L’EUROPA NELL’ETÀ DEI LUMI
Gli illuministi non trascurarono
di studiare le diverse forme di governo e le leggi che le società umane si sono
date. Notevole importanza ebbe in questo campo il nobile Charles-Louis de
Secondat, barone di Montesquieu, autore di almeno due opere fondamentali per
l’Illuminismo: le Lettere persiane
del 1721 e lo Spirito delle leggi del
1748.
Montesquieu
Nella prima Montesquieu fa
parlare due Persiani che, osservando con occhi stupiti la realtà europea alla
quale sono estranei, ne fanno risaltare le follie e le storture; così l’autore
ha modo di prendersela con il papa e con il clero, con ogni forma di dispotismo
e con il celibato ecclesiastico, può dichiararsi favorevole al divorzio e alla
tolleranza religiosa, e riflettere su come far fiorire il commercio e
l’agricoltura, in nome di una morale tutta terrena, fondata sulla ragione.
Nella seconda opera Montesquieu
studia la società da scienziato, cioè applicando ad essa il metodo sperimentale
usato nelle scienze naturali, rinunciando al ricorso a Dio per spiegare il
funzionamento di leggi, istituzioni, usi e costumi. Così facendo arriva a dire
che i governi esistenti sono solo di tre tipi fondamentali (repubblica,
monarchia, dispotismo) e che questi governi sono il risultato di cause fisiche
e morali: il clima, la natura del suolo, i mezzi di sostentamento dei popoli,
la quantità di popolazione, la religione, gli esempi delle cose passate, i
costumi, eccetera..
In quest’opera l’illuminista
cerca di evitare ogni giudizio su ciò che descrive, ma in diverse parti non
riesce a nascondere la sua avversione alla schiavitù, all’Inquisizione e
soprattutto al dispotismo, presentato come il governo in cui «un solo uomo,
senza legge e senza regole, trascina tutto e tutti dietro la sua volontà e i
suoi capricci». Da queste osservazioni Montesquieu arriva a formulare una
regola, che diventerà la base delle democrazie moderne, quella della
separazione dei tre poteri: quello di governare e amministrare lo Stato (potere
esecutivo), quello di legiferare (potere legislativo) e quello di giudicare
(potere giudiziario). Finché una sola persona (o uno stesso gruppo di persone)
avesse avuto questi tre poteri, non sarebbe stato possibile nessun controllo
sulle sue azioni e l’organizzazione dello Stato non sarebbe andata a vantaggio
di tutti i cittadini.
I due libri più importanti di Montesquieu
Gli illuministi stamparono libri,
giornali, riviste e sentirono per questo molto forte il bisogno di difendere la
libertà di stampa, cioè la possibilità di pubblicare le proprie idee e di farle
così conoscere a un pubblico più vasto; spesso però esisteva una rigida
censura, cioè un controllo su quanto veniva pubblicato, e molte opere erano
stampate e circolavano di nascosto.
Un dipinto di Charles Gabriel Lemonnier, raffigurante degli illuministi
intenti a leggere
un’opera di Voltaire
Alcuni re e principi scelsero
come consiglieri alcuni dei più famosi illuministi e attuarono una serie di
riforme ispirate alle loro idee, senza però rinunciare al loro potere assoluto:
si parla perciò di assolutismo illuminato. I rapporti tra i sovrani e i
filosofi illuministi non furono però facili, perché i filosofi progettavano
trasformazioni profonde, mentre i re miravano sì ad amministrare in modo più
efficiente lo Stato, ma anche a rendere più saldo il loro potere.
Le riforme dei sovrani illuminati
si attuarono tra gli anni Quaranta e Ottanta del Settecento. Il fenomeno si
registrò in numerosi Stati europei: nell’impero d’Austria con Maria Teresa
d’Asburgo, nella Prussia di Federico II, nella Russia di Caterina II, nel
Portogallo, in Spagna, in Danimarca, in Polonia, in alcuni Stati italiani. Non
ne furono coinvolte né la Gran Bretagna (che non aveva una forma di governo
assolutistico), né la Francia (dove, al contrario, l’assolutismo impedì anche i
provvedimenti fiscali ed economici più urgenti).
