LE MONARCHIE ASSOLUTE
Nell’Età Moderna e in particolare
nel XVII secolo molti re europei riuscirono a rafforzare il proprio controllo
sul territorio di cui erano sovrani, spesso approfittando dei contrasti
esistenti tra i diversi poteri locali, per esempio tra i nobili e le comunità
contadine. Le decisioni politiche, l’amministrazione della giustizia, l’uso
della violenza armata divennero in gran parte dell’Europa monopolio regale:
solo il monarca e gli uomini da lui nominati potevano mantenere rapporti con
gli altri Stati, giudicare, fare ricorso alle armi.
Questo avvenne con particolare
evidenza in Francia, dove il re Luigi XIV (1638-1715), che scelse per sé l’appellativo di
«Re Sole», riuscì durante il suo lungo regno a togliere alla
nobiltà ogni importanza politica. Al contrario in Inghilterra ogni tentativo
del re di imporre la propria volontà su tutti i sudditi riuscì solo per un
certo periodo, ma finì tragicamente, come vedremo più avanti.
Luigi XIV ritratto da Hyacinthe Rigaud
Gli Stati in cui i poteri del re
si rafforzarono molto vengono chiamati monarchie assolute, in quanto il potere dei
sovrani era ab solutus, cioè
“sciolto” da ogni costrizione esterna (in pratica, nessuno poteva dire a un re
che cosa fare); in realtà i re non furono mai in grado di governare senza il
consenso di una parte, anche minima, della popolazione: avevano bisogno,
infatti, di tutta una serie di alti funzionari (consiglieri, segretari,
ministri, diplomatici), i quali potevano anche ottenere un grande potere
personale, ma correvano sempre il rischio di essere privati della loro carica e
talvolta anche della libertà e della vita, se il re non era soddisfatto di loro
o li sospettava di tradimento.
La necessità di controllare il
territorio e di aver bisogno per farlo di persone di fiducia dei monarchi portò
a uno sviluppo della pubblica amministrazione: negli Stati europei nacque
quella che viene chiamata burocrazia, ossia l’insieme dei dipendenti pubblici,
che si occupavano di far funzionare lo Stato applicando le direttive del re.
Questo lavoro offriva possibilità di carriera e di arricchimento per i nobili e
i ricchi borghesi, perciò le cariche pubbliche erano molto richieste e spesso
venivano vendute dallo Stato.
Luigi XIII di Francia con il suo ministro il cardinale Richelieu e
altri personaggi
Per controllare meglio i propri
regni, i sovrani cercarono anche di unificare norme e regolamenti: i re di
Inghilterra, Francia e dei diversi Stati tedeschi adottarono un sistema
monetario e doganale nazionale; istituirono un unico sistema di pesi e misure;
allestirono un sistema postale nazionale.
Naturalmente per fare tutto
questo, per mantenere il controllo del territorio e, ancor più, per le spese
straordinarie, bisognava trovare il denaro necessario: il solo mantenimento della
corte e il pagamento dei funzionari necessitavano di finanze costanti e sicure.
Le entrate dello Stato provenivano dallo sfruttamento delle miniere d’oro e
d’argento presenti entro i confini del regno, dalle dogane esistenti ai confini
(che comportavano il pagamento di una tassa per tutte le merci che entravano o
uscivano da quei confini), dai possedimenti del re (che spesso erano molto
estesi) e dalle tasse, ordinarie o straordinarie, che i sudditi dovevano
pagare.
Spesso queste entrate non erano
sufficienti, ma ogni imposizione di nuove tasse poteva provocare malcontento e
rivolte. Perciò succedeva molte volte che i re dovessero ricorrere a prestiti,
che non sempre venivano pagati: per esempio tra il 1560 e il 1662 la Spagna
sospese o rinviò i pagamenti ben otto volte, provocando il fallimento di una
serie di banche e crisi finanziarie internazionali.
Bartholomeus Strobel il Giovane, particolare dal Banchetto di Erode
(del 1630 ca):
anche se di argomento religioso antico, il dipinto rende bene
l’idea della nobiltà seicentesca
(in questo caso, quella spagnola)
IL CASO DELLA FRANCIA
La storia della Francia tra
Cinquecento e Settecento è particolarmente significativa per comprendere
l’attuarsi del concetto di assolutismo, fin qui esposto nelle sue
caratteristiche generali.
Fin dai primi anni del Trecento
in Francia esisteva un Parlamento, cioè un’assemblea nella quale sedevano i
rappresentanti dei vari ordini di sudditi. Il Parlamento francese veniva
chiamato Stati Generali, in quanto tutti i sudditi erano stati suddivisi in 3
gruppi, chiamati appunto stati: il clero formava il Primo stato, la nobiltà il
Secondo, tutti gli altri (ossia coloro che non erano né ecclesiastici né
nobili) il Terzo.
