LA GRANDE GUERRA ANNO PER ANNO
1914:
IL PRIMO ANNO DI GUERRA
La dichiarazione di guerra dell’Austria
alla Serbia del 28 luglio 1914 fa scattare il meccanismo delle alleanze
militari: in pochi giorni il conflitto si estende da un lato alla Germania, alleata
dell’Austria, e dall’altro alla Russia e alla Francia, che si affiancano alla
Serbia. L’Italia, invece, proclama la propria neutralità.
L’invasione tedesca del Belgio neutrale
induce anche la Gran Bretagna a entrare immediatamente in conflitto contro la
Germania (4 agosto).
Il potenziale militare degli Stati
belligeranti vede, salvo che sul mare dove persiste una notevole superiorità
inglese, un sostanziale equilibrio delle forze in campo, tenuto conto anche
della fragilità interna del colosso russo.
Il piano di attacco germanico, pronto da
anni, appare semplice ed efficace, almeno sulla carta: consci di non poter
combattere contemporaneamente su due fronti, i tedeschi scelgono di sferrare la
loro prima offensiva a occidente, contando sulla lentezza della mobilitazione
russa. Sperano di riuscire a costringere in poche settimane la Francia alla
resa, per poi concentrare tutti gli sforzi sul fronte orientale, contro i
soldati dello zar. Ma la rapida manovra tedesca di aggiramento a nord
dell’esercito francese deve fare i conti prima con l’imprevista resistenza
belga e successivamente, dopo una serie di successi parziali che portano i
tedeschi alle porte di Parigi, con la pronta reazione delle truppe francesi,
appoggiate da un addestratissimo corpo di spedizione britannico, che riescono a
fermare gli avversari e a respingerli nella famosa battaglia della Marna (5-9
settembre).
Alla fine del 1914, dopo una serie di
battaglie di assestamento, il fronte occidentale si stabilizza su una linea –
rimasta sostanzialmente immutata nel triennio successivo – che va dalla Manica
fino al confine svizzero. Era fallita la guerra di movimento del piano
Schlieffen e si profilava una lunga e logorante guerra di posizione. Tuttavia i
tedeschi qualche risultato l’ottengono: il territorio occupato, quasi un decimo
del totale, è un’area vitale per l’economia francese, con le grandi fabbriche
del Nordest e la quasi totalità delle miniere di ferro e di carbone.
Intanto, anche sul fronte orientale, dopo
una serie di rapidi movimenti iniziali, la situazione non evolve in maniera
rapida. I tedeschi bloccano l’avanzata dei russi e li sconfiggono nella
sanguinosa battaglia di Tannenberg e dei laghi Masuri, mentre nel settore
sudorientale sono i russi ad avere la meglio sugli austroungarici,
costringendoli a ritirarsi dalla Galizia. In entrambi i casi, però, non si
tratta di azioni decisive.
A sud, la Serbia continua a resistere alla
pressione austriaca: Belgrado infatti verrà occupata definitivamente solo
nell’ottobre 1915. Intanto anche la Turchia scende in guerra al fianco degli
imperi centrali (novembre 1914), ma la sua presenza non è destinata a
modificare sostanzialmente la situazione.
Scarsa rilevanza ha anche, nello
scacchiere europeo, la dichiarazione di guerra del Giappone alla Germania (23
agosto): i nipponici si limitano a occupare le colonie tedesche in Estremo
Oriente, rifiutandosi di inviare truppe nel vecchio continente.