Da sinistra: Maria Teresa d’Austria, Federico II di Prussia, Caterina
II di Russia
In Austria, in Russia e in
Prussia le riforme eliminarono quanto rimaneva della società feudale e limitarono
il potere della Chiesa nei Paesi cattolici: qui si misero sotto controllo i
tribunali ecclesiastici, vennero soppresse alcune immunità che spettavano al
clero e il diritto d’asilo che ancora valeva negli edifici della Chiesa, i beni
di chiese e abbazie vennero tassati e la censura fu tolta ai tribunali
ecclesiastici ed assegnata direttamente allo Stato. Esso ampliò l’istruzione
universitaria e secondaria, per sottrarre ai gesuiti il controllo quasi
monopolistico che essi avevano sull’educazione: i gesuiti, infatti, gestivano
un’amplissima rete di collegi e costituivano un ordine potente e temuto. Essi
vennero allontanati da molti Stati europei e nel 1773 lo stesso papa soppresse
l’ordine (che venne ristabilito nel 1814).
I sovrani illuminati riformarono
l’amministrazione dello stato, creando strumenti più efficienti per controllare
il territorio: furono ad esempio creati i primi catasti, che registravano la
proprietà delle terre in tutto lo Stato.
Una mappa catastale del Granducato di Toscana
Nel corso del Settecento le
grandi potenze rimasero l’Inghilterra, la Francia, l’Austria e la Russia.
Nella cartina l’Europa a metà del XVIII secolo
Questi stati furono spesso in guerra gli uni
contro gli altri per la supremazia in Europa. Infatti il secolo si aprì con la
guerra di Successione spagnola (1701-1713): il re spagnolo Carlo II era privo
di eredi e la Francia pensò che fosse il momento di riunire in una sola persona
la corona francese e quella spagnola. Al termine della guerra la Francia ottenne
la corona di Spagna per il suo candidato Filippo d’Angiò, pronipote di Luigi
XIV, con la clausola però che Madrid e Parigi non fossero unite in un unico
regno. Filippo d’Angiò prese il nome di Filippo V di Spagna e con lui iniziava
la dinastia dei Borbone di Spagna, la stessa che siede sul trono ancora oggi.
Filippo V di Borbone
La vera trionfatrice della guerra
di Successione spagnola fu però l’Inghilterra, che conquistò terre in America e
nel Mediterraneo e acquisì diritti monopolistici nella gestione dei traffici
transoceanici: il predominio marittimo inglese ha qui la sua origine.
La Spagna, invece, con questo
conflitto perse tutti i suoi domini europei esterni alla penisola iberica
(mantenne comunque i possedimenti in America e nelle Filippine) e da grande
potenza imperiale si ridusse a Stato di medie dimensioni.
Un episodio della guerra di Successione spagnola in un dipinto di Jean
Alaux
La guerra di Successione spagnola
permise all’Austria asburgica di diventare una formidabile potenza militare,
proiettata sia verso oriente (dove pose fine all’espansionismo dei Turchi, che
furono costretti a cedere territori in Serbia e in Romania) sia verso
occidente: per esempio l’Austria subentrò alla Spagna nel dominio del Ducato di
Milano, del regno di Sardegna e di quello di Napoli, mentre i Savoia ottennero
la corona di Sicilia e alcuni territori in Piemonte.
La Russia entrò nel Settecento a
pieno titolo tra le grandi potenze europee, in particolare con Pietro I Romanov
detto Pietro il Grande, che regnò dal 1682 al 1725, e poi con Caterina II
(regnante dal 1762 al 1796 – ma gli storici non sono concordi nel riconoscere
la sua importanza); la potenza russa aumentò a spese della Svezia, che iniziò
il suo declino e perse territori sia nei confronti della Russia, sia della
Prussia.
Pietro I il Grande in un ritratto di Paul Delaroche
Quest’ultima fu la nuova potenza
che emerse nell’Europa centro-orientale nel corso del Settecento; il regno di
Prussia, guidato dalla dinastia reale degli Hohenzollern, feudatari
dell’Impero, comprendeva territori all’interno dell’Impero Germanico (il Brandeburgo)
e anche all’esterno (la Prussia propriamente detta). La potenza prussiana
aumentò nel corso del XVIII secolo, in particolare sotto il regno di Federico
II il Grande (1740-1786), grazie alle riforme amministrative e militari
introdotte dai re e alle guerre; quella di Successione polacca (1733-1738) e
quella di Successione austriaca (1740-1748) permisero alla Prussia di
raddoppiare quasi il territorio e di diventare uno degli Stati militarmente più
forti in Europa.
Federico II di Prussia in un ritratto di Anton Graff
L’Impero Ottomano, che nel 1699
aveva perso l’Ungheria assorbita dall’Impero d’Austria, continuò per tutto il
Settecento il suo declino.