Due nobili francesi del Seicento
Ognuno dei tre stati aveva
diritto ad esprimere il proprio parere, quando il Parlamento fosse stato
convocato dal re, mediante un voto singolo per ogni stato; poiché il Primo e il
Secondo stato erano naturali alleati, avevano sempre la meglio sul Terzo stato,
il cui voto era minoritario rispetto ai due di clero e nobiltà. Inoltre va
considerato che i re francesi convocavano il Parlamento in rarissime occasioni
e questo creò una situazione molto diversa da quella che invece si ebbe in
Inghilterra (e che spiegheremo più avanti).
Le guerre di religione che
insanguinarono la Francia nella seconda metà del XVI secolo furono anche un
modo per la nobiltà di indebolire la monarchia; ne uscì vincitore il duca di
Borbone, che salì al trono nel 1589 con il nome di Enrico IV e, abiurando alla
sua fede ugonotta, riuscì a pacificare un Paese a maggioranza cattolica. Ma nel
1610 Enrico IV venne ucciso da un cattolico che non credeva alla sincerità
della sua conversione; ereditò la corona suo figlio Luigi XIII, che però aveva
solo 9 anni.
L’assassinio di Enrico IV in un’incisione di Gaspard
Bouttats della seconda metà del Seicento
La madre, Maria de’ Medici,
divenne reggente del figlio, accumulando un forte potere che non volle cedere
nemmeno quando Luigi divenne maggiorenne. Ne seguirono complotti e intrighi,
anche dopo che il re aveva trovato nel cardinale Richelieu un uomo di fiducia
con cui dedicarsi al rafforzamento della monarchia.
Philippe de Champaigne, Triplo ritratto di Richelieu (1642 ca)
La Francia di Richelieu entrò
nella Guerra dei Trent’anni (tra il 1618 e il 1648), scoppiata per i contrasti religiosi
tra i re cattolici d’Austria e di Spagna e i principi protestanti tedeschi, la
Danimarca, la Svezia e l’Olanda: il conflitto si trasformò ben presto in una
contesa tra Stati avidi di territori.
Rievocazione moderna della battaglia della Montagna Bianca (8 novembre
1620), uno scontro della Guerra dei Trent'anni
In quegli anni in Francia si
ebbero rivolte dei contadini affamati dalle tasse imposte per la guerra; ci
furono tensioni da parte degli ugonotti, che non avevano fiducia in un governo
retto da un cardinale cattolico; ci furono complotti degli aristocratici contro
la monarchia. La risposta di Richelieu fu sempre all’insegna della più dura
repressione, anche nei confronti degli appartenenti alle più illustri famiglie
di Francia, che furono a decine condannati a morte.
La guerra finì nel 1648 con la
pace di Westfalia, che decretò la sconfitta degli Asburgo d’Austria,
l’indipendenza definitiva dell’Olanda e il rafforzamento della Svezia; la
Francia, che poté sedere al tavolo dell’armistizio tra le potenze vincitrici,
ottenne il possesso di importanti regioni al confine con la Germania.
La firma del trattato di Münster nel 1648 (dipinto di Gerard Ter Boch):
il trattato di Münster fu uno di quelli che portarono alla pace di Westfalia
Ma sul piano interno la
situazione era molto delicata: la Francia infatti aveva vinto nel 1643 una
importante battaglia, quella di Rocroi, ma le truppe francesi erano comandate
dal principe di Condé, appartenente a una delle famiglie aristocratiche più
ostili ai Borbone. La morte di Richelieu nel 1642 e quella di Luigi XIII nel
1643 complicarono le cose: l’erede di Richelieu fu un altro cardinale, Giulio Mazzarino,
l’erede del re fu il figlio Luigi XIV che aveva solo 5 anni; la reggente, la
regina madre Anna d’Austria, era inesperta contro una nobiltà ridivenuta
fortissima e desiderosa di vendicare i morti decretati ai tempi di Richelieu.
Luigi XIV bambino con la madre Anna d'Austria (di anonimo)
Pierre Mignard, Ritratto di Giulio Mazzarino
I primi anni del regno di Luigi
XIV furono un incubo. Nel 1648, quando il re aveva dieci anni, i nobili gli
scatenarono contro l’agitazione della Fronda (dal nome della fionda, l’arma con
cui il popolo parigino rompeva i vetri delle finestre del cardinale Mazzarino):
le violenze costrinsero il bambino sovrano e la madre a fuggire per due volte
da Parigi, mentre il popolo, sobillato dai principi, moriva sulle barricate
massacrato dai soldati del re.