CRONOLOGIA DEL 1914:
28
giugno:
Assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo
23
luglio:
Ultimatum austriaco alla Serbia
28
luglio:
L’Austria dichiara guerra alla Serbia
30
luglio:
La Germania chiede alla Russia di interrompere la mobilitazione
1
agosto:
La Germania dichiara guerra alla Russia
2
agosto:
La Germania occupa il Lussemburgo e chiede al Belgio di lasciar passare
liberamente le sue truppe
3
agosto:
La Germania invade il Belgio e dichiara guerra alla Francia
4
agosto:
La Gran Bretagna dichiara guerra alla Germania
6
agosto:
L’Austria dichiara guerra alla Russia
20
agosto:
I tedeschi occupano Bruxelles
27
agosto:
I tedeschi conquistano Lilla
28
agosto:
I tedeschi sconfiggono i russi a Tannenberg
5 settembre: Ha inizio la
battaglia della Marna
22
settembre:
Prima incursione aerea britannica sulla Germania: bombardati i depositi di
Zeppelin a Düsseldorf e a Colonia
27
settembre:
I russi attraversano i Carpazi e invadono l’Ungheria
9
ottobre:
Anversa si arrende ai tedeschi
18
ottobre:
Prima battaglia di Ypres
20
ottobre:
per la prima volta un sommergibile tedesco affonda un mercantile (il britannico
Glitra) al largo della Norvegia
Fine
ottobre:
Sull’Yser i tedeschi vengono fermati
1
novembre:
L’ammiraglio Von Spee sconfigge gli inglesi al largo del Cile
2-5
novembre:
L’Intesa dichiara guerra alla Turchia, l’Inghilterra si annette Cipro, che
occupava dal 1878
8
dicembre:
Sconfitta della flotta tedesca presso le isole Falkland
9
dicembre:
I tedeschi bombardano Varsavia
17 dicembre: L’Egitto è
dichiarato protettorato inglese
1915:
IL SECONDO ANNO DI GUERRA
Il 1915 è un anno di stasi sul fronte
occidentale, dove francesi e inglesi riescono a contenere la pressione tedesca,
pur con perdite ingenti causate anche dall’impiego, per la prima volta, di gas
asfissianti (Ypres, 22 aprile).
Sul fronte orientale, invece, i russi
subiscono, tra febbraio e maggio, una serie di sconfitte sanguinosissime e sono
costretti a ritirarsi dalla Polonia, dalla Lituania e dalla Galizia. La Serbia
viene costretta definitivamente alla resa, dopo essere stata attaccata anche
dalla Bulgaria, entrata in guerra a fianco degli Imperi centrali in ottobre.
L’allineamento della Bulgaria agli Imperi
centrali va collegato al clamoroso insuccesso della spedizione anglofrancese
nei Dardanelli (febbraio-agosto), che mirava principalmente, dopo l’eventuale
auspicata resa della Turchia, a creare un collegamento diretto con la Russia
per rifornirla di armi. Le truppe di Kemal Pascià, invece, riescono a bloccare
gli invasori europei e a ricacciarli in mare, nonostante i problemi creati
nelle retrovie turche dall’insurrezione delle popolazioni arabe dell’impero, sobillate
da agenti segreti inglesi, tra i quali il famosissimo Lawrence d’Arabia.
Nel 1915 l’unico evento positivo per le
potenze dell’Intesa è rappresentato dall’entrata in guerra dell’Italia. A
partire dall’agosto del 1914 l’opinione pubblica italiana si era divisa in due
fazioni nettamente contrapposte: i neutralisti (cattolici, socialisti e parte
dei liberali) auspicavano, per bocca di Giolitti, la concessione pacifica da
parte dell’Austria delle terre irredente, mentre il fronte composito degli
interventisti (nazionalisti, democratici, repubblicani, ex socialisti come
Mussolini) premevano con accese discussioni e violente manifestazioni di piazza
per l’entrata in guerra dell’Italia. Dopo lunghe trattative con entrambi i
contendenti, il ministro degli esteri italiano Sonnino firma il 26 aprile 1915
il segretissimo “patto di Londra”, in base al quale gli alleati garantiscono
all’Italia consistenti vantaggi territoriali (Trentino, Istria, parte della
Dalmazia) in cambio dell’appoggio militare. La notizia della scelta del governo
viene accolta nelle piazze con grandi manifestazioni di entusiasmo. I
neutralisti, dal canto loro, accettano il fatto compiuto; pur senza arrivare
alla proclamazione di una qualche forma di union
sacrée alla francese, i socialisti, e soprattutto i cattolici, finiscono
per appoggiare lealmente, anche se senza entusiasmo, lo sforzo bellico. Quadi
tutti, del resto, sono convinti che il conflitto avrà breve durata, qualche
mese al massimo; anche per questo, l’impreparazione militare ed economica
dell’Italia del 1915 non viene valutata in tutta la sua gravità.
