinto di
Théobald Michau
Soprattutto i contadini dovevano
versare tutta una serie di tributi, anche molto pesanti; questi tributi erano a
favore non solo del signore locale, ma anche del clero e dello stato. Per
esempio per i contadini soprattutto dell’Europa occidentale esisteva la decima,
ossia un’imposta sui prodotti della terra, consistente nella decima parte di
essi: inizialmente essa era destinata al clero perché provvedesse al suo
mantenimento, alle spese per i riti religiosi e alla beneficenza, ma poi era
passata anche nelle mani dei laici, nobili o non nobili (si chiamava decima
infeudata).
Allo stato i contadini dovevano
pagare imposte dirette (sulle persone e sulle terre) e imposte indirette (sui
generi di consumo); inoltre lo stato pretendeva dai contadini il servizio
militare, che era assai sgradito perché allontanava dal lavoro dei campi e
causava povertà. Sgraditissimo era anche l’obbligo di fornire talvolta alloggio
alle truppe, o svolgere attività di trasporto per l’esercito, o ancora fornire
cavalli di cambio per i messaggeri addetti al servizio regio.
Famiglia di contadini
Se alcuni contadini riuscivano,
per ragioni diverse, ad arricchirsi e a diventare proprietari delle terre su
cui lavoravano, la maggioranza di essi viveva miseramente; la loro condizione
di povertà e sottomissione era talmente radicata da abitudini secolari, che
veniva considerata “normale” da essi stessi. L’analfabetismo pressoché totale
dei contadini contribuiva a tenerli in tale situazione di inferiorità, anche se
la rabbia che essi accumulavano giorno dopo giorno era sempre pronta ad
esplodere, in varie forme: furti nei campi, svogliatezza nell’eseguire le
corvées, violenze isolate, agitazioni, fughe dal feudo (erano frequenti in
Russia), rivolte vere e proprie, soprattutto se fattori esterni quali una
guerra o un’avversità atmosferica che provocasse carestia riuscivano a dare la
spinta decisiva alla ribellione. In effetti numerose furono le rivolte nel
Settecento provocate dalla miseria delle campagne; accadde - per fare due
esempi - in Russia nel 1773 (rivolta di Pugačëv) e nella Repubblica di Venezia
negli anni Ottanta-Novanta. Qui nel 1782 la fame spinse alla ribellione i
contadini vicentini: un bracciante, condannato a dieci anni di carcere per aver
partecipato all’assalto del granaio di un grande fittavolo, si espresse così
durante il processo:
“Veramente avevo qualche ribrezzo ad andarvi, temendo di fare una cosa
che non convenisse, ma tale e tanta era la passione che mi accecava, vedendomi
attorniato dalla moglie e dai figli che piangevano dalla fame né avevo di che
contentarli, che finalmente presi una sacchetta sotto il braccio e me ne andai
ancor io.”
Pietro Longhi, La polenta; la carenza alimentare e lo spettro della
fame furono tra le cause delle proteste contadine che investirono
periodicamente le campagne europee nel XVIII secolo
Alcune famiglie contadine
cercavano di guadagnare un po’ di denaro, lavorando per conto dei mercanti di
città, per esempio dedicandosi a lavori di tessitura e di filatura. I borghesi
si rivolgevano alla popolazione contadina, piuttosto che a quella di città,
perché costituiva una manodopera più numerosa e meno costosa; in campagna si
producevano soprattutto le stoffe meno pregiate, destinate al consumo locale o all’esportazione,
in particolare verso l’America.
Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto,
Filatrice
Ai margini della vita sociale
c’erano infine gli emarginati, piuttosto numerosi sia in campagna, sia in
città: erano i poverissimi, alcuni dei quali vagabondi e mendicanti, altri erano
banditi, altri ancora si dedicavano ad attività illegali o considerate
disonorevoli. Moltissime città europee emanarono nel Settecento leggi contro i
mendicanti, al fine di scacciarli se erano forestieri, o di costringerli al
lavoro o a soccorrerli se erano del luogo. Spesso queste leggi erano del tutto
inutili, anche perché il numero dei medicanti era davvero alto: a Napoli nel
1764 pare ci fossero 40.000 mendicanti provenienti dalla provincia.
Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto,
Mendicante
LA FAMIGLIA
Nel Settecento il ruolo della
famiglia nella vita di un individuo era fondamentale.
Molto spesso i figli imparavano
il lavoro dai genitori, lavorando con loro nei campi, o nelle botteghe
artigiane, o nelle imprese commerciali (per esempio a bordo delle navi). In
molte famiglie del Terzo Stato non esisteva altra forma di istruzione per i
figli che quella impartita dai genitori.
Philippe Mercier, Giovane cucitrice; non solo le femmine, ma anche i
maschi imparavano dai genitori o dai fratelli maggiori ciò che rientrava nei
loro compiti di adulti
La solidarietà famigliare era
forte: in caso di difficoltà erano i parenti che si prendevano cura degli
anziani o di chi non era in grado di lavorare; in una situazione favorevole, ad
esempio se un membro della famiglia raggiungeva una posizione importante, tutti
ne ricevevano un aiuto economico o un interessamento a migliorare la propria
condizione.
Il matrimonio era utilizzato per
stabilire un legame tra due famiglie, a scopo politico o economico, perciò esso
non era una scelta degli interessati, bensì un affare combinato dalle famiglie
in base ai propri interessi. Ciò avveniva soprattutto tra le classi sociali
superiori: in particolare se le finanze di un nobile non erano delle più
floride, i suoi occhi finivano col posarsi su una donzella di ricca famiglia.
Se poi questa famiglia non fosse propriamente di sangue blu, o se la ragazza
non fosse una bellezza, non aveva importanza, poiché ciò che contava era il
patrimonio che la sposa portava in dote. In Francia i matrimoni con persone di
rango inferiore venivano indicati con l’espressione «concimare le proprie
terre»: poco elegante, ma assai eloquente.
William Hogarth, Il contratto matrimoniale
Rispetto al Medioevo la
composizione di una famiglia conobbe un cambiamento importante: sempre più (e
soprattutto nell’Europa occidentale) si affermò la famiglia nucleare, cioè
formata da genitori e figli non sposati. Al momento del matrimonio i figli di
solito lasciavano la casa dei genitori e andavano a vivere per conto loro; ciò
non significava interrompere i rapporti, a meno che i figli non si
trasferissero molto lontano, magari nelle Americhe.
Il costume medievale della
famiglia allargata durò più a lungo nell’Europa orientale: qui i figli
rimanevano nella casa dei genitori anche dopo essersi sposati e avere avuto a
loro volta dei figli.
Famiglia inglese benestante del XVIII secolo
LE COSE FONDAMENTALI DA SAPERE
La società dell’Età Moderna era
divisa in tre stati: il clero, la nobiltà e il Terzo Stato.
Il clero a sua volta era diviso
in alto clero (che era ricco e potente ed era formato da cardinali, vescovi e
abati) e basso clero (formato da sacerdoti e monaci e monache, non era né ricco
né potente, ma comunque tenuto in una certa considerazione dal popolo).
La nobiltà possedeva le terre,
ambiva a vivere alla corte del re da cui poteva ricevere incarichi prestigiosi
ed era dotata di grande potere. Si divideva in una “nobiltà di spada” di antica
origine e una “nobiltà di toga”, che aveva acquistato un titolo nobiliare di
recente.
Il Terzo Stato era formato dai
borghesi (che economicamente potevano stare anche molto bene e aspiravano in
questo caso ad acquistare un titolo nobiliare), dai lavoratori salariati delle
città e dai contadini, i quali erano sottoposti ad obblighi feudali e vivevano
generalmente nella miseria.
Numerosi erano anche i
poverissimi, che vivevano ai margini della società.
Per tutti la famiglia aveva una
grande importanza, in quanto essa forniva aiuto ai suoi membri, addestramento
al lavoro e appoggio politico (se si trattava di una famiglia importante). Sempre
più nel Settecento e nell’Europa occidentale si afferma la famiglia nucleare,
cioè formata dai genitori e dai figli non sposati; quelli che si sposavano,
lasciavano di solito la casa dei genitori.
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e
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