F. Dupré, Le barricate durante la fronda del 27 agosto 1648
Alla fine la Fronda fu sconfitta,
ma Luigi XIV aveva ormai capito che i nemici della sua monarchia erano i nobili
e il Parlamento. Nel 1661 morì il Mazzarino e lo stesso giorno il re (che aveva
23 anni) convocò il Consiglio della Corona e comunicò agli esterrefatti
ministri che da quel momento in poi egli avrebbe governato da solo.
Mantenne, si può dire, la parola:
infatti licenziò l’intero Consiglio e scelse tre nuovi collaboratori, i quali,
sotto la direzione del re, riorganizzarono l’intera Francia, con una serie di
atti apparentemente rispondenti a effettive esigenze di miglioramento (sociale,
economico, militare), in realtà miranti a togliere alla nobiltà ogni potere.
Charles Le Brun, Il re governa da se stesso (dipinto della reggia di
Versailles)
In compenso Luigi XIV diede
all’aristocrazia ciò che essa soprattutto cercava: il denaro con cui conservare
il lusso in cui viveva. Il sovrano chiamò decine di nobili a corte, creando
cariche magnifiche e prestigiose (come quella di sovrintendente alla Tavola
reale, che voleva dire curare il menu delle feste organizzate a corte), che
erano del tutto prive di potere, ma erano pagate con lauti stipendi. In più,
per mantenere questi nobili in un ambiente che fosse il più splendido d’Europa,
fece costruire a pochi chilometri da Parigi la reggia di Versailles: i nobili
avevano l’obbligo di risiedervi e per avere onorificenze e premi bisognava che
entrassero nelle grazie del re e dei suoi favoriti.
Versailles nel Seicento
Contemporaneamente il ministro
delle finanze, Colbert, riuscì a trasformare la Francia in una nazione moderna,
in cui il controllo dello Stato nell’amministrazione e nell’economia era
capillare; venne favorito lo sviluppo delle manifatture francesi, sia quelle
per i prodotti di lusso, sia quelle di vitale utilità, come le vetrerie, i
cantieri navali, le officine metallurgiche, le manifatture per la lavorazione
del sapone, dei tabacchi, dello zucchero.
Visita all’Arsenale di Marsiglia (dipinto del 1677 circa conservato nella
reggia di Versailles)
Il programma di Colbert ebbe però
effetti limitati, sia perché non seppe intervenire nell’agricoltura, che era
ancora la base della ricchezza delle nazioni, sia a causa delle enormi spese
che Luigi XIV fu costretto a sostenere, in quanto coinvolto nella guerra di
successione spagnola che si combatté tra il 1702 e il 1713.
Claude Lefébvre, Ritratto di Jean-Baptiste Colbert
A corte vennero invitati
scrittori e artisti: i grandi commediografi Racine e Molière, l’architetto Gian
Lorenzo Bernini (che progettò l’ampliamento del Louvre), il musicista
Giambattista Lulli. Anche nei confronti dell’arte il controllo statale era
rigido: la censura si abbatteva su tutta la produzione intellettuale che non
fosse in linea con il volere del Re Sole.
Charles Le Brun, Ritratto di Molière
IL CASO DELL’INGHILTERRA
Pur molto diverso da quello
francese, il caso dell’Inghilterra aiuta a capire un aspetto dell’assolutismo
monarchico che caratterizzò il Seicento.
L’Inghilterra era stata la
nazione che per prima si era dotata di un Parlamento: probabilmente ricorderai
che nel 1215 la promulgazione della Magna
charta libertatum fu il primo esempio di assemblea rappresentativa di un
gruppo sociale ammesso a prendere delle decisioni politiche assieme al monarca
(PARLAMENTO significa appunto che si aveva il diritto di PARLARE di fronte al
re).
Nel Cinquecento il Parlamento
inglese era composta da due Camere, cioè due assemblee rappresentative:
- la Camera Alta o Camera dei
Lords, in cui sedevano i rappresentanti dell’aristocrazia, poco più di un centinaio
di famiglie di grandi proprietari terrieri
- la Camera Bassa o Camera dei
Comuni, formata dai rappresentanti delle città e delle campagne.
La Camera dei Lords nel XVII secolo
Il Parlamento dipendeva dal re,
perché solo il re aveva il diritto di convocarlo; ma anche il re dipendeva dal
Parlamento, perché esso aveva il diritto di bocciare le sue proposte.
Naturalmente non sempre il re
sottoponeva all’approvazione delle due Camere i suoi atti di governo, anzi, in
certi periodi i sovrani avevano usato ogni tipo di sistema per non convocarle;
però il Parlamento aveva continuato ad esistere e con Elisabetta I era stato
accresciuto nel numero dei suoi membri ed era stato regolarmente convocato.
Elisabetta I morì nel 1603 senza
eredi: con lei si estinse la dinastia dei Tudor. Al trono salì dopo di lei
Giacomo I Stuart, cugino scozzese di Elisabetta, imparentato per via di
matrimoni con gli Asburgo, cattolico e convinto che un re è tale per diritto
divino e che il suo potere non va spartito con nessuno.