Tra giugno e dicembre le forze italiane
impegnano gli austriaci nelle prime quattro sanguinose battaglie dell’Isonzo e
riescono ad avanzare, sia pure lentamente, verso est. A fine anno, però,
vengono bloccate dai nemici, i quali, superata la crisi sul fronte orientale,
sono in grado di schierare un maggior numero di uomini e di mezzi sul confine
occidentale; anche in quest’area ci si avvia quindi verso una estenuante guerra
di posizione.
CRONOLOGIA DEL 1915:
Febbraio: I tedeschi
vincono la battaglia dei laghi Masuri contro i russi
19
febbraio:
Bombardamento navale anglofrancese dei Dardanelli
11
marzo:
L’Inghilterra dichiara il blocco della Germania
22
aprile:
Nella seconda battaglia di Ypres i tedeschi usano per la prima volta il gas
asfissiante
25
aprile:
Gli anglofrancesi sbarcano a Gallipoli
26
aprile:
Le potenze dell’Intesa e l’Italia firmano il “patto di Londra”
2
maggio:
Vittoriosa offensiva austrotedesca in Galizia
7
maggio:
Un sottomarino tedesco affonda il transatlantico Lusitania
23
maggio:
L’Italia dichiara guerra all’Austria
1
giugno:
Primo attacco aereo su Londra con i dirigibili Zeppelin
29
giugno:
Prima battaglia dell’Isonzo
9
luglio:
L’Africa sudoccidentale tedesca si arrende
18
luglio:
Seconda battaglia dell’Isonzo
5
agosto:
I tedeschi entrano a Varsavia
6
settembre:
A Tarnopol i russi fermano l’avanzata austrotedesca
5
ottobre:
Inizia l’offensiva francese in Champagne
9
ottobre:
I tedeschi occupano Belgrado
Ottobre
e novembre:
Terza e quarta battaglia dell’Isonzo
1916:
IL TERZO ANNO DI GUERRA
Il 1916 è l’anno delle battaglie più
rovinose del conflitto. I tedeschi sono decisi a sfondare a Verdun, e a partire
da febbraio impegnano nella lotta ogni mezzo disponibile, ma i francesi
riescono a resistere. Dal canto loro, gli inglesi, cha hanno appena introdotto
nel loro Paese la coscrizione obbligatoria, lanciano a metà anno una gigantesca
controffensiva sulla Somme, con perdite enormi da entrambe le parti e risultati
pressoché nulli.
In Italia fallisce la “spedizione
punitiva” austriaca sull’Altipiano di Asiago, mentre la sesta offensiva
dell’Isonzo consente la conquista italiana di Gorizia.
Sul fronte orientale i tedeschi continuano
a infliggere pesanti perdite ai russi, mentre gli austroungarici subiscono
l’iniziativa avversaria e si salvano solo grazie all’appoggio germanico.
Dopo queste esperienze, appare chiaro che
la fine del conflitto sarà determinata dall’esaurimento complessivo delle
risorse di uno dei contendenti, più che dall’esito delle battaglie. Diventano
allora determinanti l’organizzazione del fronte interno e la capacità di
sviluppare e di mantenere in efficienza una macchina produttiva in grado di
sostenere l’economia dei singoli Paesi e di rifornire di mezzi i combattenti.
