LA CONTRORIFORMA
Di fronte al diffondersi delle
idee luterane e calviniste, molti uomini di Chiesa domandarono che venisse
convocato un concilio, cioè una riunione dei vescovi cattolici e allora anche
delle autorità politiche, per trovare un accordo con i protestanti e introdurre
nella Chiesa romana le opportune riforme.
Il concilio si tenne a Trento tra
il 1545 e il 1563, con uno spostamento a Bologna per un certo periodo. Erano
stati i luterani a chiedere che il concilio si tenesse in una città dell’impero
e lontano da Roma, cioè lontano dal papa; però la stessa composizione del
concilio manifestò (contrariamente a quanto era avvenuto con altri concili
tenutesi nel Quattrocento) che quello di Trento era nelle mani completamente
del papa: l’assemblea era infatti composta quasi esclusivamente da
ecclesiastici e quasi tutti italiani.
L’apertura del concilio di Trento in un dipinto anonimo del Settecento
Inoltre, accanto alla necessità
di trovare una soluzione alla frattura religiosa, il concilio perseguiva alcune
finalità politiche precise, quale ad esempio la lotta tra il papa e Carlo V,
una lotta intrecciata allo spregiudicato nepotismo papale. Nell’agosto 1545,
quattro mesi prima dell’inizio del concilio, il papa Paolo III Farnese assegnò
al proprio figlio Pier Luigi Farnese un nuovo Stato, il Ducato di Parma e
Piacenza, nato «in una notte come nasce un fungo», secondo le parole di un
cardinale. Nel 1547 il figlio del papa venne assassinato a Piacenza,
probabilmente per ordine di Carlo V, in seguito all’avvicinamento alla Francia,
che il papa aveva perseguito in funzione anti-imperiale.
I 3 protagonisti di cui si è parlato nelle righe precedenti: da
sinistra,
papa Paolo III, suo figlio Pier Luigi Farnese, l’imperatore Carlo V
Per quanto riguarda i problemi
religiosi il concilio non giunse ad alcun accordo con i protestanti, anzi,
condannò come eretiche tutte le posizioni delle varie Chiese riformate.
Venne comunque avviata una
riforma della Chiesa cattolica, con l’eliminazione di alcuni comportamenti particolarmente
criticati: per esempio si stabilì che vescovi e parroci avevano l’obbligo di
stabilirsi nelle loro diocesi e parrocchie, anche se in realtà ciò venne messo
in atto piuttosto raramente, come ci fa capire il fatto che fece molto scalpore
la decisione del cardinale Carlo Borromeo di lasciare Roma, dove poteva vivere
alla corte del papa suo zio, per Milano, che era la sua arcidiocesi.
Affresco allegorico del secolo XVI raffigurante l’Eresia schiacciata
dalla Chiesa
durante il concilio di Trento
Il potere del papa venne
aumentato, per esempio riconoscendo che solo il pontefice poteva dare una
corretta interpretazione a quanto era stato deciso a Trento e che nessuno
poteva pubblicare un qualunque testo a commento dei lavori conciliari.
Fu rafforzato il controllo sulla
vita religiosa dei cristiani, attraverso la confessione, un sacramento che i
protestanti avevano rifiutato e venne stabilito nel 1559 un Indice dei libri proibiti, cioè un
elenco di tutti quei libri che nessun cristiano doveva leggere. Tale indice
comprendeva non solo i testi luterani, comprese le traduzioni nelle varie
lingue volgari della Bibbia, ma anche testi di altro tipo, come il De Monarchia di Dante Alighieri o il Decameron di Giovanni Boccaccio e molti
altri; l’indice venne soppresso solo nel 1966.
Due diverse edizioni dell’Indice
dei libri proibiti del 1564, una
veneziana, l’altra romana
Venne promulgata una Professio fidei (nel 1563, con un
ampliamento nel 1564 voluto da papa Pio IV), che consisteva nell’obbligo, al
momento della nomina, di professare (cioè assicurare) la propria fede cattolica
non solo da parte di vescovi, curati, abati e altri ecclesiastici, ma anche da
coloro che esercitavano un impiego pubblico, come medici e maestri.
Venne creato nel 1542 un supremo
tribunale del Sant’Uffizio dell’inquisizione romana, con il compito di dirigere
la lotta contro gli eretici: coloro che erano sospettati di eresia venivano
interrogati da un collegio permanente di cardinali e di altri ecclesiastici che
dipendeva direttamente dal papa. Non era raro il ricorso alla tortura per far
confessare alcuni sospetti.
Due illustrazioni raffiguranti gli interrogatori dell’Inquisizione
La riforma cattolica si rivelò in
netta opposizione con la Riforma luterana e calvinista e venne perciò chiamata
Controriforma dai protestanti, che avevano formalmente rifiutato il concilio di
Trento fin dal 1562, cioè ancor prima che terminasse.
Dopo il concilio di Trento la
Controriforma fu diffusa grazie a una grande spinta missionaria, non solo nei
territori che erano passati alla Riforma protestante, ma anche altrove: sia nel
mondo extraeuropeo (le terre degli imperi coloniali della Spagna e del
Portogallo), sia nelle campagne europee, dove si diffuse un nuovo tipo di
clero, il quale aveva l’obbligo della residenza (e quindi era molto più a
contatto con i fedeli) e una maggiore preparazione a controllare il rispetto
dell’ortodossia religiosa, cioè l’aderenza dei comportamenti dei cristiani a
quanto era indicato dalla Chiesa; spesso (soprattutto in alcune zone come
l’Italia meridionale) la religione era fatta anche di pratiche e credenze che
sconfinavano nelle credenze magiche e il clero della Controriforma cercò di
estirparle.
Certe forme di religiosità popolare (come quella raffigurata nell’immagine,
relativa alla festa
dei serpari di Cocullo) non sono state sradicate nemmeno dalla Controriforma
Uno degli strumenti della lotta
contro la Riforma protestante e a favore della Controriforma fu l’ordine che
era stato fondato nel 1534 da Ignazio di Loyola, con il nome di Compagnia di
Gesù, e che venne approvato dal papa nel 1540: da allora il ruolo dei gesuiti
(come sono chiamati i membri di quest’ordine di chierici regolari) fu molto
importante per la Chiesa.
Ignazio da Loyola presenta la regola dell’ordine della Compagnia di
Gesù
(dipinto del secolo XVII di anonimo considerato operante nell’ambito di
Rubens)