Nella seconda metà del Settecento
un’altra guerra venne combattuta in Europa: quella dei Sette anni, tra il 1756
e il 1763. Qualche storico la chiama “la prima guerra mondiale”, perché fu il
primo conflitto in cui alcuni Stati europei si scontrarono non solo sul
territorio europeo, ma anche sugli oceani e nei continenti extraeuropei: in più
le motivazioni della guerra furono dichiaratamente mercantili e commerciali ed
evidenziarono un fenomeno (quello del colonialismo), che porterà
successivamente ad altri grandi conflitti. Teatri di guerra furono dunque non
solo l’Europa (dove la Prussia conservò le sue posizioni), ma anche l’America e
il subcontinente indiano, dove l’Inghilterra sottrasse a Francia e Spagna
importanti spazi coloniali: la Francia dovette abbandonare quasi completamente
l’America settentrionale e l’India, la Spagna perse la Florida, in cambio della
Louisiana.
Una battaglia della guerra dei Sette anni in un dipinto di Richard
Knötel
Nel Settecento l’Italia rimase in
una situazione di dipendenza dalle potenze europee e in particolare
dall’Austria: si è già detto che in seguito alla guerra di Successione spagnola
gli austriaci subentrarono agli spagnoli nel Ducato di Milano, a Napoli, in
Sardegna, a Mantova.
Gli unici due Stati che
conservarono una certa importanza politica furono la Repubblica di Venezia (che
però era in declino) e il ducato Sabaudo, che nel 1720 diventò Regno di
Sardegna: i Savoia infatti avevano già ottenuto il titolo di re nel 1713,
quando dopo la guerra di Successione spagnola Filippo V di Spagna cedette loro
la Sicilia, mentre nel 1718 accettarono dall’Austria la proposta di cedere la
Sicilia in cambio della Sardegna. Vittorio Amedeo II di Savoia ottenne il
titolo di re del Regno di Sardegna nel 1720, anche se il centro dello Stato era
il Piemonte e la capitale era Torino.
Per il neonato Regno di Sardegna
fu importante l’alleanza con l’Inghilterra, la quale da una parte voleva fare
del Piemonte un argine al dominio degli Asburgo in Italia, dall’altra provocò
un enorme flusso di merci tra le isole britanniche e la nostra penisola in
entrambe le direzioni.
Maria Giovanna Clementi, Ritratto di Vittorio Amedeo II re di Sardegna
Anche in Italia vennero
realizzate diverse riforme legate al diffondersi dell’Illuminismo, soprattutto
nei territori austriaci o legati all’Austria: nel ducato di Milano, che
dipendeva direttamente dall’imperatrice Maria Teresa d’Austria, le riforme
vennero introdotte per iniziativa del figlio di lei, Giuseppe II; nel
granducato di Toscana per azione del granduca Pietro Leopoldo d’Asburgo,
secondogenito maschio dell’imperatrice Maria Teresa. Lo Stato della Chiesa non
conobbe alcuna riforma.
Pietro Leopoldo granduca di Toscana (a sinistra) assieme al fratello l’imperatore
Giuseppe II i
n un dipinto di Pompeo Batoni del 1769
Le riforme attuate nei diversi
Stati italiani, con maggiore o minore forza ed efficacia, riguardarono
specialmente il settore economico (introduzione di nuove piante come la patata
nell’agricoltura, lavori di bonifica e di irrigazione, liberalizzazione dei
commerci), l’amministrazione dello stato (scioglimento delle corporazioni
medievali, abolizione della feudalità, stesura di un catasto), l’insegnamento
(apertura di scuole elementari, soppressione delle scuole dei gesuiti), la
politica ecclesiastica (soppressione di conventi, limitazione dei privilegi del
clero) e la giustizia: in questo settore il granducato di Toscana si distinse
per la promulgazione nel 1786 del codice
penale, il primo in Italia a carattere moderno. Esso accolse la lezione del Beccaria
e abolì la tortura, la pena di morte (sostituita con il carcere a vita), la
confisca dei beni del condannato; sancì l’obbligo della motivazione delle
sentenze e cancellò il crimine di lesa maestà. Le grandi novità di questa
riforma della giustizia convissero accanto a elementi di arretratezza: non
furono depenalizzati i reati di eresia, sacrilegio, sortilegio, bestemmia;
severissime erano le pene per reati sessuali e per quelli relativi alla
famiglia (adulterio, incesto, stupro, bigamia); rimasero tra le punizioni la
frusta pubblica, la gogna, le staffilate (cioè l’essere battuti con uno
staffile, una lunga e robusta frusta di cuoio).
Illustrazioni raffiguranti un uomo alla gogna e un uomo frustato
pubblicamente