Abbandonato momentaneamente il liberismo,
aumenta ovunque l’intervento dello Stato nelle attività produttive, le
fabbriche strategiche vengono militarizzate, si vietano gli scioperi, si
ampliano i poteri pubblici di requisizione, si razionano i consumi. Milioni di
donne (800.000 in Inghilterra e 200.000 in Italia a fine guerra) entrano per la
prima volta nelle grandi fabbriche a sostituire o ad affiancare la manodopera
maschile.
A livello internazionale si pone fine al
libero commercio e, specie tra i Paesi dell’Intesa, vengono creati nuovi
organismi per una politica comune di approvvigionamento presso i Paesi terzi.
Le spese belliche sono enormi; si stima
che esse siano ammontate, per l’intero conflitto, a oltre 200 miliardi di
lire-oro per la Gran Bretagna, 170 per la Francia, 160 per gli Stati Uniti, 130
per la Russia, 80 per l’Italia, 125 per l’Austria-Ungheria, 250 per la
Germania.
Per dare un’idea più significativa basti
dire che, sia in Italia che in Francia, la spesa dello Stato nel 1918 è di
circa 5-6 volte superiore, in termini monetari, a quella del 1914. Nei bilanci
statali si aprono paurosi deficit, per far fronte ai quali i singoli Paesi
adottano strategie diversificate. La Germania ricorre al prestito pubblico
perpetuo, un’operazione che presuppone una forte fiducia nelle istituzioni da
parte del pubblico. L’Inghilterra adotta coraggiosamente una politica di
aumento delle imposte dirette. Italia e Francia scelgono invece la via, più
facile nell’immediato ma più pericolosa nel lungo periodo, dell’emissione
massiccia di prestiti pubblici a breve e medio termine e dell’aumento della
circolazione monetaria; l’inflazione ne sarà la logica conseguenza.
Anche nelle bilance dei pagamenti si
determinano squilibri fortissimi: le risorse interne dei singoli Paesi non
bastano più e ci si deve perciò rivolgere ai Paesi neutrali per massicci
acquisti di prodotti agricoli e materie prime.
Sul piano degli approvvigionamenti esterni
sono avvantaggiate le potenze dell’Intesa, che, grazie soprattutto alla flotta
inglese, riescono a mantenere un buon controllo sulle rotte commerciali
internazionali. La Germania infatti non riesce a forzare il blocco navale
dell’Intesa e, dopo la battaglia navale dello Jütland (maggio 1916), conclusasi
senza vinti né vincitori, preferisce rinunciare ad azioni frontali, limitandosi
a dichiarare una guerra sottomarina indiscriminata (gennaio 1917) che mette a
dura prova gli equipaggi dei mercantili alleati, specie sulle rotte atlantiche.
La difficoltà di approvvigionamento si fa
comunque sentire soprattutto all’interno degli Imperi centrali, che ben presto
si trovano costretti a ricorrere a massicce forme di razionamento delle
risorse.
CRONOLOGIA DEL 1916:
19
gennaio:
Offensiva russa in Galizia
16
febbraio:
I russi conquistano Erzerum, in Turchia
21
febbraio:
Comincia la battaglia di Verdun
15
marzo:
Quinta battaglia dell’Isonzo
24
aprile:
Dublino insorge contro il dominio inglese
15
maggio:
Spedizione punitiva austriaca contro l’Italia
31
maggio:
Battaglia navale dello Jütland
1
luglio:
Ha inizio l’offensiva inglese sulla Somme
6
agosto:
Sesta battaglia dell’Isonzo
27
agosto:
La Romania entra in guerra contro l’Austria
28
agosto:
L’Italia dichiara guerra alla Germania
Settembre
e ottobre:
Settima e ottava battaglia dell’Isonzo
24
ottobre:
Nella zona di Verdun i francesi passano al contrattacco
1
novembre:
Nona battaglia dell’Isonzo
21
novembre:
muore l’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe
6
dicembre:
I tedeschi conquistano Bucarest
12
dicembre:
Nota di pace della Germania agli alleati
20
dicembre:
nota di pace di Wilson ai belligeranti
1917:
LA RIVOLUZIONE RUSSA E L’ENTRATA IN GUERRA DEGLI USA
Dopo tre anni dall’inizio del conflitto,
lo stato di guerra fa sentire i suoi pesanti effetti anche tra i civili. E non
solo nelle città a ridosso del fronte, colpite per la prima volta nella storia
da bombardamenti aerei. Il crescente aumento dei prezzi, la scarsità di materie
prime, la stanchezza, la demoralizzazione, i lutti minano tutto il “fronte
interno”, creando un clima favorevole alle iniziative di pace, avanzate da più
parti, tra cui gli stessi Imperi centrali, consci ormai della necessità di
uscire al più presto dal conflitto.