Anthonis van Dyck, Carlo I a caccia (1635)
Con Giacomo I e poi con il
successore Carlo I i contrasti con il Parlamento furono inevitabili. Per molti
anni Carlo I riuscì a governare senza convocare le due Camere: fu costretto a
farlo nel 1640, in
seguito alla rivolta prima della Scozia e poi dell’Irlanda, scoppiate per
motivi religiosi. Per fronteggiare le rivolte, Carlo I voleva imporre forti
tasse con cui armare l’esercito, ma prima dovette chiedere l’appoggio del
Parlamento. Questo accettò la proposta del re, ma solo a patto che il comando
dell’esercito fosse affidato al Parlamento stesso. Poiché Carlo I rifiutò, fu
guerra civile.
A guidare i fautori del
Parlamento fu un gentiluomo di campagna, Oliver Cromwell, dotato di notevoli
capacità militari e politiche.
Samuel Cooper, Oliver Cromwell (1656)
L’esercito da lui comandato
sbaragliò le truppe fedeli al re, che venne fatto prigioniero. Poiché Carlo I
non si dimostrò minimamente disposto a rispettare le Camere, anzi, dalla
prigione in cui era rinchiuso tramò per riaccendere la guerra civile, nel 1649
fu accusato di crimini contro lo Stato, processato dal Parlamento e condannato
alla decapitazione.
La decapitazione di Carlo I
Dopo la morte del re
l’Inghilterra divenne una repubblica, in cui però l’attività del Parlamento era
sospesa e a governare era il solo Cromwell, sostenuto dal suo esercito: si
trattava in sostanza di una dittatura personale.
Quando Cromwell morì nel 1658,
gli Inglesi restaurarono la monarchia e restituirono il trono agli Stuart; questi
però dimostrarono di non aver imparato niente dai fatti successi e tornarono a
calpestare il Parlamento. Nel 1688 gli Inglesi decisero di liberarsi per sempre
di una casa regnante inadatta al paese: un gruppo di Lords offrì segretamente
il trono a un principe olandese, Guglielmo d’Orange, che sbarcò a Londra,
mentre l’ultimo degli Stuart si rifugiava in Francia.
Ritratto di Guglielmo III d’Inghilterra (il nome assunto da Guglielmo
d’Orange)
L’anno seguente (1689) il
Parlamento votò il Bill of Rights, cioè la Dichiarazione dei Diritti, con la
quale attribuiva a se stesso tutte le decisioni politiche fondamentali, rendeva
i ministri del re responsabili delle loro azioni di fronte alle Camere e
affermava l’indipendenza dei giudici dalla monarchia. Gli eventi del 1689
furono chiamati Gloriosa Rivoluzione: essi segnarono il trionfo finale del
Parlamento e il tramonto in Inghilterra della monarchia assoluta.
Il Bill of Rights
originale del
1689
LE COSE FONDAMENTALI DA SAPERE
Il Seicento (secolo XVII) è il secolo dell’assolutismo, cioè
di una forma di governo in cui un monarca cerca di assumere in sé ogni potere
politico (quello legislativo, quello esecutivo, quello giudiziario) e di
controllare appieno la vita economica e le decisioni militari del proprio
paese.
Ciò avviene in particolare in Francia, con i re Luigi XIII e
soprattutto Luigi XIV, che regna per 5 decenni e riesce a imporsi su tutti i
suoi sudditi (nobili compresi), limitando al minimo le proteste e le
ribellioni, domate con la repressione, e concedendo a nobili e ecclesiastici
una serie di privilegi (ad esempio quello di non pagare le tasse), che li
rendono docili al suo volere. Pur prendendo personalmente (o con pochi stretti
collaboratori) le decisioni politiche fondamentali, il re ha bisogno di un gran
numero di funzionari che eseguono i suoi ordini (formando quella che si chiama
burocrazia) e che possono perdere il loro ruolo, se solo non sono più graditi
al sovrano.
Anche in Inghilterra i monarchi della dinastia Stuart
(succeduta a quella Tudor alla morte di Elisabetta I che non ha eredi) cercano
di raggiungere gli stessi scopi, ma non ci riescono; in Inghilterra, infatti,
il Parlamento (cioè i rappresentanti dei sudditi inglesi) si oppone a questi
tentativi assolutistici e prima (1649) fa decapitare il re Carlo I e instaura
una repubblica (con Oliver Cromwell, che però si trasforma in un dittatore),
poi (1688) affidando il trono a Guglielmo d’Orange, un principe olandese, che
nel 1689 promulga il Bill of Rights, un documento in cui i ruoli del re, del
Parlamento e dei giudici vengono stabiliti con cura: l’Inghilterra diventa così
la prima nazione al mondo che si dà una Costituzione.
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