Anche tra i soldati serpeggiano il malcontento,
la stanchezza, la voglia di farla finita; si moltiplicano le forme di
autolesionismo e di insubordinazione e non mancano episodi di vero e proprio
ammutinamento, come quelli che interessano, tra maggio e giugno, anche un
esercito ben disciplinato come quello francese. Solo in Russia, tuttavia, la
situazione finisce per sfuggire di mano alle autorità. Il 12 marzo scoppia a
Pietrogrado una rivolta popolare, appoggiate dalle stesse truppe che avrebbero
dovuto reprimerla. L’estendersi dell’insurrezione costringe lo zar Nicola II ad
abdicare.
Vanno al potere i socialisti rivoluzionari
di Kerenskij, appoggiati dai menscevichi, che cercano di continuare la guerra
contro gli Imperi centrali. Ma il caos dilaga e nessuno è ormai più in grado di
controllare le truppe, che abbandonano disordinatamente il fronte.
Il 7 novembre i bolscevichi di Lenin
attuano un nuovo colpo di Stato (Rivoluzione d’ottobre) e conquistano il
potere. Ma all’inizio di dicembre, trovandosi alle prese con drammatici
problemi interni, firmano un armistizio con Austria e Germania.
Già da alcune settimane, però, gli Imperi
centrali avevano cominciato a ritirare truppe dal fronte orientale, per
concentrare tutti i loro sforzi a Occidente. Questa, insieme alla stanchezza
dei soldati e agli errori dei generali, è una delle cause dell’improvviso
crollo del fronte italiano a Caporetto (24 ottobre). Le armate austrotedesche
avanzano rapidamente nella pianura friulano-veneta e si prospetta il pericolo
di una disfatta totale. Un’impennata di orgoglio nazionale consente invece
all’Italia di reagire con efficacia e di approntare una nuova linea difensiva
sul Piave. I soldati italiani, rinvigoriti nel morale grazie anche all’adozione
di un nuovo stile di governo delle truppe – caratterizzato, oltre che dalla
coercizione e dalla repressione, anche da un’azione di propaganda patriottica
accompagnata da promesse di adeguati compensi a guerra finita – resistono ai
ripetuti tentativi di sfondamento del nemico.
Nel frattempo si era verificato un fatto
nuovo, che alla lunga si sarebbe rivelato determinante per gli esiti del
conflitto: il 6 aprile gli Stati Uniti avevano dichiarato guerra alla Germania.
La decisione americana, oltre che da affinità politico-culturali con le potenze
dell’Intesa e dal rifiuto ideologico del militarismo e dell’autoritarismo
tedesco, era stata influenzata anche da ragioni di opportunità economica e
politica; una sconfitta occidentale infatti avrebbe pregiudicato la possibilità
di recupero degli ingenti crediti statunitensi e, in ogni caso, il persistere
in una posizione di neutralità avrebbe impedito agli USA di approfittare
dell’opprtunità di rafforzare il loro ruolo politico a livello mondiale. A
tutto ciò si erano aggiunte le pressioni interventiste dell’opinione pubblica
americana, indignata per i proditori attacchi dei sottomarini tedeschi alle
navi mercantili di Paesi neutrali.
La prima divisione americana sbarca in
Francia in giugno, ma il contributo più importante alla guerra, almeno in una
prima fase, è rappresentato dagli ingenti rifornimenti di mezzi e di
vettovaglie spediti in Europa; col passare dei mesi, però, anche la presenza
militare americana si fa sempre più significativa e influente, tanto che, alla
fine della guerra, i soldati statunitensi in Europa superano i due milioni.
CRONOLOGIA DEL 1917:
31
gennaio:
La Germania proclama la guerra sottomarina indiscriminata
8
marzo:
Rivoluzione in Russia
16
marzo:
Abdicazione dello zar Nicola II in Russia
2
aprile:
Gli Stati Uniti dichiarano guerra alla Germania
Aprile: Offensive
inglesi e francesi contro i tedeschi
14
maggio:
Inizia la decima battaglia dell’Isonzo
3
giugno:
Indipendenza albanese, sotto protettorato italiano
13
giugno:
Bombardamenti tedeschi su Londra provocano 158 morti e 425 feriti, la cifra più
alta di vittime civili nella guerra
26
giugno:
Sbarca in Francia la prima divisione americana
1
agosto:
Nota di papa Benedetto XV sulla pace
19
agosto:
Undicesima battaglia dell’Isonzo
3
settembre:
I tedeschi conquistano Riga (in Lettonia)
24
ottobre:
Il fronte italiano è rotto a Caporetto
6-7
novembre:
Lenin si impadronisce del potere in Russia
5
dicembre:
Armistizio tra russi e tedeschi
9
dicembre:
Armistizio della Romania con gli Imperi centrali
1918:
L’ULTIMO ANNO DI GUERRA E LA PACE
All’inizio del 1918 la situazione interna
degli Imperi centrali è vicina al collasso. In marzo i tedeschi giocano la loro
ultima carta contro i francesi nella “battaglia del Kaiser”, ma vengono
nuovamente fermati sulla Marna; analogamente, gli austriaci impegnano in Italia
tutte le loro residue risorse nella battaglia del Piave, ma subiscono una
cocente sconfitta.
L’iniziativa passa allora agli eserciti
dell’Intesa, che avviano la controffensiva destinata a porre fine al conflitto.
Prime a cedere sono la Bulgaria (settembre) e la Turchia (ottobre), ma poco
dopo, il 4 novembre, chiede l’armistizio anche l’Impero austroungarico, seguito
l’11 novembre dalla Germania, dove tre giorni prima una rivoluzione popolare aveva
posto fine al potere del kaiser.
All’indomani della cessazione delle
ostilità, il bilancio delle distruzioni e soprattutto delle perdite di vite
umane appare spaventoso. Su 65 milioni di uomini mobilitati nel corso della
guerra, quasi 9 milioni hanno perso la vita e altri 6 milioni sono rimasti
mutilati. La Germania, l’Austria, la Russia e la Francia sono i Paesi nei quali
la percentuale del numero dei caduti sul totale dei combattenti risulta più
alta, addirittura intorno al 16 per cento. Ecco un riepilogo delle vittime
causate dalla guerra (dati approssimativi):
Germania
|
1.800.000
|
Russia
|
1.700.000
|
Francia
|
1.350.000
|
Austria-Ungheria
|
1.300.000
|
Impero britannico
|
1.000.000
|
Italia
|
650.000
|
Serbia
|
350.000
|
Turchia
|
320.000
|
Romania
|
250.000
|
Stati Uniti
|
120.000
|
Negli ultimi mesi del conflitto un altro
flagello, strettamente connesso alle precarie condizioni di vita di quel
periodo, colpisce l’umanità: la “spagnola”, una forma influenzale
particolarmente devastante, che secondo stime attendibili causa oltre 20
milioni di morti. La maggior parte dei decessi – 15 milioni circa – si verifica
in Asia, ma anche in Europa le vittime sono numerosissime: 450.000 in Russia,
375.000 in Italia, 225.000 in Germania, 230.000 in Inghilterra, 170.000 in
Spagna e in Francia.
L’Europa affronta quindi il dopoguerra
stremata, con i vincitori ben decisi a rifarsi sui vinti.
Il 18 gennaio 1919 si apre a Parigi la
conferenza di pace, alla quale partecipano solo le potenze vittoriose. Appare
subito chiaro che i “quattordici punti” enunciati l’anno precedente tra
l’entusiasmo generale dal presidente Wilson, e in base ai quali si sarebbe
dovuto costruire il nuovo ordine internazionale, erano destinati a rimanere,
almeno in parte, sulla carta. I princìpi wilsoniani dell’autodeterminazione dei
popoli e del rispetto dei confini nazionali nella fissazione delle nuove
frontiere si scontrano infatti con la mentalità della diplomazia europea,
interessata soprattutto a ricavare vantaggi territoriali ed economici dalla
sconfitta avversaria. In conseguenza degli accordi di Versailles, gli imperi
austroungarico e turco cessano di esistere e vengono smembrati, anche sotto la
spinta dei vari gruppi etnici locali.
Alla Germania vengono dettate durissime
condizioni di pace; la nuova repubblica tedesca viene infatti privata del 13
per cento dei suoi territori, nei quali sono situati il 75 per cento dei
giacimenti di ferro, il 25 per cento delle miniere di carbone e importanti
centri industriali, come quelli della Lorena e dell’Alsazia; le colonie vengono
spartite tra i vincitori, sotto la supervisione della costituenda Società delle
nazioni; l’esercito viene ridotto ai minimi termini e privato delle armi
maggiormente offensive; infine, in base a una discutibile attribuzione agli
Imperi centrali della responsabilità del conflitto, viene richiesto alla
Germania il pagamento dell’enorme cifra di 6,6 miliardi di sterline per danni
di guerra.
D’altra parte, anche all’interno del
gruppo dei vincitori non tutti si mostrano soddisfatti dell’esito delle trattative
di pace. La Russia, impegnata in una sanguinosa guerra civile, non prende
neppure parte alla conferenza di Parigi, mentre gli Stati Uniti finiranno per
rifiutarsi di ratificare il trattato di Versailles. In Italia, in particolare,
si parla con insistenza di “vittoria mutilata” e sorgono problemi all’atto
della fissazione dei confini con il neonato regno di Jugoslavia.
Nel complesso, i vari trattati di pace
sottoscritti in quegli anni si riveleranno ben presto un completo fallimento,
almeno per quanto riguarda il perseguimento del principale obiettivo, quello di
evitare un nuovo conflitto.
CRONOLOGIA DEL 1918:
8
gennaio:
Wilson propone i “quattordici punti”
3
marzo:
La Russia firma la pace di Brest-Litovsk
21
marzo:
Comincia la grande offensiva tedesca in Occidente
14
aprile:
I tedeschi occupano Helsinki
21
aprile:
Viene abbattuto e ucciso il “barone rosso” Manfred von Richthofen
1
maggio:
I tedeschi occupano Sebastopoli, in Crimea
18
maggio:
Nuova offensiva tedesca in Occidente
15
giugno:
Offensiva austriaca sul Grappa e sul Piave
15
luglio:
Seconda battaglia della Marna
8
agosto:
Inizia l’offensiva alleata ad Amiens
29
settembre:
La Bulgaria firma l’armistizio
20
ottobre:
La Germania sospende la guerra sottomarina
24
ottobre:
Gli italiani attaccano sul Grappa e sul Piave
30
ottobre:
La Turchia firma l’armistizio
3
novembre:
L’esercito austroungarico è sconfitto; firmato l’armistizio vicino a Padova
6
novembre:
Gli americani occupano Sedan
9
novembre:
Abdicazione e fuga del kaiser tedesco Guglielmo II
11 novembre: La Germania
firma l’armistizio
12
novembre:
Abdicazione dell’imperatore austriaco Carlo I e nascita della repubblica
14
novembre:
Le ultime truppe tedesche si arrendono nella Rhodesia del Nord
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